NOVITA’ EDITORIALI / I RACCONTI IN ALBANESE DI MIGJENI
di Raffaele Polo______
Viene da lontano, nei luoghi e nel tempo, questa raccolta di accorati racconti che, in originale, furono scritti in ‘ghego’, ovvero in dialetto albanese antico e nella pur aderente traduzione, perdono in parte il loro fascino.
L’autore si nasconde sotto lo pseudonimo di Migjeni, ovvero Millosh Gjergj Nikolla (nella foto).
Nato a Scutari nel 1911, studiò nella locale scuola serba e poi nel Seminario ortodosso di St. John a Monastir, Bitolj, in Macedonia. Nel 1933 fu assunto come insegnante di albanese e iniziò a scrivere opere in prosa e in versi. Morì nel 1938, appena ventisettenne, a Torre Pellice, in provincia di Torino, dove stava curando una tubercolosi. Fu tra i primi poeti albanesi ad abbandonare la lunga tradizione del nazionalismo romantico.
Da queste scarne note, si comprende subito come gli echi della sua breve vita, colmi di sfortuna e di ambasce, si trovino nei suoi scritti, una raccolta di racconti pubblicata da BesaMuci col titolo di una di queste narrazioni, ovvero ‘La bellezza che uccide’ (pagine 184, 15 euro).
Che si leggano i racconti, o le novelle o gli altri scritti, il filo conduttore sono sempre le emozioni. Contenuti a cui si rischia di avvicinarsi con un certo scetticismo, prontamente sostituito da interesse e da un’onda travolgente che permette al lettore di staccare dal presente. Pezzi di vita vissuta e scene di quotidianità, cariche di sofferenza e di dolore e comunque mai prive di speranza, se pur corrosa dalle lacrime, troppe, tante, sino a non averne più. Un’altalena di domande e di certezze, di ritornelli, tradizione, cultura e miseria. Guerra, devastazione e ricerca di riscatto: la varietà nei racconti non manca.
Come sottolinea nella prefazione Raffaele De Giorgi:“Sono abbozzi, tracce, brandelli, graffi, più che disegni rudimentali, questi racconti di Migjeni…poche parole, molte non dette, come quelle che non dicono il turbinio dei sensi di una ragazza di diciassette, lo strazio del dolore di una madre tagliata in due come una pietra; come non dicono la resistenza della montagna, il ritorno dell’inverno, la tortura divina, l’inesorabilità della rivoluzione. Parole che non dicono nulla di tutto questo perché, se lo dicessero, la verità alla quale esse stesse assistono si scoprirebbe come menzogne”.
Segnaliamo, doverosamente, la ottima traduzione, non facile, che questi testi hanno avuto da parte di Adriana Prizreni.
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