GONG! “Fight for Beauty!!”. IERI SERA LA PRESENTAZIONE NAZIONALE TELEMATICA. E TOMASO KEMENY SI RACCONTA IN UN LIBRO TUTTO GIOCATO SUL FILO ROSSO DELLA MEMORIA, MA PROIETTATO VERSO IL FUTURO
di Chiara Evangelista______
Ieri sera al suon del gong, dopo il celebre grido di battaglia “Fight for Beauty” della corrente poetica mitomodernista, si è tenuta la presentazione in modalità telematica dell’ultimo libro di Tomaso Kemeny (nella foto) : “Il lobo d’oro” (Effigie Editore, pp.136, euro 12).
L’evento è stato organizzato da “La Casa della Poesia” di Milano.
Incalzato dal critico Roberto Barbolini, il poeta apolide ha spiegato la genesi del suo racconto autobiografico che copre l’arco di quarant’anni, dal 1938 al 1978, spaziando da Budapest a Milano.
Tomaso Kemeny scrive vedendo se stesso dall’alto, con un distacco tale da poter ripercorrere uno spaccato di storia autobiografica che in realtà si rivela anche testimonianza di ricordi legati alla seconda guerra mondiale e ad aneddoti bellici.
Negli anni oggetto di racconto, l’Ungheria è presidiata dai tedeschi e l’infanzia del poeta è disturbata e forgiata dalla presenza di bombardamenti, coprifuoco e mitragliamenti. Tuttavia, tra gli spettri della guerra, son presenti anche “atti di bontà”, come afferma Kemeny. “Mi ricordo che un ufficiale francese, prima di essere deportato ad Auschwitz, mi lasciò le sue caramelle poiché aveva compreso che mi piacevano. Era tutto ciò che aveva e me lo ha dato. È stato un grande esempio di bontà”.
Nel 1948 riesce a fuggire insieme alla sua famiglia dall’Ungheria e si trasferisce a Milano, dove vive tuttora. Nel libro è fatto cenno anche alla sua avventura americana che lo avrebbe avvicinato al pugilato e all’incontro con il poeta Andrè Breton, riferimento magistrale per Kemeny.
Durante la presentazione, il poeta rivela il significato del titolo del libro al pubblico: “Il lobo dell’orecchio a cui faccio riferimento è quello del libraio Michele Morale. Aveva una libreria in piazza Piola a Milano e riusciva a consigliare oculatamente le letture ai suoi clienti. Da bambino mi colpì il suo lobo, sarà pesato almeno 2kg!” scherza Tomaso. “Quando gli mostrai i miei scritti, mi disse che gli piacevano molto le mie poesie ma che per vendere avrei dovuto scrivere prosa. In un certo senso questo libro è stato ispirato proprio dalla sua figura…”
Tomaso Kemeny, fondatore della corrente mitomodernista, è senza dubbio uno dei poeti più apprezzati nel panorama contemporaneo. “Il capitano”, come viene chiamato, ha da sempre innervato la poesia con l’impegno civile. Le sue “azioni poetiche”, di cui ricordiamo l’occupazione pacifica della Basilica di Santa Croce a Firenze insieme a Giuseppe Conte, sono espressione di militanza culturale per la difesa della bellezza e dell’arte.
Una voce dissanguata dall’esigenza di incanto e di “fiori incendiari”, citando una sua poesia. Si spera che al “lobo d’oro” segua un secondo libro che approfondisca la consacrazione della sua vita alla poesia.
Di seguito riportiamo alcuni versi rappresentativi del poeta:
Celebro la poesia
che alle altre non somiglia:
scorre nelle vene azzurre dell’aria
per tingere di desiderio i cieli
e di gemme e di fiori incorona
la mai sazia d’amore.
Lei sola sfida il terrore senile
dell’avventura e accende il tramonto
a sospendere la lacrima stellata
della notte sovrana. Celebro lei,
la poesia che nel sangue germoglia
e ogni cosa decrepita muta
nella rosa di luce
che il mondo risveglia.