LO STATO ITALIANO, CONDANNATO IN SEDE DI GIUSTIZIA EUROPEA PER IL MOSTRO, CERCA DI FARLA FRANCA
Riceviamo e volentieri pubblichiamo. La professoressa Lina Ambrogi Melle, presidente del comitato donne e futuro per Taranto libera, nonché promotrice di due ricorsi collettivi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo contro lo Stato italiano per la questione dell’ex-Ilva, ci manda il seguente comunicato______
In data odierna sono state presentate le nostre controrepliche alle difese del Governo nel nuovo ricorso contro l’Italia ( N. 4642/17) relativo alle conseguenze pregiudizievoli sulla vita e la salute dei ricorrenti tarantini provocate dall’inquinamento dell’acciaieria ex-Ilva.
Si tratta di un altro ricorso contro lo Stato italiano presentato dagli avvocati dello studio legale internazionale Saccucci di Roma, che già ci hanno rappresentato nel precedente ricorso (N. 54264/15) di denuncia delle violazioni del diritto alla vita e all’integrità psico-fisica dei tarantini derivanti dal grave e persistente inquinamento dell’aria, del suolo e delle acque da parte del complesso siderurgico in spregio della normativa europea e delle decisioni della magistratura.
Dopo la sentenza del 24 gennaio 2019, divenuta definitiva in data 24 giugno 2019 con cui la Corte dei diritti dell’uomo ha condannatolo Stato italiano per non aver protetto la salute della popolazione tarantina per la questione dell’ ex Ilva, i nostri avvocati hanno vigilato sulla sua esecuzione ed hanno inviato a fine 2019 sia una comunicazione al Comitato dei Ministri del consiglio europeo, incaricato dalla CEDU di controllare che il governo italiano adempia alla sentenza, che delle osservazioni per la Corte dei diritti dell’Uomo per un successivo ricorso . Queste memorie hanno avuto importanti riscontri:
– in marzo 2020 si è riunito il Comitato dei ministri del consiglio europeo ed ha chiesto chiarimenti al governo italiano circa le osservazioni presentate dai nostri avvocati
– il governo italiano ha dovuto presentare le sue osservazioni di difesa davanti alla Corte dei diritti dell’Uomo nello scorso agosto 2020.
Nelle nostre controrepliche alle difese del Governo abbiamo ribadito l’importanza che la Corte accerti anche la violazione dell’art. 2 CEDU ( violazione del diritto alla VITA) in quanto le conseguenze per lo Stato sarebbero diverse. Lo Stato, infatti, non potrebbe operare un bilanciamento tra la vita e gli interessi economici della nazione come accade ove la violazione sia inquadrata sotto l’art. 8 CEDU.
Abbiamo inoltre portato la Corte a conoscenza di tutti gli avvenimenti verificatisi successivamente alla precedente sentenza di condanna del 24 gennaio 2019 ( ricorsi n° 54414/13 e 54264/15) che dimostrano come il governo italiano continui a procedere in direzione opposta a tale sentenza.
Per questo motivo, in base all’art. 46 CEDU, abbiamo insistito per l’adozione di una sentenza pilota ove la Corte individui le misure generali da adottare al fine di porre termine alle violazioni entro un arco temporale definito.
In ragione della precedente sentenza del 24 gennaio 2019 la Corte valuterà se deferire la controversia ad un comitato di tre giudici in luogo della sezione composta da sette giudici.
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