“I scup, le notizie, so na rottur i cazz…Fann male, fann male assai”. CINQUANTA ANNI DI MISTERO: UNA RIFLESSIONE PER L’ANNIVERSARIO DELL’ASSASSINIO DI MAURO DE MAURO. E SUGLI ALTRI “giornalisti giornalisti”
di Chiara Evangelista_______
“Ho capito che quello che faccio lo devo fare bene” – dichiarò un giovanissimo giornalista ragusano, Giovanni Spampinato, ucciso a 26 anni dalla mafia per aver scritto la verità.
Due anni prima, il 16 settembre 1970, venne sequestrato e ucciso da un commando mafioso il giornalista palermitano Mauro De Mauro (nella foto): a cinquanta anni dalla sua scomparsa, il mistero resta ancora fitto.
Ecco il testo integrale della dichiarazione diffusa oggi dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del cinquantesimo anniversario
“Mauro De Mauro venne rapito cinquant’anni or sono da sicari mafiosi e il suo corpo non fu più trovato. In questo giorno di ricordo, desidero esprimere anzitutto la mia vicinanza e solidarietà ai familiari e a quanti conobbero e lavorarono con De Mauro, apprezzandone le qualità umane e l’impegno professionale.
Ricerche e indagini non sono giunte a piena verità sulle ragioni e le responsabilità dell’efferato omicidio. I dubbi irrisolti e l’esito negativo dei procedimenti giudiziari costituiscono una sconfitta per le Istituzioni e, al tempo stesso, continuano a sollecitare l’impegno affinché si squarci il velo degli occultamenti.
Palermo, la società siciliana e l’intero Paese hanno sempre riconosciuto la matrice mafiosa: per questa ragione De Mauro è diventato un simbolo della comunità che vuole liberarsi dal giogo della criminalità e che intende affermare il principio di legalità come condizione di civiltà e di sviluppo.
De Mauro rappresenta anche, con il suo sacrificio, il giornalismo che compie fino in fondo il proprio lavoro, che cerca di far luce su vicende oscure con coraggio, che non si accontenta di versioni di comodo, che esercita la propria libertà per assicurare, nel pluralismo, le libertà di tutti. Sono tanti i giornalisti che nel mondo pagano il prezzo più alto per questo impegno. Il loro esempio è un testimone ora affidato a tutti i colleghi e alle generazioni più giovani”.
Toccherà poi nel 1978 a Peppino Impastato, toccherà nel 1984 a Pippo Fava, toccherà nel 1985 a Giancarlo Siani, toccherà ancora, nel 1993, a Beppe Alfano, vittime ed eroi del giornalismo d’inchiesta e di denuncia.
Gli esempi di “giornalista-giornalista”, come direbbe Giancarlo Siani, che compiono il proprio dovere fino in fondo, non mancano nel panorama contemporaneo.
Sulla falsariga di Sartre, se le parole hanno conseguenze, ogni silenzio anche. La lotta alla criminalità organizzata comincia dall’alzare la testa. Ognuno di noi deve sentirsi coinvolto “perché la mafia è una montagna di merda” e le idee hanno gambe per continuare a camminare.______
IL VIDEO: la scena del film citata nell’articolo, “Fortapasc” di Marco Risi, dedicato nel 2009 al giovane cronista napoletano Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra nel 1985