LECCECRONACHE / “A ci appartieni?”
di Raffaele Polo______
Facciamo collezione di file.
Ne abbiamo di bellissime, importanti, strane…
Quelle cui siamo più affezionati sono le file alle poste, quelle più odiose davanti al check in dell’aeroporto, guardi le signorine vestite da hostess che misurano i tuoi bagagli e scuotono -sempre- il capo.
Una volta c’era la fila alla Banca d’Italia, per pagarti lo stipendio. E c’era il carabiniere sulla porta con la mitraglietta in bella vista, temevamo quella figura, ma di più ci intimoriva il volto ascetico del cassiere dietro il vetro. Avete mai provato a ragionare con un cassiere della Banca d’Italia? È impossibile, sono di un altro mondo, mi chiedo se abbiano una casa oppure se non vivano nell’edificio, magari il carabiniere con la mitraglietta c’è per impedire ai cassieri di fuggire…
Non so adesso, ma fino a qualche tempo fa, c’era la disputa sulle firme. Che dovevano, per forza, essere chiare e leggibili, cognome e nome. Il cassiere esaminava la calligrafia ed era anche capace di respingere il mandato. “La firma non è chiara” diceva, inflessibile. E allora, c’era il rituale del ‘conosciuto alla Banca’, ovvero la ricerca di ‘qualcuno’ di fiducia dell’Istituto che potesse garantire che voi eravate proprio voi e non un famigerato furfante ricercato…
Altri tempi? In un certo senso, sì. Solo che adesso i riconoscimenti al computer vengono fatti con Pin nickname e password che, immancabilmente, si dimenticano. E allora, con pazienza e senza farsi prendere dal panico, bisogna seguire trafile simili a quelle espletate nella Banca…
Insomma, le file si fanno sempre, dappertutto.
Adesso, ci sarà anche la fila per partecipare alla messa, vuoi vedere che anche lì chiederanno a qualche anziana catechista di garantire per voi, che vi conosce e siete un fervente religioso?
“E ci sinti?” dirà quella, che non ci vede bene e poi indossiamo la mascherina e non è facile ravvisare i connotati. “Lu Francu’” è la risposta. Ma l’anziana religiosa non si convince. “A ci appartieni?” chiede aggrottando le ciglia.
Ecco, questa domanda ci conforta, ci dà un senso di partecipazione e di appartenenza, appunto, al mondo che ci circonda. Mentre rispondiamo “Lu cagnatu te la ‘Nzina piedicurti” siamo fieri di appartenere ad un clan, ad una etnia così rappresentativa, “Ah, sine. Trasi, trasi, trasi…” ci accoglie la virago. E noi, orgogliosi e tronfi, siamo come quei nobili che vengono annunciati dall’araldo con i colpi di mazza, al ballo reale….
Ora, in tempi contemporanei, la fila la facciamo anche al bar, per prendere un caffè.
“Macchiato, per favore” diciamo quando siamo finalmente arrivati al bancone, ad un metro di distanza. Ma, tra il chiasso che c’è, la mascherina e la distanza, il barista non intende. E il caffè ce lo dobbiamo bere così, e pure in fretta, che c’è la fila.
A sedersi, con il cornetto e le bustine di zucchero, zucchero di canna, dolcificante e altre due o tre varietà di polverine che non riusciamo a decifrare, neanche a pensarci.
Però, è già un passo avanti, pensiamo rimettendoci la mascherina.
Già è molto che abbiamo potuto levarla per bere il caffè….