LECCECRONACHE / RIME ANTICHE

| 4 Maggio 2020 | 1 Comment

di Raffaele Polo______

Guardiamo tra i vecchi libri, quelli che abbiamo messo da parte per i giorni di ozio forzato. E quale occasione migliore dell’attuale residenza forzata tra le mura domestiche, causa Coronavirus? E ci capita un libro consunto con una copertina che ci ricorda qualcosa: il libro di lettura delle elementari.

Erano solo due libri: uno, il Sussidiario, più voluminoso e articolato, conteneva tutti i fondamenti dello scibile umano. Le basi, insomma, per imparare un po’ dell’essenziale di storia, geografia, italiano e matematica. Poi, c’era il ‘Libro di lettura’, con titoli emblematici come ‘Il mio sentiero’, ‘Limpida fonte’, ‘Luci del mattino’ che io ricordo gestito come una sorta di agenda. Cominciava a ottobre (perché le scuole iniziavano, immancabilmente, il primo di ottobre, per tutte le classi) e terminava a giugno.  E lì c’erano le letture, i disegni ma soprattutto le poesie, almeno un paio per ogni mese. Alcune lunghe e spesso poco comprensibili. Ma la maggior parte erano brevi, commuoventi, intense. Ci piacevano e le imparavamo subito.

In questo periodo, ad esempio, avremmo imparato ‘O Valentino vestito di nuovo…’, chiedendoci cosa volesse dire ‘picciolo’ e ‘cocco’ e ricordando perfettamente la prima parte della poesia, trascurando il finale che, invece, racchiude tutto il senso dei versi.  Ma era così, curiosi delle novità, non sapevamo poi arrivare fino in fondo…

Le nostre compagne sì, invece: si mettevano in posa e snocciolavano la poesia, inframezzando con mossette vezzose la recitazione e tenevano proprio per il finale il loro exploit maggiore, riscuotendo il plauso della maestra e l’applauso dei compagni, io no, non applaudivo perché mi pareva così affettata quella recita, che mi vergognavo anche di farmi vedere a battere le mani…Tutta invidia, naturalmente. E chi mi avrebbe detto che poi avrei sollecitato proprio nei bambini più piccoli, prima dai figli e poi dai nipoti quel modo così squisitamente fanciullesco di recitare le poesie?

 

Poi, dopo ‘Valentino’ sarebbe arrivato ‘Maggio risveglia i nidi, maggio risveglia i cuori…’: amavamo Carducci per due motivi. Anzitutto per il suo nome, che non era Giuseppe, ma Giosuè. Noi eravamo convinti che, per fare il poeta, bisognasse avere un nome strano. E poi per ‘Pianto antico’, che era breve,  ci faceva piangere e c’era quel verso finale che riuscivamo a dare tutta la tragicità del tema anche noi, con le ginocchia sbucciate e i capelli tagliati ‘alla tedesca’.

Di Pascoli, invece, ci faceva, ci fa commuovere, ‘L’aquilone’, un capolavoro di poesia e di tristezza, ci sovveniva ogni volta che i genitori ci richiamavano dagli sfrenati giochi con gli amici. ‘Sei sudato!’, diceva mio padre. ‘Ma no, non sono sudato!’ Rispondevo convinto, ‘Vediamo!’ minacciava il genitore. E introduceva la mano tra pelle e canottiera, nella schiena. ‘Va bene’ diceva infine, con aria di concessione. ‘Ma stai all’ombra!’

Ecco, era allora che ci veniva in mente il verso pascoliano ; “Meglio venirci ansante, roseo, molle
di sudor, come dopo una gioconda corsa di gara per salire un colle!”

E, illusi che il vero significato di questi versi non ci coinvolgesse più di tanto, tornavamo, felici, a giocare.

Category: Cronaca, Cultura

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Comments (1)

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  1. Elena ha detto:

    Che meraviglia di ricordo!
    … e mi facevano pure salire sulla sedia per cantilenare quella poesia.
    Avevo la gonnellina a pieghe di terital ed i calzini corti.
    Una paura matta di sbagliare sotto gli occhi vigili di papà che “orchestrava”.
    S’imparano ancora a memoria le poesie e si recitano?
    Oggi è tutto un rap. Chissà come riuscirebbe ” O valentino vestito di nuovo…” ???

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