LECCECRONACHE / AMAMI ALFREDO (SUL DIVANO DI CASA)
di Raffaele Polo______
Sì, è vero: non posiamo andare al cinema e neppure al teatro. Figuriamoci all’opera…
Però la Tv, fedele e insostituibile compagna della nostra residenza forzata fra le quattro mura domestiche (in realtà, sono un po’ più di quattro, ma mi dicono che si contano solo quelle perimetrali) ci propone non soltanto Porta a porta e D’Urso, ma anche una incredibile varietà di film che possiamo scegliere su tanti canali .
Da qualche tempo, poi, è in funzione un canale dedicato proprio a teatro e opera, dove vengono programmate rappresentazioni ricche di fascino e abbellite dalla patina del tempo.
Così, anche in quarantena (la quarantena dura 40 giorni, ma qui l’abbiamo superata, come la dobbiamo chiamare?) gli amanti dell’Opera lirica, possono confrontarsi e rinverdire le proprie preferenze. Perché (parlo per i neofiti, naturalmente; o, meglio, per coloro che -mai- assisterebbero ad una ‘Norma’ e, anzi guardano con disprezzo spettatori e musicisti in frac e pellicce) mentre nel cinema si cerca sempre la novità, la nuova programmazione, la pellicola appena uscita e la si va a guardare una volta sola, con l’opera lirica è esattamente il contrario: si assiste e si applaude per la stessa aria, ripetuta a lungo e senza stancarsi mai, si confronta l’interpretazione e l’intonazione del cantante, la sua presenza scenica, la verve del maestro e dello scenografo.
Ma il testo, la musica sono sempre gli stessi, guai anzi a cambiarlo, inconcepibile che un’opera non venga rappresentata nella sua originalità, a volte anche le scenografie più aggiornate danno fastidio.
E, se di recente, sono stati aggiunti i ‘sottotitoli’, ovvero le parole che spesso sono incomprensibili nel canto, soprattutto quando è un coro a pronunciarle, pure questa indubbiamente utile innovazione viene vista con palese disappunto dai ‘puristi’ che vogliono l’opera così come è stata rappresentata al momento del suo esordio. E basta.
Ora, con la tv, i sottotitoli che ci rivelano, finalmente, tutto l’intercalare del padre di Alfredo che non avremmo mai potuto compitare, presi come eravamo ad attendere ‘Di Provenza il mare il suol’, siamo sul divano di casa e ci gustiamo ‘La Traviata’.
Siamo nel secondo atto, nella casa di campagna dove si sono rifugiati Violetta e Alfredo, e si fa la pasta fatta in casa…Una simpatica innovazione degli sceneggiatori che ci fa sorridere e ci fa considerare che, in effetti, può darsi veramente che i due amanti, nelle more, si dilettassero a confezionare orecchiette e lasagne, chissà a Parigi, nell’Ottocento, che pasta si mangiava…
A proposito, memore anche delle numerose sollecitazioni pubblicitarie di genere, non possiamo che chiedere, con tono sornione: “E stasera, stasera, che si mangia?”
Sacro e profano, certamente.
Ma, scusate, anche la Traviata canta mentre confeziona la cena, no?
“La pasta fatta in casa, è parecchio che non la mangiamo…” buttiamo lì, con nonchalance.
Ma non siamo in Francia, non siamo nell’Ottocento, alla periferia di Parigi.
Siamo in quarantena.
Ai giorni nostri.