LECCECRONACHE / IL ROSARIO DI NONNA ESTERINA
di Raffaele Polo______
E mi sono ritrovato, dopo circa sessant’anni, a recitare il Rosario. Una pratica diffusissima nell’antichità, soprattutto quando non c’erano televisioni e altri mezzi di comunicazione. Non c’era, incredibile, neanche la luce elettrica. Eppure l’Uomo costruiva cattedrali e realizzava opere meravigliose…
Il Rosario era iniziativa della mia nonna materna, religiosissima e priva completamente di istruzione (sapeva a stenti apporre la propria firma) ma munita di quello spirito indomito e inattaccabile che avevano le brave ‘nunne’ di paese, vestite di nero, attorniate da un nugolo di nipotini, che sono state sempre presenti nella nostra Storia ma delle quali ci dimentichiamo troppo spesso.
La nonna Esterina era sempre in chiesa, la mattina presto e la sera, per non parlare delle funzioni speciali. A quei tempi, si ‘pagava’ per la sedia in chiesa: 5 o 10 lire, ricordo benissimo, eravamo negli anni Cinquanta e un gelato al limone costava 20 lire, così come una gassosa.
La nonna, però, usava, sempre, l’inginocchiatoio, che non si ‘pagava’. E sennò, preferiva stare in piedi, per quella innata, inculcata idea del risparmio che applicava soprattutto su sé stessa.
La sera, con l’aiuto di sua figlia (mia madre), ci costringeva bonariamente alla pratica del Rosario. Che recitava tutto, a memoria, lei che non aveva conoscenza alcuna del latino, lo recitava dall’inizio alla fine, con gli intuibili strafalcioni e le grossolane interpretazioni dei termini classici che, dalla sua bocca, uscivano trasformati e, spesso, incomprensibili.
Il clou erano le ‘Litanie’: per anni mi sono chiesto a chi fosse rivolta l’invocazione ‘Regina Santoro Omonio’ oppure ‘Diana Celi’. Poi, casualmente e con tanta curiosità, ho capito che si trattava della Regina Sanctorum omnium e della Ianua coeli….
Ma il fascino del Rosario era importante e appagante, perché da quella breve (a me, ragazzo, sembrava non finisse mai e sprecavo gli sbadigli) recita comunitaria, incredibilmente uscivo fortificato e si, insomma, mi sentivo migliore. Non so come spiegarlo, ma era così.
Ora, è doveroso un distinguo: gli intellettuali, ovvero gli uomini ‘che sanno’, disdegnano questo tipo di pratiche legate alla religiosità naturale e, magari, si vergognano di affermare la propria partecipazione attiva al proprio credo. Reputano, insomma, ingenuo e controproducente affermare: “Si, sono Cristiano e credo”, come se ci fosse da nascondere una delle più belle situazioni che possano capitarci: mio padre, negli ultimi giorni di vita, sorridendo, mi diceva: “Invidio te e tua moglie perché avete la Fede”. Nonostante i miei sforzi, sono solo riuscito a farlo passare da ‘agnostico’ a ‘scettico’, e ce n’è voluto….
Ma poi, ecco volare gli anni, e ritrovarsi davanti alla Tv, a recitare il Rosario: c’è l’emergenza Coronavirus e, come si è sempre fatto in casi come questo, quando l’orgoglio e la superbia dell’uomo viene colpita, allora, solo allora, ci si ricorda delle buone, semplici pratiche che non hanno risolto la Storia, ma hanno certamente aiutato l’Uomo a riscoprire i suoi aspetti migliori.
Così, con una lacrimuccia che è affiorata, spontanea, alla invocazione ‘Regina di tutti i santi’, in ricordo di nonna Esterina, ho recitato tutto il Rosario di TV 2000.
E, dopo, non ci crederete, ma mi sono sentito meglio, molto meglio.
Come quando ero ragazzo.______
LA RICERCA nel nostro articolo di ieri
In questo racconto, Raffaele, mi hai fatto andare indietro col tempo a quando facevo capolino nella mia casa paterna pugliese dalla lontana Lombardia e partecipavo ai loro riti religiosi giornalieri. Verso le 19 mia madre, avanti con gli anni, seduta con i grandi occhialoni e il libro delle preghiere su una comoda sedia e mio padre novantenne al suo fianco con gli occhi semichiusi, che partecipava rispondendo ai rosari, alle litanie e alle intercessione finale dei santi. Un rito giornaliero prima della parca cena. Un consuetudine che si perdeva nel tempo e che i miei genitori, fino al giorno del loro trapasso, non hanno mai smesso. Grazie di avermi ” invitato” con il tuo scritto, ad aprire un pagina del mio diario interno personale.Leonardo
Un salto indietro nel tempo, in quel tempo in cui recitare preghiere all’unisono, disposti in piccoli accrocchi di persone, era esperienza mistica e umana, richiesta, ringraziamento al divino e, al tempo stesso, condivisione senza perché.
Abbiamo bisogno di riscoprirci umani, nel modo che ciascuno ritiene più proprio, ma occorre ritrovarsi.
La foto che accompagna è di un pathos eccezionale, oltre a farmi credere di aver conosciuto quella donna.
Maria Letizia