CI STIAMO AUTO DISTRUGGENDO

| 9 Marzo 2020 | 0 Comments

 A leccecronaca.it IL DOTTOR CARLO DE MICHELE SPIEGA QUANTO SIA NECESSARIO UNO STILE DI VITA DIVERSO. LA XYLELLA DEGLI ULIVI? E’ “il termometro della salute umana”. IL CORONAVIRUS? E’ L’EFFETTO DI MODELLI DI SVILUPPO SBAGLIATI. LA NOSTRA SALVEZZA? STA NELL’ AMORE

di Giuseppe Puppo_______

“Ci hanno fatto perdere di vista la ricerca fondamentale, che è poi la nostra salvezza: la possibilità di realizzare un vero rapporto d’amore tra uomo e donna.

La mia visione dell’essere umano è quella di una realtà profondamente e inscindibilmente immersa nei cicli naturali all’interno dei quali si è coevolutivamente realizzata, e che per l’espressione completa delle sue potenzialità non può prescindere da scambi affettivi positivi”.

Carlo de Michele (nella foto), 77 anni, di Roma, vive e lavora nel Salento, oltre che nella Capitale, dove ha fondato e dirige lo studio Sintesis, in cui “il paziente ha la possibilità di essere accolto, ascoltato e curato con competenza per i suoi problemi di malattia, tenendo sempre presenti i risvolti psico-emotivi ad essa correlati”; ha fondato  l’Associazione Italiana per la Ricerca sulle Terapie Neurali, insieme al dottor Dell’Anna; ha collaborato con l’Oxford Institute of Immunology; è consigliere dell’Associazione Internazionale Medici per l’Ambiente, ISDE.

Un medico, che mi ricorda la figura di quegli umanisti antichi, che inquadravano le loro attività professionali in un contesto più ampio e le facevano poggiare su solida fondamenta filosofiche.

Del resto, il bravo medico, oltre che specialista, dovrebbe essere anche un po’ filosofo, un po’ psicologo e un po’ tante altre cose ancora, non allontanando, tanto meno separando, mai le competenze scientifiche dal contesto in cui è chiamato ad applicarle.

Altrimenti, a mio avviso, corre il rischio di fare come il medico interpretato da Carlo Verdone nel film Viaggi di nozze, tanto per rendere, sia pur estremizzando, l’idea, che faceva le diagnosi al telefono e prescriveva farmaci a tutti i momenti.

Io, avevo ascoltato Carlo de Michele alcune settimane fa intervenire ad un convegno, e rimasi colpito dalla profondità del suo intervento.

L’avevo sentito spendere parole anche di coraggio, di speranza, filosofiche direi, richiamando a stili di vita più salutari, fatti di serenità, per quanto possibile, pur nelle difficoltà della vita, tanto moto e, soprattutto, corretta alimentazione, da inserire in un contesto più ampio economico e sociale.

Sono sempre belle queste serate, gli incontri, i convegni: lasciano sempre dentro di chi vi partecipa qualcosa di importante, che se ne sta là, magari inconsiderato, ma che poi prima o poi, a distanza di tempo, magari, nel momento più opportuno, ritorna in mente, come un regalo tanto più gradito .quanto perché lasciato in disparte, e scartato nel momento del bisogno.

In un momento assai particolare, come quello che tutti noi stiamo vivendo, quindi non per caso, gli abbiamo chiesto un’intervista, e lo ringraziamo per aver accettato l’invito di leccecronaca.it 
 

Sentiamo che cosa ci ha spiegato

“Vado alla ricerca del significato profondo della Medicina della Complessità, cioè della modalità medica che vede la salute ed ancor più la malattia come il risultato di un processo non “complicato”, come può essere una Formula 1, ma “complesso” nel senso del matematico Edward  Lorenz, per cui un semplice movimento di molecole d’aria generato dal battito d’ali dell’insetto possa causare una catena di movimenti di altre molecole fino a scatenare un uragano, magari a migliaia di chilometri di distanza.

In questa logica salute e malattia sono il  risultato di una continua ricerca di un equilibrio dinamico tra la necessità di mantenere le caratteristiche individuali e la imprevedibile  e incontrollabile variabilità delle condizioni ambientali, che comprendono sia gli aspetti intrinseci della natura, sia il gioco di azioni e reazioni delle dinamiche affettive interumane: la disregolazione anche di una piccola parte di questa dinamica  attraverso una serie di variazioni complesse può portare a conseguenze non proporzionali all’entità della causa iniziale”.

 

– Ci spieghi meglio le Sue impostazioni…

“La mia visione dell’essere umano è quella di una realtà profondamente e inscindibilmente immersa nei cicli naturali all’interno dei quali si è coevolutivamente realizzata e che per l’espressione completa delle sue potenzialità non può prescindere da scambi affettivi positivi.

La realtà umana si esprime come un Sistema Termodinamico Aperto, cioè un insieme di sottosistemi (organi ed apparati) intercomunicanti  che scambiano in continuo con l’ambiente materia ed energia. Da questa affermazione si deduce che la materia che deve essere assimilata, cioè i nutrienti,  deve avere le caratteristiche che si sono affermate e realizzate nel corso di centinaia di migliaia di anni di co-evoluzione risultando del tutto evidente che le manipolazioni e le aggiunte di sostanze chimiche di sintesi avvenute nel corso dell’ultimo secolo non trovano negli animali (compreso l’uomo) costretti a cibarsene strutture e sistemi metabolici capaci di assimilarle.

I residui di sostanze chimiche derivate sia dai metodi di coltivazione agroindustriale, sia dalla manipolazione dell’industria alimentare, anche se al di sotto dei limiti consentiti, sono sempre sostanze che gli organismi non riconoscono come propri o assimilabili e che sono costretti a trasformare e neutralizzare per eliminarli. La capacità di mantenere un equilibrio funzionale valido non è illimitata e superato questo limite i vari tossici esprimono la loro potenzialità lesiva determinando dapprima una condizione di irritazione latente da cui nel tempo può derivare qualsiasi tipo di malattia. Questa è la ragione della attuale grande diffusione di malattie dismetaboliche, endocrine, autoimmuni e di tumori non ostante i grandi ed innegabili progressi diagnostici e terapeutici”.

 

– E cosa avviene quando quotidianamente vengono assunte sostanze avverse?

Succede che il nostro “ terreno” risulta sempre più inquinato. Il nostro terreno, che più propriamente chiameremo Matrice Extracellulare e che rappresenta la quota non cellulare dei nostri tessuti,  è costituito fondamentalmente da liquidi acquosi e molecole biologiche più o meno complesse che mantengono le comunicazioni, spostandosi in questo “mare” secondo gradienti chimico-fisici, non solo tra organi ed apparati ma anche tre cellula e cellula, realizzando un network di complessità inimmaginabile, ma di altrettanta delicatezza.

Immaginiamo cosa può succedere quando in questo infinito traffico molecolare arrivano sostanze estranee che  inquinano il nostro mare interno così come plastiche e rifiuti di ogni tipo fanno con gli oceani.

Le sostanze inquinanti possono essere molecole di sintesi completamente estranee  e quindi individuate come tossici da cui liberarsi, ma spesso sono  molecole molto simili a quelle naturali, tanto da essere confuse con quelle autoprodotte, ma ovviamente prive di significato finalistico che, entrando comunque nella rete di comunicazione, portano messaggi incomprensibili alterando o bloccando intere catene metaboliche.

Inoltre, al contrario di quel che vogliono farci credere,  risultati di questo genere non sono necessariamente  proporzionali alla quantità di sostanze estranee ingerite, per cui basterebbe restare sotto il livello soglia per non avere danni, ma alla loro qualità.

Anche una sola molecola può determinare un grande danno…un battito d’ali di farfalla…

Questa semplificazione mi ha permesso di rendere un po’ più chiaro il motivo per cui ho considerato la Xylella come il termometro della salute umana.

 

– Ecco, perché, dottore, la salute dei nostri fratelli ulivi è, come dice Lei, “il termometro della salute umana”? Ci faccia capire, per favore…

“In questa sede considero ovvio che la causa del disseccamento degli ulivi non può non essere legato alle condizioni del terreno in cui affondano le radici dei vegetali che non consentono più non solo agli ulivi ma anche a numerosissime altre specie vegetali nel mondo di mantenere quelle capacità di resistenza che hanno permesso di fare fronte nei millenni a variabilità ambientali di tipo naturale.

Il motivo per cui affermo che la Xylella è il nostro termometro è che per una colpevole – o incolpevole? – acquiescenza abbiamo lentamente negato la sensibilità del corpo che saprebbe perfettamente guidarci nelle scelte se solo non negassimo i suoi segnali.

Ecco che ci viene in aiuto la Xylella. Che è un evento innegabile che sta fuori di noi, che possiamo vedere e potremmo anche studiare. Basterebbe un piccolo sforzo, ricominciare ad usare il nostro pensiero per accorgerci che ci deve essere un nesso tra le epidemie che di volta in volta colpiscono specie diverse – vedi Kiwi, Castagni; Agrumi, ulivi – che ovviamente hanno in comune lo stesso meccanismo di dipendenza dalle condizioni del terreno, o comunque dell’ambiente,  e l’aumento di tante malattie che ci riguardano, come diabete, malattie neurodegenerative, malattie autoimmuni, malattie endocrine, riduzione della fertilità, malformazioni fetali, tumori”.

 

 – Quindi gli ulivi si ammalano, come si ammalano gli esseri umani, se vivono in un ambiente compromesso, che distrugge o gravemente compromette le difese naturali dell’organismo: ho capito bene?

“Sì. Tornando al concetto di “terreno”, dobbiamo capire che il substrato per le diverse specie può essere diverso, costituito cioè da liquidi o solidi o addirittura da gas, ma ciò che è simile è il fatto che esso rappresenta la base da cui qualsiasi  vivente trova materia ed energia necessaria alla propria sopravvivenza in un ciclo in cui dalle forme più semplici come virus e batteri fino alle forme più complesse come alberi e mammiferi contribuisce attraverso il proprio ciclo metabolico al mantenimento della salute del terreno, necessario e comune a tutti.

E’ solo la specie umana che rompe l’armonia di questa ciclicità portando nel terreno non più i propri scarti metabolici, ma innumerevoli scarti delle lavorazioni industriali, una delle principali cause di distruzione di qualsiasi forma di vita. E’ assolutamente ovvio che un terreno in cui regni la morte non può sostenere una forma così complessa come un albero di ulivo ma, a lungo andare, nemmeno la vita umana. Fenomeno che interessa solo noi che per altro  rappresentiamo solo lo 0,01% della vita sul pianeta.

Ma anche se  riuscissimo nell’impresa di autodistruggerci distruggendo anche gran parte dell’ambiente, la vita ricomincerebbe proprio a partire dai batteri che in realtà, beffandosi delle nostre prosopopee antibiotiche, sono realmente indistruttibili!

Ogni essere vivente ha due obblighi fondamentali: mantenere la propria integrità assicurandosi la discendenza e  mantenere un giusto equilibrio con tutte le altre specie viventi. L’uso, diciamo così: astratto, del nostro pensiero ci può portare a enfatizzare la prima affermazione a danno della seconda, creando così un’interruzione del ciclo vitale naturale. 

 

– A proposito di difese naturali, che cosa abbiamo dentro di noi, a livello fisico, intendo, nell’ equilibrio di germi e batteri con cui conviviamo?

“Ogni essere vivente ha in sé molteplici meccanismi atti a salvaguardare la propria integrità come difese fisiche: la pelle o la corteccia o un guscio; difese chimiche: produzione di acidi, di enzimi, o, per le piante le fitoalessine, o, per gli animali, ma anche per alcuni funghi, difese specifiche come un vero e proprio sistema immunitario, che intervengono per ristabilire equilibri, cioè per impedire ad esempio, che un ceppo batterico prevalga sugli altri compromettendo salute e possibilità di vita”.

 

– Perché è necessario non guardare con superficialità un fenomeno capace di alterare l’equilibrio di un sistema o, peggio, di considerare il fatto trascurabile in funzione di un vantaggio particolare di un singolo o di un gruppo?

“Perché può essere un segnale evidente di uno squilibrio che ci riguarda, ma che noi abbiamo perso la capacità di percepire e di verbalizzare. Di solito noi abbiamo ormai l’abitudine di muoverci quando compare un sintomo o  quando il check up ci presenta una serie di numeri fuori range. Ma è già tardi, perché quando una disfunzione arriva a manifestarsi in tal senso invece che a provocare dolore, vuol dire che già è iniziato un processo lesionale.

Se noi non avessimo perso il ‘pensiero che deriva dal corpo’ basterebbe semplicemente correggere alcune scelte per rimanere nell’equilibrio fisiologico. Partendo da questa impostazione mi sento di affermare che una malattia o, comunque qualsiasi repentina deviazione da un percorso naturale sia l’effetto di un errore, le cui cause possono essere individuali, collettive, culturali, attuali o perdersi nel tempo.

Le cause individuali sono le più facili da cogliere, almeno dal punto di vista diagnostico, perché si muovono in campi facilmente individuabili. Abbiamo di solito a che fare con errori alimentari, spesso indotti da modelli culturali e comportamentali strumentalizzati dal mercato a cui spesso non ci si riesce a sottrarre; con errori sulle abitudini motorie sia in difetto che in eccesso; con errori di ricerca di gratificazioni che possono portare all’uso di droghe in generale.  Questo tipo di errori poi divengono problemi gravi come ad esempio l’obesità negli USA quando interessano la collettività a causa di una cultura condivisa, cioè la modalità di pensiero che guida le micro scelte quotidiane di una collettività e le sue strutture organizzative.

E’ ovvio che a questo punto entrano in gioco le realtà politiche e specificamente il rapporto tra ricerca scientifico-filosofica, interessi economico-finanziari e sistemi politici. Nel momento in cui gli interessi economico-finanziari subordinano gli altri due livelli le organizzazioni umane subiscono un condizionamento tale da non poter più prevenire l’emergenza di fattori catastrofici come epidemie, crisi economiche, disastri ecologici”. 

 

– Che idea si è fatto Lei del Coronavirus, e della situazione sanitaria in atto?


Drammi come quello della xylella o del coronavirus ci costringono a farci delle domande fondanti: è umanamente corretto il concetto di mercato globale? È accettabile le movimentazione di piante esotiche senza alcun controllo, visto che lo spostamento nello spazio non è caratteristica intrinseca dei vegetali? E’ corretto far saltare completamente il concetto naturale i “nicchia ecologica”? E’ accettabile che un segno caratterizzante le nazioni ad industrializzazione avanzata sia la scomparsa delle campagne e la nascita di megalopoli? Ha senso una organizzazione sociopolitica basata sulla indefinita crescita materiale e sulla crescita illimitata della popolazione?”

 

– Rispondendo no a ognuna di queste domande, c’è la Sua risposta, ho capito. Ma in generale, che cosa possiamo fare per prevenire – so che la parola prevenzione è magica in ambito sanitario – le malattie? Voglio dire in generale, sia chiaro, Coronavirus a parte…Che cosa intende per uno stile di vita corretto?

“Nel momento in cui invoco uno stile di vita corretto è ovvio che mi riferisco prima di tutto alla presa di coscienza individuale che porti al rifiuto di comportamenti inconsapevoli autodistruttivi.

Questo rappresenta solo il primo passo verso un rifiuto molto più ampio nei confronti di una cultura, di un modo di pensare comune che ha radici molto lontane nelle filosofie ellenico-giudaico-cristiane, basate sulla scissione tra mente e corpo, tra materia e spirito, tra mente razionale e mente irrazionale, che ci hanno forse fatto perdere di vista la ricerca fondamentale: la possibilità di realizzare un vero rapporto d’amore tra uomo e donna, tra simili tuttavia profondamente diversi, indispensabile per il pieno  sviluppo  delle nostre dimensioni psichiche.

Se riuscissimo a riprendere questo filone di ricerca che non può essere se non fondendo psiche e corpo e recuperando la funzione primaria del pensiero irrazionale, forse riusciremmo a sconfiggere la malattia mentale, intendo quella diffusa considerata normale, quella che ci fa scambiare un mezzo per il fine, quella che ci fa cercare l’avere invece dell’essere, quella che ci fa impiegare tutte le nostre energie per conquistare potere invece che l’identità, quella che ci ha fatto accettare come normale un mondo basato sulla modulazione dell’odio invece che sulla realizzazione delle infinite potenzialità creative dell’amore. Quella malattia mentale  che più che le ragioni economiche è causa della coazione a ripetere – i corsi e ricorsi della storia – che tutt’oggi ci fa credere di potere dominare il mondo con la violenza.

Category: Costume e società, Cronaca, Cultura

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