ANTONIO CONTE: “Sono orgoglioso di essere salentino”, MA IL LECCE E LA CURVA NORD DEL VIA DEL MARE GLI TOLGONO IL SORRISO: 1-1 E ACCOGLIENZA ROVENTE
di Annibale Gagliani______
Raramente si è visto un Antonio Conte abbacchiato e vistosamente stanco in carriera come dopo l’atteso match di questo pomeriggio. Troppe forse le emozioni contrastanti vissute durante i novanta minuti, nei quali non sono mancate per lui pesanti offese personali. Alle domande di scrive in conferenza stampa, il mister leccese risponde però col suo proverbiale piglio:
Da noi si dice a du nasci nci mueri, il Salento rappresenta le sue radici, che sensazioni la pervadono quando torna in terra natìa?
«Per me c’è sempre una grande emozione quando torno a Lecce, a prescindere che possa tornare dal punto di vista calcistico o per vacanza o per trovare i miei genitori. Ci sarà sempre questa emozione, ci sarà sempre questo attaccamento. Detto questo, sono un professionista, cerco di fare al meglio il mio lavoro».
Mister, è orgoglioso di essere salentino?
«Assolutamente. Perché c’è bisogno pure di dirlo? O si mette in dubbio? Vabbè».
L’allenatore nerazzurro continua il viaggio nei ricordi citando il suo passato da raccattapalle del Via del Mare quando militava nelle giovanili giallorosse:
«Tornare al Via del Mare significa tornare indietro di trent’anni, facevo il raccattapalle. Per me questa rappresenta l’infanzia e mi darà sempre grandi emozioni».
Un bagno d’amarcord che stride con lo striscione esibito dalla curva nord leccese: «Conte uomo senza identità, sei la merda della nostra città».
Passiamo al campo. Pronti via, in due soli primi di gioco, l’Internazionale ha già due palle gol col gigante Lukaku: colpo di testa sbilenco in area su cross di Candreva e colpo mancino da fuori dopo un fraseggio distinto con Lautaro.
Al Lecce serve calma e coraggio per uscire dalla morsa del pressing nerazzurro: tocca a Lapadula e Babacar suonare la carica. La partita è da subito scintillante: contropiede di Rispoli sulla fascia destra, traversone calibrato per Babacar che non colpisce di testa, trasformando in velo per Mancosu: uno contro uno con Handanovic da due metri e piattone sinistro alle stelle: occasionissima clamorosa.
Il ritorno di Sensi sulla trequarti è un tocca sana per Conte, che spera nelle sue trame di gioco per violare il fortino dei padroni di casa, disposti con un 5-3-2 camaleontico. L’Inter, in tenuta mare del Salento, propone sul terreno di gioco la formazione tipo in 3-5-2, palleggiando con qualità, e ritrovandosi rispetto agli altri match disputati in trasferta a controllare completamente la manovra, senza agire in contropiede, la sua arma letale.
Petriccione dispensa ottimo calcio dinanzi la propria aria di rigore e si suoi capovolgimenti di fronte offrono buone prospettive agli attaccanti e a capitan Mancosu, chiamati ad offendere contro tre energumeni della difesa, Godin, De Vrij e Skriniar, una specie di K2 nella frescura dell’appuntamento.
Il primo ad andare sul taccuino dei cattivi è Giulio Donati, al ventesimo, dopo un’entrata decisa sul golden boy Barella. Tutto lo stadio trattiene il fiato per tre minuti: il VAR richiama Giacomelli per una valutazione di probabile espulsione. Il direttore di gara conferma l’ammonizione, facendo sospirare positivamente i cuori giallorossi. Successivamente Candreva tenta di vendicare il compagno con una mossa di kung fu sul terzino toscano: graziato anche lui dall’arbitro, solo giallo.
Verso il venticinquesimo, gli ospiti crescono, conquistando corner in sequela, nei quali fa un figurone Gabriel, bloccando con prese plastiche i palloni vaganti. Lukaku è il punto di riferimento interista: grazie a una sua sponda dal limite, Brozovic può sfoderare un destro a giro che si stampa sul palo alla mezz’ora.
La frenesia è la nemica più ardua da superare per i salentini: quando Mancosu o Lapadula riescono a sfruttare un bel fraseggio comandato dal magistrale Petriccione, non riescono a fare la scelta giusta vicini alla porta del pararigori della Serie A. Brozovic si candida a bestia nera per gli uomini di Liverani: destro a colpo sicuro dal limite e ribattuta di testa a Gabriel apparentemente battuto: l’estremo difensore carioca è in giornata e lo dimostra con due balzi felini.
Quando Babacar e Lapadula riescono a duettare egregiamente, la finalizzazione di uno dei due arriva regolarmente in curva. Il numero nove leccese, seppur in svantaggio fisicamente rispetto ai suoi marcatori, si fa sentire con foga e cattiveria, ma non siamo in Inghilterra, l’arbitro gli fischia spesso e volentieri fallo.
L’Inter cerca di maneggiare a suo piacimento la sfida, alzando il baricentro per stappare nuovamente le ambizioni scudetto, ma la banda di Liverani esibisce un cuore d’acciaio, lottando in ogni singolo duello.
Poco prima del tè caldo o del caffè, oltre la beffa, potrebbe arrivare il danno per il tecnico leccese: all’ultima azione calcio rigore per il Lecce dopo un tocco di mani in area di Sensi, propiziato da Babacar: o forse no? Giacomelli fischia la massima punizione, ma il VAR annulla, scatenando l’ira del tifo salentino.
Pareggio giusto al duplice fischio, con l’amarezza di Mancosu che da specialista era pronto a confrontarsi con sua maestà Handanovic.
Nella seconda frazione il Lecce parte all’attacco, con un piglio sorprendente: sfiora il gol in due occasioni: tracciante in area di Deiola, palla a Donati che di destro non riesce a sparare come doveva anche a causa di una deviazione di Godin; dal corner successivo, Babacar tenta al volo da fuori di imbucare in buca d’angolo alla sinistra del portierone neroazzurro.
Sul ribaltamento di fronte, colpo in bicicletta al volo di Lautaro che sfiora l’impatto impetuoso sul match, come al suo solito. Il tema della partita cambia: dopo un inizio in catenaccio vecchia maniera, i padroni di casa alzano il proprio raggio d’azione, riuscendo a mettere in apprensione gli avversari con buoni capovolgimenti di fronte che mettono gli esterni Rispoli e Donati nelle condizioni di scalfire il caveau contiano.
Dopo dieci primi di sfuriata leccese, l’Inter tenta di riprendere in mano le redini, utilizzando le maniere forti, seppur non ravvisate dalla giacchetta nera, e guadagnando ancora dei corner che fanno fare ancora bella figura a Gabriel. Il Lecce continua a ragionare dal basso, con Petriccione che sale in cattedra col passare dei minuti. Vicini all’ora di gioco, i nerazzurri si guadagnano una generosissima punizione dal limite dopo un contrasto spalla-spalla tra Barella e Babacar: roba da far impallidire gli esperti di Premier League. Sensi non ne approfitta e spara alto.
Al sessantaduesimo, Liverani si abbottona ancora di più: entra il motorino Majer al posto di un più che sufficiente Lapadula. Il Lecce arretra, l’Inter prova a ragionare: Lukaku e Lautaro si cercano, ma i veterani Rossettini e Lucioni fanno buona guardia. Al sessantottesimo il legendario Godin lascia il posto al giovane Bastoni, con l’auspicio di pressare fortemente dal terzo di sinistra. Al settantunesimo arriva il primo contropiede dell’Inter di tutta la partita: Sensi conduce palla e spara da fuori: Gabriel respinge in corner. Dalla bandierina si sblocca la contesa: Bastoni, entrato da pochi minuti, svetta più in alto di tutti e fredda i giallorossi, immeritatamente in svantaggio. Conte pesca dal suo mazzo il jolly che non ti aspetti, al suo primo gol in Serie A, ma non esulta.
Ma il Lecce non è per niente morto. L’ultima speranza per riprendere un punto giusto si chiama Pippo Falco, che entra all’ultimo quarto d’ora al posto di un buon Rispoli. I padroni di casa ci provano, ci riprovano e alla fine la goccia scava la roccia: dopo un’azione diligente, un tiro ciabattato di Donati passa da Falco che fa velo per Majer che è abile a proporre un tracciante rasoterra in area dal vertice sinistro che attende capitan Mancosu a completare il tap-in di giustezza col piattone destro: 1-1 isperato al settantottesimo, tripudio giallorosso al Via del Mare. Il Lecce mantiene la calma e all’ottantunesimo si guadagna una golosissima punizione: Falco parte dai ventitré metri di mancino e sfiora l’incrocio alla destra di Handanovic, lambendo il palo.
L’inerzia del match è ribaltata e all’ottantaduesimo Conte prova a controbattere prima della sirena: dentro Borja Valero per Brozovic e Sanchez al posto di Sensi. Liverani tenta la contromisura difensiva Meccariello per il capocannoniere di squadra Mancosu. Gli ultimi primi di gioco sono al cardiopalma, vietati ai malati di cuore del Salento, che restano aggrappati a un punto che può pesare come un macigno all’epilogo del torneo.
Ma Eupalla, talvolta, è giusto: finisce 1-1, che addirittura va stretto ai lupi, in virtù del calcio espresso in versione Golia contro un Davide meno spietato del solito. Tanti spunti positivi per Liverani che trova la forma più idonea al suo centrocampo, nel quale ha giganteggiato Petriccione, conquistando la palma di migliore in campo, e nel quale Deiola, Mancosu e Majer hanno lavorato da grandi gregari. Tutta la squadra leccese ha proposto una prestazione estremamente buona, che irrora di morale positivo le tempie di tutto l’ambiente, pronto a dare tutto per raggiungere l’agognato obiettivo. Liverani non può che togliersi il cappello davanti ai suoi, cercando di spiegare il momento negativo attraversato, ormai alle spalle:
«Venivamo da un momento delicato, la squadra è stata premiata per quello che ha fatto nei novanta minuti, abbiamo difeso ordinatamente e abbiamo avuto la forza e la lucidità di creare quattro nitide palle gol. Questi ragazzi possono fare tanto giocando con la determinazione di oggi, che è quello che serve per raggiungere il nostro obiettivo. Petriccione ha giocato la partita più bella da quando gioca in Serie A. Il recupero degli infortunati è stato importantissimo, per aumentare la competitività nell’allenamento avendo due calciatori per ruolo dello stesso livello. Il mercato sarà importante anche per questo».
Il Lecce dei miracoli regala un’altra impresa ai suoi appassionati sostenitori. D’ora in poi basterà attrezzarsi anche per fare cose “normali”, ovvero punti con squadre alla portata. Il dado è tratto, si ritorna a correre…
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