E’ L’AMOR CHE MOVE IL SOLE E L’ ALTRE STELLE. MA PURE IL CALCIO CI HA MESSO DEL SUO. COSI’ LECCE HA ADOTTATO RENE’ DE PICCIOTTO, NELLA FESTA DI NATALE DI QUESTA SERA, ALL’ EX BANCO DI NAPOLI TRASFORMATO IN RESORT
(g.p.)______Non fai in tempo ad arrivare al primo gradino dell’ingresso del palazzo ex Banco di Napoli, a stupirti per la bellezza composta del grande albero di Natale colorato e sfavillante, che c’è già l’incaricato, elegante e gentile, che ti accompagna dentro, davanti alle hostess strafighe con la lista degli invitati, a fare che ne so io come si chiama, il check in? il dress code? insomma, il controllo.
Poi, non fai in tempo a fare due passi, una volta entrato, ed è tutto un turbinio di camerieri con il cocktail di benvenuto, non fai in tempo a bere che ce n’è già un altro col vassoio per posare il bicchiere; le tartine sono buonissime, ma anche talmente iconografiche, così coreografiche, che ti dispiace a distruggerle mangiandole.
Non fai in tempo a dire qualcosa ad un personale di servizio, che hanno già la soluzione, “io non bevo alcolici, avete mica qualcosa di analcolico?” e hai già davanti due bicchieri, uno con la coca-cola, un altro con l’acqua con le bollicine.
Gli invitati sono duecento, più o meno. Ci sarebbe voluta la nostra segretaria di redazione di leccecronaca.it Maria Antonietta Vacca a fare le pulci sull’abbigliamento delle signore, io non sono competente in materia, comunque mi sono sembrate tutte eleganti, di quella vera eleganza, che è il presentarsi a modo così come gli altri si aspettano che tu ti vesta in relazione a chi sei e a dove ti trovi.
Posso dire qualcosa su quello degli uomini, tutti rigorosamente in completo camicia e giacca, quasi tutti con la cravatta, uno solo con la pochette alla Giuseppi Conte, solo per lo più i politici senza cravatta, presenti sia dalle fila del centro sinistra, sia del centro destra, alla politichese informale, appunto, degli ultimi anni, ma nettamente in minoranza, i senza cravatta, comunque tutti a posto, decorosi e distinti.
Quasi tutti. Siamo a Lecce, e ci dobbiamo fare sempre riconoscere, almeno un po’, in un modo o nell’altro, ci dobbiamo sempre mettere un tocco di classe.
C’era un invitato, giovane, sulla trentina, che si è presentato tutto stravagante, in pantaloni anonimi, magliettina ancora più insignificante e giubbottino aderente, con ai piedi poi scarpe di ginnastica griffate in maniera abnorme, col logo famoso che partiva dal tallone e arrivava alla punta, e vai, si pavoneggiava pure.
L’atmosfera è cordiale, un po’ da alta globalizzazione internazionale, ma addolcita da gesti, da movenze, da cadenze tipicamente salentine, soprattutto delle invitate più giovani, che famigliarizzano fra di loro, e guardano in giro attraenti e rassicuranti.
Il sindaco apre i discorsi, poi se ne va subito dopo. Un Carlo Salvemini che concede un accenno brillante. L’avrò sentito parlare in pubblico una dozzina di volte, ed è la prima volta che lo vedo sorridere e far sorridere, con uno strappo al suo compunto politichese serioso d’ordinanza.
“Galeotto fu il calcio” – dice, rivolgendosi a Renè – “ma soprattutto galeotto fu l’amore!”, e racconta della compagna dell’imprenditore che gli disse subito, alla prima occasione: “Io l’ho fatto venire qui, vedete voi adesso di non farvelo scappare”.
Lui, per il momento, è rimasto, vive nel Salento oramai da due anni in pianta più o meno stabile, con il suo nuovo amore di uomo maturo, quando non deve viaggiare per seguire da vicino i suoi investimenti sparpagliati per il mondo, fra banche e società.
Ma ora si sente legato agli ultimi, in ordine di tempo, il Lecce, e il Palazzo dell’ex Banco di Napoli, oltre che alla sua compagna.
Nella società di calcio, in poco tempo è diventato il socio di maggioranza, ne detiene adesso il 35% e ci ha messo dentro finora sei milioni di euro.
“Soldi buttati“, chiosa lui con disinvoltura, e spiega che quelli nel calcio non sono certo investimenti, però dai, chissà, magari qualcosa di buono porteranno, dice.
E poi, insomma, giacché era qui nel Salento, voleva fare pure il suo mestiere, l’imprenditore e il banchiere, e ha chiesto in giro se ci fosse in giro un immobile da rilevare e da ristrutturare, la sua specialità.
C’era, c’era, ottimo per rispondere poi alla crescente domanda di residence di lusso, per la clientela turistica semi residenziale di alto livello.
Ed eccoci, ci siamo quasi, progetto definito e autorizzato dall’amministrazione, lavori quasi ultimati, con cento operai che hanno lavorato a turni senza soluzione di continuità per un anno, a primavera si inaugura, come hanno spiegato anche i responsabili della ristrutturazione, insistendo sulla concessione parallela e la riqualificazione abbinata di spazi pubblici, aperti ai cittadini leccesi.
Ma l’attesa era tutta per lui, e lui non si è fatto pregare, ha parlato in due riprese, all’inizio e alla fine, abbagliato dai sorrisi dei presenti, più che dai flash dei fotografi.
René De Picciotto, cittadinanza italiana, ha tenuto a sottolineare, è un uomo di grande cultura, di squisita disposizione d’animo, di estrema cordialità.
Avete presente, si parva licet componere magnis, Flavio Briatore e il suo devastante e scorbutico tentativo di fare la speculazione del Billionaire salentino?
Ecco, Rene De Piccotto è agli antipodi di certe mentalità e di certi comportamenti, la classe non è acqua.
Fa una spiaggia di lusso sull’Adriatico? Bene, ne apre accanto una libera per tutti perfettamente ripulita e fruibile gratuitamente.
Compra un immobile? Una masseria? Lo mette a disposizione in un modo o nell’ altro della comunità in cui esso si trova.
Ricostruisce la Storia dei luoghi e degli insediamenti, fa stampare preziosi libri ad essi appositamente dedicati.
Va alla ricerca di una memoria condivisa, ha sempre ben presente la consapevolezza di provocare con i suoi investimenti salentini una precisa ricaduta economica per il territorio.
Con lui, che comunque è un attento ascoltatore, un sagace osservatore, un curioso indagatore, puoi parlare tranquillamente di tutto, e la conversazione non è mai banale, di aneddoti di arte, di tematiche culturali e politiche, così come, allo stesso modo, dell’errore del portiere o dell’arbitro di calcio, oppure dell’ultimo film.
Ogni tanto tira fuori una perla nella madrelingua francese, citazioni precise e articolate.
Questa sera in francese ha detto solo che non gli piacciono in genere qui nel Sud Italia, le mentalità purtroppo diffuse, ma che con lui non attaccano, di maquillage e di escamotage, voleva dire truffe, trucchi e imbrogli.
Ha 74 anni. La mattina si sveglia, ha confessato ‘stasera con un’altra citazione, di cui mi è sfuggita l’attribuzione, nell’unico momento di malinconia, non sapendo bene se abbia davanti una gara di cento metri, o una maratona, perciò ogni santo giorno, nel dubbio, si mette a correre una gara di cento metri.
Buona corsa da centometrista, René de Picciotto, per tantissimi santi giorni ancora!
E quando l’inaugurerà, mi raccomando, nel suo resort per i clienti internazionali, ci metta pure pasticciotti, rustici, e calzoni!
Oramai è cittadino leccese: parafrasando il suo ora concittadino illustre Quinto Ennio, adesso può dire “Civis lupiensis sum!”.
Le sue tartine sono buone e belle, però, dai…Un tocco di geolocalizzazione al bar del resort ci starà benissimo!
Ah, e mi raccomando, calzoni, ci metta calzoni, non panzerotti, i panzerotti li fanno a Bari, non sia mai, a Lecce si chiamano calzoni.