UN BEL DOCUMENTARIO DI BRUNO TESTORI, DI PURA BELLEZZA POETICA E DI CORRETTA ONESTA’ INTELLETTUALE, PORTA FINALMENTE AL GRANDE PUBBLICO EZRA POUND, IL POETA CHE CERCO’ DI SCRIVERE IL PARADISO
di Giuseppe Puppo______
La mattina del 26 ottobre 1967 il treno, come sempre, pare camminare sull’acqua in un miracolo biblico, poco prima di entrare nella stazione di Santa Lucia.
Guardano fuori sorpresi, come sempre, come tutti, da quel treno che arriva a Venezia in questo modo, anche Pier Paolo Pasolini, il curatore del programma Rai ‘Incontri’ Vanni Ronsisvalle, e i loro tecnici, preparandosi all’incontro con Ezra Pound, a quella che sarebbe poi diventato un evento decisivo, con un’intervista memorabile.
Vanno, all’ora fissata per l’appuntamento, arrivano a casa Pound, però trovano un intoppo.
Ah, a proposito, quando Casa Pound metterà fine all’appropriazione indebita, ingiustificabile, inammissibile, cambiando nome all’organizzazione politica che han così chiamato, sarà sempre troppo tardi.
L’intoppo è che c’è un giovane americano che fa anticamera, anzi, post camera. Era andato a proporre una sua raccolta di poesie al Maestro, ma ne era stato allontanato, perché a lui non era piaciuto. Cercava una benedizione, a uno che non aveva mezzi, né potere, né niente di materiale, anzi, era stato negato e messo in disparte dalla cultura ufficiale, ma conservava evidentemente un prestigio mondiale immenso, per aver ‘scoperto’, valorizzato e fatto diventare grandi, fra gli altri, autori quali Eliot, Yoyce, Hemingway.
Così, ci aveva provato anch’egli, ma invece della ‘benedizione’, aveva avuto una bocciatura: “Non mi piacciono i nipotini di Ezra Pound”, si era sentito dire direttamente dal Maestro.
Così, ora se ne sta ancora là, dispiaciuto, avvilito, e non riesce a rassegnarsi, ad andare via.
Quel giovane poeta americano, che aveva portato in visione “Jukebox all’ Idrogeno” era l’artefice e cantore della Beat Generation, Allen Ginsberg.
Fu solo grazie all’intercessione della massima esperta italiana di letteratura nordamericana contemporanea, Fernanda Pivano, che egli diventò giustamente famoso anche in Italia: nella foto, un incontro dei tre quello stesso anno a Portofino.
Ragazzi, che tempi!
E questa mi mancava.
L’ho scoperto guardando “Ez for Prez.” andato in onda su Rai Storia ieri sera, mercoledì 18 dicembre 2019.
Firmato dal regista cinematografico Bruno Testori, il documentario racconta la vita di Ezra Pound. Dando ampio spazio alle vicende biografiche personali, alcune assai delicate, lo fa in maniera esauriente, essenziale, precisa, in modo onesto, e poi pure attraente.
I frammenti in cui Pier Paolo Pasolini legge i versi di Pound seduto davanti a lui sono addirittura commoventi.
Ma ci sono tante altre immagini di struggente bellezza.
Certo – me ne rendo conto, con i tempi di un documentario televisivo di meno di un’ora era difficile – manca qualche particolare significativo.
Su quella famosa intervista, per esempio. Manca la contestualizzazione storica e il significato relativo, che è questo: quel giorno Ezra ruppe il suo tempus tacendi e si confrontò con il principale intellettuale della cultura di sinistra allora egemone, quella che lo aveva relegato in disparte. Ma quello lo chiama Maestro, intreccia con lui un confronto e…ideologicamente si abbracciano sui contenuti, si danno la mano, sono una cosa sola.
Fu trasmessa in maniera semi clandestina, poi se ne perse quasi la memoria.
Il clima dei tempi era quello di una prevaricazione ideologica, e durò per anni.
A Pier Paolo Pasolini nel 1975, pochi giorni prima che morisse, a Lecce, al Palmieri, dove era venuto per una conferenza, uno dei giorni più importanti della mia vita, io ragazzino liceale, sfidando tutti e tutto, pubblicamente, chiesi conto di persona di quella intervista, che gli cambiò la vita, e mi rispose in termini entusiastici, così come l’incontro con Pasolini cambiò la vita a me.
Ricordò ancora il brusio di disapprovazione, il mormorio ostile che si levò alla mia domanda, fra docenti, aspiranti docenti, e studenti presenti all’incontro, appunto per dire del clima dell’epoca: lo stupore, poi, inebetito, quasi isterico, quando quello cominciò a tessere un elogio di Pound.
La Rai ha fatto opera meritoria ad interessarsi ad interessarsi di lui.
Gli ha dato il suo: per la letteratura quello che Einstein è per la fisica, è stato detto giustamente, anche senza attribuire il giudizio, che è del poeta e scrittore americano Edward Estlin Cummings.
Esattamente questo.
Gli ha dato il suo, nei tempi e nei modi che ho detto.
La ricostruzione dei tanti momenti decisivi è senza reticenze, e senza polemiche pretestuose.
Come l’incontro fra Benito Mussolini ed Ezra Pound, l’unico, avvenuto a Roma il 30 gennaio 1933.
Un po’ liquidate frettolosamente le teorie economiche e monetarie, che sembrano così quasi una fissazione, e invece no, sono fondamentali, checché ne sia stato detto ieri sera.
Vanno intese come intuizioni metapolitiche, e poi profetiche sono, addirittura, basti pensare alle speculazioni monetarie, alle bolle dei titoli tossici, e a tanti altri aspetti del mondo contemporaneo.
Fra gli ospiti intervistati da Bruno Testori nel documentario, bellissima, una ragazzina di 94 anni, la figlia Mary de Rachewiltz, alla quale si deve tanta parte della divulgazione successiva dell’importanza di suo padre.
Sempre attentissima a tutto quello che si scriveva e si diceva in Italia e nel mondo.
Un giorno degli anni Settanta, uno dei giorni più belli della mia vita, da Merano, dal Tirolo, arrivò a Lecce, a ‘Voce del Sud’ un bigliettino che don Ernesto Alvino mi consegnò compiaciuto, dopo che, fra le altre cose, mi aveva insegnato a scrivere da giornalista e mi aveva spronato a interessarmi degli autori ‘maledetti’ che a lui tanto piacevano, e io un ‘pezzo’ su Ezra Pound gli avevo appunto confezionato qualche settimana addietro, che egli pubblicò, non senza le sue proverbiali correzioni e i suoi mitici tagli. Era firmato, scritto sue proprie mani, da Mary de Rachewiltz, ed era indirizzato a me, “Professor Puppo” – a me, che avevo conseguito e da poco appena la maturità – “il Suo articolo sarebbe piaciuto a mio padre”, c’era scritto.
Critiche? Ma sì, dai, se no mi smentisco, io che devo sempre criticare tutto e tutti, a cominciare da me stesso.
Lo storico Francesco Perfetti che, senza spendere una parola di condanna per il vile operato, definisce “un impiccio” per le autorità americane la loro decisione vendicativa di segregare per tredici anni Ezra Pound in un manicomio criminale, per le sue idee, accusato di tradimento, egli che, poeta di pace, voleva evitare la guerra e contro la guerra, contro i mercanti dia armi, contro le speculazioni dell’alta finanza internazionale si era sempre battuto, in nome, per conto e a difesa del popolo degli Stati Uniti d’America.
Non mi è piaciuto poi non tanto per quello che ha detto, ma per come l’ha detto, il docente universitario Massimo Bacigalupo, “Con quella faccia un po’così Quell’espressione un po’così Che abbiamo noi Che abbiamo visto Genova”.
Le citazioni poetiche, sì, tutte appropriate e bellissime, quanto a scelta e a resa televisiva.
Ma io ce ne avrei messa qualche altra, proprio per rendere ancora più in dettaglio gli artifici creativi, i salti fra le discese ardite e le risalite, le curve mozzafiato, i richiami continui più profondi e più elevati di cui è fatta la sua poesia:
“I have tried to write Paradise
Do not move
Let the wind speak
that is paradise.
Let the Gods forgive what I
have made
Let those I love try to forgive
what I have made”,
per esempio, oppure avrei citato provocatoriamente gli unici due Cantos scritti direttamente in italiano.
Poi, mancava almeno una frase, la frase forse più famosa, che in Italia abbiamo dovuto aspettare fino al 22 dicembre del 2002 per poter conoscere, almeno a livello di grande pubblico, quando se ne appropriò, senza citare la fonte, durante la diretta televisiva dal Festival di Sanremo, l’attore Roberto Benigni, suscitando un casino che la metà bastava.
Quella frase fu pronunciata da Ezra Pound nel 1945, quando fu arrestato dagli Americani, la disse senza aggiungere altro all’ufficiale americano che era andato a prelevarlo: ” If a man isn’t willing to take some risk for his opinions, either his opinions are no good or he’s no good”.
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