IL CALCIO COME UNA GUERRA
(Rdl)______
Estratti da “Splendori e miserie del gioco del calcio”, di Edoardo Galeano, Sperling & Kupfer, Milano, 2015.______
“…Nel calcio c’è una sublimazione rituale della guerra: undici uomini in calzoncini sono la spada di quella particolare zona, città o nazione. Questi guerrieri senz’armi o armature esorcizzano i demoni delle folle e ne riaffermano la fede: in ogni scontro tra due parti avversarie entrano in gioco vecchi rancori e vecchi amori che passano di padre in figlio. Lo stadio ha torri e bandiere come un castello e una grossa linea/solco di demarcazione del campo. Al centro di questo, una linea divide i due territori avversari. Ogni lato del campo ha una porta, che sarà “bombardata” con palle volanti. L’area davanti alla porta è chiamata zona di pericolo.
Il rituale vuole che nel cerchio centrale i due capitani delle parti avversarie si stringano la mano e si scambino gagliardetti. L’arbitro fischia una volta, poi fischia di nuovo e la palla inizia a muoversi. Viaggia avanti e indietro, è intercettata da un giocatore che la porta con sé a fare un giro finché non è placcato e cade a faccia in giù. Il giocatore non si rialza. Nell’immensità della distesa verde, la vittima giace al suolo. Dall’immensità degli spalti tuonano delle voci.
La folla “avversaria” emette un ruggito amichevole: «¡Que se muera!», «Devi morire!», «Tuez-le!», «Mach ihn nieder!», «Let him die!», «Kill, kill, kill!»…
Il calcio, metafora di guerra, a volte si trasforma in vera e propria guerra. Allora il termine ‘morte improvvisa’ non è più solo il nome di un modo drastico di decidere una partita in parità. In questi giorni, il fanatismo legato al gioco del calcio ha preso il posto che prima era riservato al fervore religioso, all’ardore patriottico e alla passione politica. Come spesso accade nella religione, nel patriottismo e nella politica, anche nel calcio può esplodere la tensione e nel suo nome si commettono dei veri e propri orrori.
Alcuni credono che gli uomini posseduti dal demone della palla abbiano la bava alla bocca: bisogna dire che è un’immagine abbastanza fedele del fanatico del calcio. Tuttavia, anche il più accanito tra i critici ammette che nella maggior parte dei casi la violenza non ha origine dal calcio, così come le lacrime non scorrono da un fazzoletto…
Un giornalista una volta chiese alla teologa tedesca Dorothee Sölle: «Come spiegare a un bambino la felicità?». «Io non la spiegherei», rispose. «Gli lancerei una palla e lo farei giocare».
Il calcio professionale sta facendo di tutto per uccidere questa gioia di fondo, che tuttavia continua ad esistere. Forse è per questo che il calcio continua a stupire. Come dice il mio amico Angel Ruocco, è questa la sua parte migliore – la sua ostinata capacità di sorprendere. Quanto più i tecnocrati tentano di programmarlo nei minimi particolari, tanto più il calcio continua a essere imprevedibile. Quando meno te lo aspetti, accade l’impossibile, il nano insegna al gigante una lezione e il piccolo uomo scuro dalle gambe storte fa sembrare ridicolo il giocatore dal fisico statuario.
Esiste un vuoto sorprendente: la storia ufficiale ignora il calcio. Testi di storia contemporanea pare non parlino di calcio, neanche di sfuggita, neanche per quei Paesi in cui esso è un simbolo primordiale d’identità collettiva.
Io gioco dunque sono: uno stile di gioco è un modo di essere che rivela quell’unico carattere di ogni comunità e afferma il suo diritto a essere diversa. Dimmi come giochi e ti dirò chi sei. Per molti anni il calcio è stato giocato in diversi stili, espressioni uniche della personalità di ogni popolo. E oggi credo che la preservazione della diversità sia necessaria più che mai.
Viviamo un tempo di uniformità forzata, anche nel calcio. Mai il mondo è stato così disuguale nelle opportunità che offre e così uguale nelle abitudini di vita che impone. In questo mondo attuale pervaso dalla decadenza, chi non muore di fame, muore di noia”.______
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