LA STORIA / “La sventurata rispose”
di Giuseppe Puppo______
“Tra l’altre distinzioni e privilegi che le erano stati concessi, per compensarla di non poter esser badessa, c’era anche quello di stare in un quartiere a parte. Quel lato del monastero era contiguo a una casa abitata da un giovine, scellerato di professione, uno de’ tanti, che, in que’ tempi, e co’ loro sgherri, e con l’alleanze d’altri scellerati, potevano, fino a un certo segno, ridersi della forza pubblica e delle leggi.
Il nostro manoscritto lo nomina Egidio, senza parlar del casato.
Costui, da una sua finestrina che dominava un cortiletto di quel quartiere, avendo veduta Gertrude qualche volta passare o girandolar lì, per ozio, allettato anzi che atterrito dai pericoli e dall’empietà dell’impresa, un giorno osò rivolgerle il discorso. La sventurata rispose”.
La contrapposizione fra purezza e peccato, motivo centrale del travagliato cattolicesimo di Alessandro Manzoni, trova nell’opera sua l’apoteosi nella storia di Gertrude, cioè la Monaca di Monza, ed Egidio, vero e proprio romanzo nel romanzo, che si sviluppa in maniera spropositata per due capitoli e passa all’interno de “I promessi sposi”.
Senza mai indulgere neppure minimamente a pruriginosi accenni, viene comunque raccontata, sia pur con le dovute omissioni, la vicenda di una giovane nobile entrata in convento e diventata suora in ossequio allo spirito dei tempi con notevoli contraccolpi psicologici successivi, fino alla tresca sensazionale con un giovane ‘scellerato di professione’ che la mise incinta.
“Siamo degli umili fiorellini avezzi alla dolce tutela della stufa, che l’aria libera uccide”.
Qualche decennio dopo l’uscita del capolavoro manzoniano, e con un’ambientazione contemporanea, quindi di due secoli appresso ai tempi e ai modi seicenteschi, un altro grande della letteratura italiana, Giovanni Verga, scrisse un romanzo epistolare, “Storia di una capinera”, in cui racconta la vicenda di una ragazza, Maria, mandata dalla famiglia in convento a diventare monaca di clausura, ma che conosce e ama d’un amore così fragile, così violento il coetaneo Nino, pallido dentro e fuori, con conseguenti sussurri e grida di strazio puro.
Il romanzo fu un vero e proprio bestseller dell’epoca: ebbe uno straordinario successo di vendite, impensabile per quei tempi.
Nel 1993 ci mise del suo di melodrammatico intenso il Maestro Franco Zeffiirelli, che ne fece un film da tagliarsi le vene, con, questo sì, un ultimo bacio
“dolcezza giù nella vita
che non cambierei con niente
di ciò che appartiene al cielo”
colto fra
“i miracoli tiepidi d’aurora”
prima della scelta di dedicarsi per sempre alla vocazione religiosa, quindi ai miracoli ultraterreni, ma per poi morirne di dolore e di rimpianto (i versi qui citati sono di Giuseppe Jusuf Conte, da “Canti d’Oriente e d’Occidente”, Mondadori, 1997).
“E’ accaduto in un comune dei Nebrodi: una religiosa lamentando dolori insopportabili all’addome, si sarebbe fatta accompagnare all’ospedale di Sant’Agata Militello per essere visitata.
Sottoposta a tutte le analisi e cure del caso i medici con grande stupore hanno scoperto che fosse in stato di gravidanza.
Tra l’imbarazzo generale, il personale sanitario ha ricondotto l’inizio della gravidanza ad alcune settimane prima”.
Non sarà Verga, non sarà Manzoni, ma nel suo piccolo è una grande pure la giornalista Francesca Alascia, che, pur dibattendosi fra condizionali e congiuntivi, ieri ha raccontato – stessa ambientazione siciliana della Capinera – sul quotidiano ‘Il giornale di Sicilia’ la storia vera – per la serie la realtà ha più fantasia di noi – di quest’altra suora rimasta incinta, ed evidentemente non per virtù dello Spirito Santo.
Oggi è stata ‘rilanciata’ dall’agenzia Ansa, e in queste ore viene variamente ripresa e commentata.
E’ arrivata nel frattempo pure la conferma delle Autorità Religiose, che, nonostante si siano trincerate per tutto il resto dietro un comprensibilissimo riserbo, hanno fatto sapere di aver trasferito la peccatrice in un altro monastero, dove aspetterà il lieto evento: poi lascerà l’ordine, e farà la mamma.
Ma perché l’amore, il sesso, la passione e l’idea devono essere peccato?
Non sono forse di per sé
i miracoli tiepidi d’aurora
dei baci
essenza stessa rivelatrice del Divino?
Con tanti auguri, certo, per la sua nuova vita, e a quella che la sua passione sofferta e soffocata, misconosciuta e finanche negata a sé stessa, ma alla fine dirompente, genererà fra otto mesi.