LA TARANTA SALENTINA TESSE LA SUA TELA ANCHE IN ROMANIA
A leccecronaca.it PARLA LA PROFESSORESSA GIUSY NEGRO, CHE SARA’ RELATRICE AL CONVEGNO INTERNAZIONALE SUL FOLKLORE DI BUCAREST: “la musica deve servire ad avvicinare i giovani al mondo della cultura”
di Carmen Leo______
“Ho ricevuto l’invito a partecipare a questo importante convegno internazionale, giunto alla sua sesta edizione e intitolato International Conference on Mythology and Folklore, che si svolgerà il 26 e 27 ottobre a Bucarest , direttamente da Ramona Mihàilà, vice rettore dell’ Università “Dimitrie Cantemir” della capitale rumena.
Ho già avuto modo di collaborare con lei nel novembre dello scorso anno, in occasione di un convegno tenutosi al Centro Studi Koinè Europe di Melendugno, e ne ho mantenuto i contatti mediante un continuo scambio di lavori e opinioni su diversi argomenti di studio.
L’intervento che presenterò si intitola The phenomenon of Tarantism between Magic and Folklore, cioè Il fenomeno del Tarantismo tra Magia e Folklore.
Ho scelto questo tema perché, oltre che essere una docente, sono anche una musicista e credo fermamente nel grande potere dei linguaggi espressivi non verbali, in principal modo quelli musicali. È molto importante far comprendere all’utenza quanto sia utile l’adozione di strategie didattiche che prevedano proposte di tipo musicale, soprattutto nelle scuole e in tutti i casi in cui si palesi la necessità di favorire l’inclusione di particolari soggetti con difficoltà di tipo comportamentale e relazionale.
Naturalmente, a livello generale, la musica deve servire ad avvicinare i giovani al mondo della cultura e a stabilire un’efficace empatia tra studenti e docenti, ma anche nello stesso gruppo dei pari”.
Ecco quanto afferma, in un’intervista esclusiva rilasciata a leccecronaca.it, la professoressa Giusy Negro (in foto), 52 anni, di Melendugno, docente di Storia e Filosofia presso il Liceo “Francesca Capece” di Maglie, la quale però in questo anno scolastico si trova a far parte del Gruppo Autonomia Scolastica, staff operativo sui progetti nazionali promossi dal MIUR, nell’organico dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Lecce.
Lei stessa si dedica da anni alla formazione ad ampio spettro e collabora anche con l’Università eCampus di Milano. Attualmente è la coordinatrice didattica del Centro Studi Koinè Europe, il centro culturale sito nella sua città, “nato nel 2015 dall’esigenza del territorio di poter costruire un ambiente di apprendimento adeguato per una formazione e un’informazione, destinata agli adulti, che offra una adeguata preparazione atta a consentire diversi sbocchi professionali, ma che investe anche tutto ciò che ruota intorno al mondo multisfaccettato della cultura”– come ci ha spiegato.
Alla nostra domanda del perché abbia voluto scrivere un saggio proprio sul fenomeno del Tarantismo, la Negro così ci ha risposto: “Sono anche una musicoterapeuta e questo fenomeno, legato all’ipotetico potere guaritore della musica, appartiene strettamente al folklore del popolo salentino. Pertanto vorrei portare oltre confine, per farle conoscere anche ad una utenza internazionale, tutte quelle che sono le tradizioni culturali più antiche del nostro bel Salento”.
Il Tarantismo, nella storia popolare della nostra terra, è la manifestazione di una isteria femminile di tipo fisico, scaturita in seguito ad un eventuale morso di una taranta o tarantola, un grosso ragno appartenente alla famiglia delle Lycosidae, che sembrerebbe potesse causare alle malcapitate, soprattutto giovani donne punte durante il periodo della mietitura del grano, sintomi vari quali stati di catatonia o deliri, dolori addominali e muscolari, malinconia e depressione.
La “cura” indicata dalla tradizione popolare salentina del passato era la messa in atto di una sorta di “esorcismo musicale”, praticato tra le mura domestiche sotto forma di musiche e canti popolari, accompagnati da strumenti popolari come tamburelli, organetti e armoniche a bocca.
Durante questi riti, la “tarantata” si abbandonava a dei contorcimenti corporei spasmodici, che tendevano ad emulare i naturali movimenti dello stesso aracnide. Alla fine dell’insolita “terapia” , dopo aver dato sfogo a tutte le proprie energie vitali in esubero, il soggetto giaceva a terra quasi esanime, per poi riprendersi a rinnovato spirito vitale.
L’efficacia di questa pratica consolidata potrebbe essere scientificamente avvalorata dall’evidenza che il ballo convulso, accelerando il battito cardiaco e stimolando abbondante sudore e conseguente rilascio di endorfine, favorisce l’eliminazione del veleno e contribuisce ad alleviare il dolore provocato dal morso del ragno e di simili insetti. Non è quindi da escludere che il ballo venisse utilizzato originariamente come vero e proprio rimedio medico, a cui solo in seguito sono stati aggiunti connotati religiosi ed esoterici.
“Sebbene apparentemente la musica non sembri rispondere a nessuna necessità biologica o a istinti particolari di sopravvivenza umana, è senza dubbio parte dei bisogni fondamentali dell’umanità. Come più profonda risonanza dell’anima, la musica esprime la percezione dell’uomo e il suo rapporto con il mondo che lo circonda. Essa rappresenta appieno le epoche, le culture e le tradizioni dei popoli e il loro bisogno, avvertito quasi come un dovere, di lasciare tracce significative del passato nel processo di evoluzione delle società”. Questo è un breve estratto di quanto traduciamo direttamente da quello che sarà l’intervento in lingua inglese della docente salentina al convegno rumeno.
Dalla notorietà del fenomeno del Tarantismo, ha preso il via una nota kermesse musicale denominata la Notte della Taranta che, da spettacolo itinerante durante tutta la stagione estiva per i vari borghi della grecìa salentina, trova compimento, alla fine di agosto di ogni anno e da ben ventidue edizioni, nella serata conclusiva di Melpignano, sempre nel basso Salento. Questa manifestazione ha ormai ottenuto una risonanza internazionale e vede esibirsi ora sul suo palco non soltanto artisti e band salentine, ma provenienti anche da varie parti di Italia e del mondo, oltre ad attirare a sé migliaia di fans entusiasti, che si lasciano travolgere dalle note e dai ritmi della “pizzica”, la più celebre danza popolare autoctona. Quest’anno l’evento è stato trasmesso da RAI DUE.
“Il mio imminente intervento al convegno in Romania è rivolto ad una ulteriore diffusione oltre L’Adriatico della conoscenza della Notte della Taranta – continua la prof.ssa Negro – come anche a stimolare una maggiore promozione turistica del nostro territorio, che è ancora tutto da scoprire dal punto di vista culturale, religioso e naturalistico.
L’organizzazione di questo spettacolo diviene ogni anno oggetto di polemiche e critiche da parte di chi, come la sottoscritta, lo ritiene un evento prevalentemente culturale piuttosto che mondano, che dovrebbe favorire maggiormente l’emergere dell’aspetto musicale, coreutico ed espressivo, principalmente ancorato alle radici più salde ed ataviche della nostra meravigliosa terra salentina, valorizzandone le eccellenze in tal senso. Possiamo vantare musicisti e compositori di altissimo livello e spessore, che per primi dovrebbero calcare quel palco ed apparire così sullo scenario internazionale”.
Il tarantismo si connotò come fenomeno storico e religioso prevalentemente nel leccese, soprattutto nella città di Galatina, dove è legato al culto di San Paolo, ritenuto il santo protettore di coloro che sono stati “pizzicati” da un animale velenoso, in grado di guarire per effetto della sua grazia, mentre invece di natura pagana nel tarantino, brindisino e materano. Esso caratterizzò l’Italia meridionale e in particolare la Puglia fin dal Medioevo, visse un periodo felice fino al XVIII secolo, per subire poi nel XIX secolo un lento ed inesorabile declino.
Negli anni Novanta e Duemila, tradizioni musicali appartenenti al genere della tarantella, in particolare la nostra pizzica, sono tornate alla ribalta ottenendo un grande seguito.
Tale riutilizzo di antichi tratti culturali inseriti in contesti completamente differenti e con significati profondamente mutati è un classico esempio di revival folklorico, inteso come tutto il bagaglio di usi e costumi che caratterizza un popolo e ne definisce la sua più marcata identità, che andrebbe a qualunque costo preservata dall’estinzione, come importante e ricco patrimonio culturale autoctono da tramandare alle generazioni future.