UN TIMIDO LECCE PERDE 0-1 COL VERONA, MA LIVERANI SUONA LA CARICA PER LA SALVEZZA, “SERVONO TECNICA, SACRIFICIO E DETERMINAZIONE”. E SU BABACAR…
di Annibale Gagliani______
Una notte nell’empireo del calcio italiano dopo più di sette anni. Lecce abbottonato rispetto al capitombolo di San Siro, con Mancosu alle spalle di Falco e Lapadula e Shakhov ad affiancare Tachtsidis e Majer in mediana. Retroguardia attrezzata con Benzar e Dell’Orco terzini e i veterani Lucioni e Rossettini centrali. Pronti via, Falco comincia a dispensare calcio tra le linee avversarie come un equilibrista al circo, ma la prima occasione del match arriva da una palla inattiva: Lucioni sfiora il vantaggio con un colpo di testa ben calibrato, almeno così sembrava. Il Verona prende campo e col passare dei minuti, cominciano i pericoli per la porta di un Gabriel versione Cristo Redentore: salva la ciurma su un’incornata di Rrahamani in area di rigore.
L’Hellas aumenta i giri del pressing sulla linea difensiva leccese, dimostrando spavalderia. Miguel Veloso, uomo di classe degli scaligeri, dai venticinque metri non porta pena. Il Verona si candida a fare la partita e per l’undici di Liverani è una sorpresa urticante, che intimidisce ambizioni e trame offensive. Il palo di Zaccagni da zero metri dopo una convulsa azione da corner fa pensare agli oltre ventiquattromila tifosi licantropi che sarà una serata vietata ai cardiopatici. Ma il Lecce ha una lucciola impazzita: Filippo Falco. È l’unico in grado di accendere la luce nella notte salentina, alimentando il dilemma se i giallorossi siano diventati falcodipendenti. Va in fuga più volte sulla fascia destra: prima imbeccando un Lapadula che si scontra con Mancosu verso la conclusione; poi aprendo a Shakhov, che allarga il gioco per Benzar, bravo a pescare in area di rigore Mancosu che non dispone della precisione dello scorso anno. Le fasce sono gialloblu e gli uomini di Juric dimostrano di meritarle giocando a memoria con fraseggi di discreta qualità.
L’occasione clou del primo tempo è sui piedi di Lazovic, che fa un sol boccone di Benzar e a tu per tu con Gabriel si fa ipnotizzare da macumbe carioca. La sensazione è che manchi un po’ di fosforo e dinamismo al centrocampo giallorosso, lento e poco reattivo.
Nel secondo tempo Liverani abbandona l’abito elegante e indossa la tuta, dando una scossa ai suoi alfieri. Il Lecce è più volitivo e assalta fin da subito il fortino scaligero: Majer, da appena dentro l’area di rigore, mette fuori un destro di piattone da non sciupare. Ma lui lo sciupa. Al cinquantesimo, il direttore di gara Sacchi, si rende protagonista di un “giallo” calcio di rigore per il Lecce: braccio largo di un difensore in area su destro di Lapadula non segnalato dal check VAR. Liverani adotta la soluzione Rispoli al posto di Benzar e subito dopo La Mantia al posto di Shakhov, donando una trazione anteriore ai giallorossi. Juric risponde con il brio di Verre al posto di Tutino, ma le azioni dei suoi ammorbano. Eppure, quando i padroni di casa si spingono verso l’area di rigore avversaria c’è sempre un po’ di ingorgo, simile a quello che ha accompagnato i tifosi all’entrata dello stadio. Un disordine da mal di testa, non c’è che dire. Juric butta dentro anche Pessina, consegnandogli il ruolo del coniglio da cilindro. Su un calcio di punizione, Lapadula si ricorda di avere delle responsabilità importanti per le sorti della salvezza leccese e sfiora il goal con un colpo di testa deciso.
Negli ultimi dieci minuti partita, Juric rispolvera un uomo proveniente dalle steppe russe, Salvatore Bocchetti. Chi non muore si rivede. Dopo una triangolazione in area giallorossa, Pessina assolve al ruolo datogli dal coach e stappa la partita: 0-1 all’ottantunesimo. Entra Calderoni per uno svagato Dell’Orco, apparso lontanissimo dalla migliore condizione e forse fa rimpiangere la scelta di Liverani di averlo parcheggiato ai box.
Un’occasionissima in area di Mancosu che di fioretto esalta i riflessi di Silvestri all’angolino basso alla sua sinistra, rinvigorisce la bolgia leccese. I lupi cercano di tuffarsi verso la porta gialloblu, ma nonostante l’impegno, gli uomini chiave arrancano. Indice di una condizione fisica ancora poco brillante e di automatismi che non sono del tutto oliati. Il Verona è apparso compatto ed ermetico e ha meritato la posta piena della contesa. Uno scontro diretto per la salvezza risolto sul finale dalle scelte di Juric, che sa bene di avere l’ultima chance della carriera per tenersi stretta la Serie A dopo anni da specialista in fallimenti: «Abbiamo giocatori che non sono al meglio della condizione, c’è stata una flessione nel secondo tempo, ma è andata bene. Mi aspetto una bella stagione con giocatori giovani pronti a lottare per salvarsi. Dobbiamo essere tosti».
Un agguerrito Liverani in conferenza stampa fa il punto della situazione sulla condizione psicofisica dei suoi e indica la via maestra da seguire ad ambiente e tifosi: «Siamo una squadra che deve capire bene l’obiettivo per il quale deve lottare. Serve tecnica, determinazione, sacrificio. Oggi abbiamo perso tutti i duelli, allenatore compreso. Siamo un po’ in ritardo come condizione atletica e come inserimento dei nuovi arrivi. Tutta la settimana abbiamo lavorato sulle uscite, sul pressing, oggi è stata una serata storta, è andato tutto male, siamo stati poco cattivi e poco attenti e il Verona ha meritato di vincere. Ma io credo in questi ragazzi, credo nei valori di questa squadra, che sa tirare fuori qualcosa di straordinario e ci riuscirà anche quest’anno. Non so se riusciremo a raggiungere l’obiettivo, ma noi ci proveremo». Il mister giallorosso parla dell’eventuale arrivo di Babacar: «Un giocatore non cambierà le cose, il nostro livello è questo ed il cuore di questa squadra è già formato. Bisognerà lottare e soffrire tutte le partite per fare punti».
I lupi sono a quota zero in classifica dopo due giornate insieme a club come la Fiorentina e la Sampdoria e dopo la sosta per le nazionali li aspetta una trasferta ostica: allo stadio Grande Torino contro i granata di Walter Mazzarri. La squadra ha dimostrato di non essersi ancora ambientata nella massima serie e di dover carburare a livello fisico e tattico. La sosta è manna dal cielo per il gruppo di Liverani, che nel segno del sacrificio, dell’abnegazione e della malizia, non potrà che crescere.
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