LECCECRONACHE / FRA ‘LE VIE DEL GUSTO’ DI ADESSO
di Raffaele Polo _______
Ci avrete fatto caso anche voi, sicuramente: adesso le ‘sagre’ non sono più come quelle di una volta. Qualcuna, in verità, resiste ancora, abbarbicata con forza ad uno spazio libero, in periferia, dove si può parcheggiare facilmente.
In un angolo, il palco per la pizzica (non è ammessa altra musica…) e, in bellavista, la cassa con l’immancabile manifesto con i prezzi delle vivande. Che sono calmierati tutti, anno per anno, con leggeri e costanti aumenti di prezzo che si notano solo a distanza di anni…
Una lunga fila per i biglietti, una interminabile coda per conquistare le derrate, le donne che vengono spedite a conquistare un posto sulle panche sempre più spartane, una seconda fila per le bevande, una gimkana tra la folla per non rovesciare i liquidi del bicchiere e poi, finalmente, eccoci seduti. Ma manca sempre qualcosa: il pane, i tovagliolini, l’acqua, ti avevo detto naturale, perché l’hai presa frizzante?
Adesso, però, le cose cambiano.
Niente più ‘sagre’ ma ‘vie del gusto’ e, perciò, un percorso da affrontare per le viuzze dei centri storici che, di sera, con un po’ di luci ben sistemate, sono tutti meravigliosi.
Pagodine scaglionate lungo il percorso con alternanza di generi alimentari da asporto e bancarelle folkloristiche, niente panche perché bisogna muoversi, camminare, conoscere, percorrere le vie del paese. E allora, non solo birra: ma i cocktail vanno per la maggiore, assieme alle composizioni che vengono strutturate con la frutta, ma anche con i formaggi e i salami. Pure le pittule, pensate!, vengono distribuite in cartocci conici di quella carta marrone che fa tanto anni Cinquanta…E i fichi d’India ci sembrano una sconosciuta leccornia, soprattutto perché li vediamo già belli e puliti, solo da gustare…
Addio, insomma, al panino ‘con la servola’, che era il non plus ultra delle sagre di qualche tempo fa. Resistono le patatine, ma sono servire con la forchettina di plastica che è praticamente inutile contro la crosta del fritto, ma fa tanto chic.
La musica, poi… Pochissima pizzica. Piuttosto, in voga le ‘street band’ e le percussioni, addirittura i trii d’archi, a creare un’atmosfera congrua con il centro storico. E le aree ecologiche hanno tutte un gentile giovanotto che ti spiega perché lo scontrino non lo puoi buttare nella ‘carta’…
Anche i frequentatori della non-più-sagra paiono diversi. Hanno un non so che di ascetico e di intellettuale, si soffermano a contemplare le vaghezze di un balcone da restaurare, oppure si incantano davanti al banco del gelato col miele, mai assaggiato, vero?
Insomma, il Salento cambia, a passi da gigante, e offre un panorama ‘turistico’ pregevole e di miglior consistenza: non si va più alla ‘sagra’ per rimpinzarsi delle specialità locali. Piuttosto, per conoscere le bellezze di paesi che non conosciamo e che non avevamo mai visto, prima.
Certo, ci sono i nostalgici dei panini coi pezzetti e dell’immancabile ‘bruschetta’. Ma devono nascondersi, far finta di niente, ostentare una smorfia di disgusto, a fronte dei formaggi gourmet, dei drink fashion e delle bombette di Alberobello.
‘Ma sono proprio di Alberobello, neh?’ chiede una signora con marcato accento settentrionale.
‘Eccerto signora, dici ca screimu fesserie?’ risponde il sudato venditore di bombette, anch’esse in rigidi coni di carta spessa, quella che una volta si usava per il pesce….
E lo dice con inflessione salentina e sguardo sincero. Che, forse, Alberobello non è robba noscia?