VANO TENTATIVO DEL M5S DI SALVARE LA FACCIA
(g.p.)_______Mattinata di votazioni al Senato sulle mozioni presentate sulla Tav.
Per fare chiarezza: documenti politici, nel senso di opportunismo partitico, senza valore pratico, perché la decisione finale, favorevole alla continuazione e dunque alla realizzazione dell’opera, era già stata presa pochi giorni f dal governo, cui spetta il potere esecutivo.
Quella presentata dal M5S, contraria alla Tav, che è stata bocciata 181 a 110, era un puro espediente tattico per cercare in qualche modo di salvare la faccia, per meglio dire ‘una presa per il culo’, come l’aveva definita ieri il leader dei No Tav in Val di Susa, Alberto Perino, l’ennesima, l’ultima, il degno finale di un comportamento vergognoso quanto assurdo, dopo la decisione assunta dal suo presidente del consiglio Giuseppe Conte.
Quelle presentate da Pd, Forza Italia, Più Europa e Fratelli d’Italia, tutte favorevoli alla Tav, che sono invece passate con lo stesso risultato, ma invertito, voto in più, voto in meno, sempre con l’apporto determinante della Lega, servivano invece ad evidenziare la spaccatura fra i due partiti di governo._______
LA RICERCA nel nostro articolo del 24 luglio scorso
…Contenuto semanticamente vuoto, quale atto di indirizzo, della mozione M5S sul TAV.
C’è da augurarsi che i più si ravvedano dal prestar credito ai pentastellati che giocano sulla credulità acritica dei propri elettori.
Aggiungo che la trappola illusionistica (sempre allo scopo di ipnotizzare i propri elettori) era già nel “Contratto di governo”, lì dove si puntualizza che la ridiscussione generale del progetto TAV sarebbe avvenuta “nell’applicazione dell’accordo” tra Italia e Francia.
E’ possibile che gli estensori e firmatari del “Contratto” non abbiano saputo comprendere il significato di quella puntualizzazione (ridiscutere “nell’applicazione” significa comunque applicare l’accordo, quindi rispettare l’impegno per la realizzazione dell’opera).
E’ possibile anche che lo abbiano volutamente scritto: del resto, sembrerebbe questa la lettura confermata proprio dalla mozione parlamentare, che addossa ai francesi la responsabilità di non aver proceduto alla ridiscussione “nell’accordo”.
Da questa ulteriore squallida vicenda di illusionismo verbale pentastellato (profetizzato dal fondatore del M5S, quando inneggiava alla “post-verità” quale uso disinvolto e incontrollato di parole, concetti, definizioni, categorie) si dovrebbe imparare una cosa: che democrazia e uso della parola si condizionano reciprocamente. Quando si rinuncia alla decenza quotidiana dell’uso delle parole, si ferisce la democrazia.