TUTTI PAZZI PER LE SERIE TV? UN’INCHIESTA DI leccecronaca.it SU QUESTO FENOMENO DI GRANDE SUCCESSO E DI STRAORDINARIA ATTUALITA’: “Le ho viste quasi tutte, ma la mia preferita in assoluto si intitola…”
di Carmen Leo______
Vikings, Gotham, L’alienista, Alto mare, C’era una volta, The Umbrella Academy, Titans, Gli ultimi zar, Grimm, Sherlock, Shadowhunters, Hill House, Stranger things, Orphan Black.
Questi solo alcuni tra i titoli che contano un maggior numero di follower appassionati delle serie televisive maggiormente seguite di questi tempi.
Un fenomeno sociale che viene da lontano, dall’ America degli anni Sessanta e Settanta. Il conduttore pazzo raccontato dal film “Quinto potere” di Sidney Lumet del 1976 si muove già fra reti televisive che usano le serie tv per accaparrarsi quanti più telespettatori possibile, funzionali alla raccolta pubblicitaria, quindi sono sempre alla frenetica ricerca di nuove idee e nuove produzioni: tutto il resto, informazione compresa, è relativo…
Un fenomeno che in Italia è esploso negli anni Ottanta e Novanta, con l’avvento di Mediaset e le sue “Dallas” e “Beautiful” varie; poi Sky e le sue offerte; il digitale terrestre; infine, le piattaforme degli ultimi anni a pagamento e tante nuove possibilità, una concorrenza spietata, ma un pubblico dilatatosi a dismisura.
Puntuali all’ora stabilita, ma pure, con le nuove tecnologie, a proprio comodo…Magari per riempire notti intere, sul divano di casa, senza dormire.
Vero? Abbiamo voluto verificare certe voci, certe sensazioni, certi riferimenti captati qua e là, certi racconti raccolti a mezza voce qua nel nostro Salento, fra la Lecce globalizzata dei giorni nostri e dintorni.
Sono diventate le serie tv la passione segreta dei Salentini?
Vediamo.
“Le ho viste quasi tutte, ma la mia preferita in assoluto si intitola Lucifer. L’ho divorata visivamente in pochissimo tempo e attendo con trepidazione la prossima stagione. Descrizione singolare di un molto discutibile Lucifero, che scende sulla Terra per esibirsi in una serie di rocambolesche avventure, talvolta cariche di comicità, che non ti annoiano mai.
Mi è molto piaciuto come viene sviluppato il personaggio di Satana, che risulta carismatico, simpatico, piacente. È da segnalare anche l’ironia con cui si parla di Dio”. Così Anastasia Crisigiovanni, 21 anni, di Copertino, studentessa della facoltà di Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali, alla mia domanda riguardo questa non del tutto nuova attitudine, ci fornisce una reale testimonianza di quello che è ormai divenuto un dilagante fenomeno tra gli adolescenti, i giovanissimi e anche i diversamente giovani, ossia la visione compulsiva delle serie TV, in onda sui vari canali satellitari, ma principalmente sul gettonatissimo NETFLIX.
Nato nel 1997 a Scott Valley in California, inizialmente come attività di noleggio di DVD e videogiochi, dal 2013 si è trasformato in piattaforma digitale operante nella diffusione in streaming online e on demand di film, telefilm e altri contenuti di intrattenimento, accessibili tramite un apposito abbonamento, che può vantare, oggi, circa centocinquanta milioni di utenti in tutto il pianeta.
Sono passate ormai su per giù quattro decadi, da quando i ragazzi degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso si incollavano al piccolo schermo, alle 19 in punto di tutte le sere, per seguire le vicende appassionanti ed esilaranti di “Happy Days”, la serie televisiva creata da Garry Marshall, che presentava una visione idealizzata della vita negli USA, di quegli adolescenti che hanno vissuto il “Sogno Americano” a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta.
Chi di noi non ricorda la roboante e omonima canzone che faceva da sigla agli episodi, con i volti dei personaggi che sfilavano dentro un juke box?
Sì, proprio quello strumento di diffusione della musica tanto in voga, anche qui da noi fino agli anni Ottanta, che il playboy Fonzie, il meccanico duro dal cuore tenero, con in più un tocco alla James Dean, cui il celebre attore, poi regista, Henry Winkler prestava il volto, riusciva ad azionare con il suo magico “cazzotto”. I Cunningham al completo questi, una tipica famiglia borghese di Milwaukee, nello Stato del Wisconsin, attorno alle cui vicissitudini ruotavano tutti gli avvenimenti quotidiani, raccontati con leggerezza e ironia. Sia i coniugi Cunningham, sia Fonzie, sono per i personaggi più giovani gli esempi: la loro autorevolezza si basa sulla saggezza derivata dall’esperienza.
Però le nuove generazioni del Ventunesimo secolo troverebbero forse banali, quasi sempliciotte, le vicende narrate in questa serie.
Invece adesso?
A tal proposito, abbiamo provato a sentire qualche altra opinione.
Connotata di grande entusiasmo , in particolare per 13 Reason Why, quella di Emilio Caputo, 17 anni, di Lequile, iscritto al quarto anno di un Istituto Tecnico, il quale prova a spiegarci il perché del suo alto gradimento: “Questa serie mi è molto piaciuta, perché affronta i problemi adolescenziali che realmente si presentano nella quotidianità dell’ambiente scolastico, sociale e familiare. Aiuta a comprendere lo stato d’animo dei giovani studenti attanagliati da mille difficoltà e richieste su tanti fronti, talvolta vittime inermi di atti di bullismo da parte di coetanei. Mi ha anche offerto qualche utile suggerimento su come comportarmi per prestare aiuto a qualche amico in difficoltà”.
Altra fascia di età quella di Giovanna Gabrieli, 45 anni, di Lecce, docente in un Liceo Linguistico, che esprime così il suo entusiasmo e la sua trepidante attesa della terza stagione, in uscita il prossimo 19 luglio, de La casa di carta: “Mi ha colpito subito, e infatti ho terminato prestissimo la visione. La storia narra gli sviluppi di una rapina estremamente ambiziosa e originale: irrompere nella Fábrica Nacional de Moneda y Timbre, ovvero la zecca nazionale spagnola di Madrid, e stampare due miliardi e quattrocento milioni di euro perfettamente legali per poi sparire con l’ingente malloppo.
L’ideatore di questa impresa è un uomo conosciuto come Il Professore.
Ciascun membro durante la rapina agisce vestito di rosso, con una maschera del pittore spagnolo Salvador Dalì e assume il nome di una città internazionale: Tokyo, Mosca, Berlino, Nairobi, Rio, Denver, Helsinki e Oslo. Le varie fasi della rapina riservano molti colpi di scena, che hanno sempre tenuto alta la mia attenzione.”
Tre diverse testimonianze rappresentative di tre differenti fasce d’età, prese come target di riferimento, cui si rivolgono questi programmi offerti in formula seriale, al fine ultimo di tenere lo spettatore avvolto e coinvolto in un’atmosfera di tensione psicologica ed emotiva, che genera una sete implacabile, tanto da indurlo ad abbeverarsi continuamente alla fonte inesauribile dei contenuti proposti.
Vengono essi propinati come format originali dalle immagini accattivanti, dai temi avvincenti, con sottofondi musicali coinvolgenti.
I risvolti pedagogici potrebbero, però, essere piuttosto discutibili, soprattutto per quanto concerne il pubblico costituito da giovanissimi, molto spesso non controllati dai genitori durante la visione di questi telefilm, in cui, talvolta, immagini e terminologie legati alla sfera sessuale risultano essere fin troppo espliciti, privi dei necessari filtri.
Tutti pazzi per le serie TV, dunque, anche qui nel Salento? Andremo a verificarlo meglio.
( 1 – continua )