STORIA / IL FESTIVAL DI WOODSTOCK, 50 ANNI DOPO
(g.p.)______
Cominciate un anno fa, le celebrazioni, in questi mesi in dirittura d’arrivo, traguardo a ridosso di Ferragosto. Sarà, è già l’estate del cinquantenario. La Fiera della Musica e delle Arti di Woodstock fu l’estate del nostro scontento. E’ già Storia.
Fu il punto di arrivo della cultura hippie occidentale, dei suoi poeti e dei suoi scrittori, che espressero per primi il disagio di fronte alle degenerazioni del capitalismo, l’agio della ricerca, sia pur confusa, di una nuova dimensione spirituale.
“…Quella strada del passato si srotolava confusamente di fianco a noi come se la tazza della vita si fosse rovesciata e ogni cosa fosse impazzita…
…E nessuno, nessuno sa quel che succederà di nessun altro se non il desolato stillicidio del diventare vecchi…
– Dobbiamo andare e non fermarci mai finché non arriviamo.
– Per andare dove, amico?
– Non lo so, ma dobbiamo andare….
…E qual è la tua strada amico?
… la strada del santo, la strada del pazzo, la strada dell’arcobaleno, la strada dell’imbecille, qualsiasi strada…
“Voglio sposare una ragazza” dissi loro “in modo da poter riposare la mia anima insieme con lei finché entrambi non diventeremo vecchi. Non si può andare avanti continuamente… Tutta questa frenesia e questo saltar qua e là…Dobbiamo arrivare in qualche punto, trovare qualcosa”
– “Perché non lasci perdere? Per quale ragione devi rubare di continuo?”
– “Il mondo mi deve alcune cose, ecco tutto”
JACK KEROUAC, “On the road” (Cit.)
Tre giorni di pace e musica rock…Un’ acquisizione fondamentale per la condanna della guerra, delle guerre, dei mercanti di armi, di cui all’epoca, con l’impressionante escalation del conflitto nel Vietnam, quest’altra assurda carneficina di mote e devastazione, c’era tanto bisogno.
Una sottovalutazione colossale dell’uso e dell’abuso delle droghe, un esplicito incoraggiamento alla loro diffusione, foriera di autentici drammi personali e sociali negli anni a venire.
Prove tecniche di commercializzazione.
L’ultima rivendicazione dell’autonomia della musica dalla politica.
Accadde infatti che, mentre stavano suonando gli Who, come è noto fra i gruppi più importanti e già famosi, in una pausa dell’esibizione, uno dei leader della così detta sinistra radicale americana, tal Abbie Hoffman, salì sul palco e si impossessò del microfono, pretendendo di leggere un confuso “proclama rivoluzionario”. Allora Pete Townshend, come è noto esponente carismatico degli Who, cominciò a inveire contro Abbie Hoffman, gridandogli “Vaff..” ..”.Comunista di…” e robe simili, e poi lo prese a calci in culo, fino a cacciarlo via dal palco. Il tutto avvenne alla presenza di alcune centinaia di migliaia di spettatori, nessuno dei quali ebbe alcunché da ridire su quanto aveva appena visto accadere sotto i proprio occhi.
Una superba esibizione della forza creativa della musica pop. Per mezzo milione di persone, in tre giorni, irripetibile: fra gli altri, Richie Havans, Arlo Guthrie, Joan Baez, Janis Joplin, Carlo Santana, Grateful Dead, Joe Cocker, Crosby, Stills, Nash & Young…
Category: Cultura