CROMO OLTRE I LIMITI A SAN BASILIO

| 16 Gennaio 2019 | 6 Comments

(Rdl)______Importante comunicazione pochi minuti fa del Comitato No Tap. Ecco il testo completo diffuso sui social______

SONO STATI RESI PUBBLICI I DATI RELATIVI ALLE ANALISI CHIMICHE EFFETTUATE SUL CEMENTO UTILIZZATO NELLA COSTRUZIONE DEL POZZO DI SPINTA A SAN BASILIO.
Come molti ricorderanno, i lavori di costruzione del pozzo di spinta a San Basilio (l’unica struttura realmente ultimata in Italia da TAP) sono da mesi oggetto di contenzioso, che hanno portato, nello scorso dicembre, all’apertura di un’indagine con 16 indagati per vari titoli, tra i quali il disastro ambientale. Ad oggi si conoscevano soltanto i risultati delle analisi effettuate sui terreni e sulle acque di San Basilio.

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=935615833308746&id=608744595995873

Oggi, invece, sono stato resi noti i risultati sul cemento utilizzato per la creazione del pozzo di spinta.

Il dato più allarmante è che IL CROMO ESAVALENTE PARE ESSERE BEN OLTRE LA SOGLIA LIMITE! Il valore riscontrato è pari a 11,3 parti per milione, quando invece la soglia massima prevista dal D.M. 10 maggio 2004 è di 2 parti per milione!
Nel cemento può essere contenuta una certa quantità di cromo esavalente. Ormai in molti paesi il contenuto di cromo esavalente è regolamentato. Per esempio in Europa, secondo la normativa della comunità europea, non deve superare le 2 parti per milione.
La direttiva Europea 2003/53/CE, recepita in Italia attraverso il decreto ministeriale della salute D.M. 10 maggio 2004, proibisce la commercializzazione e l’impiego di cemento o di preparati contenenti cemento che, quando idrati, contengono più dello 0,0002% (2 ppm) di cromo idrosolubile esavalente, determinato come percentuale in massa sul cemento secco. Tale decreto previene alcune problematiche relative alla possibilità di dermatiti allergiche da contatto e rischi legati al fatto che il Cr VI è cancerogeno per l’uomo.

Avete capito bene: CANCEROGENO! Questo vuol dunque dire che l’inquinamento da cromo esavalente riscontrato nella falda è opera di TAP? Vuol dire che è stato utilizzato cemento contaminato? Vuol dire che le preoccupazioni di migliaia di cittadini sono diventate purtroppo una triste realtà, già nella fase iniziale di costruzione del gasdotto?
Ci si augura che si possa fare luce quanto prima su tutto questo, perché se qualcuno sta nuocendo alla salute della popolazione DEVE PAGARE, perché “se emergeranno irregolarità” qualcuno dovrà avere il CORAGGIO di fermare l’opera!

Category: Cronaca, Politica

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  1. redazione ha detto:

    L’ Ansa ha battuto questa mattina un lancio che cita la relazione di Arpa Puglia. Ecco o passaggi riportati:
    “Le analisi compiute da Arpa Puglia sui campioni di materiale cementizio del pozzo di spinta del cantiere Tap in località San Basilio evidenziano che non si evincono superamenti delle concentrazioni di soglia di contaminazione (CSC) per le acque sotterranee e per i terreni, sia degli strati superficiali che di quelli più profondi, per tutti i parametri analizzati”, compresi Arsenico, Manganese, Cromo totale, Cromo esavalente e Nichel.

    Il test di cessione sui campioni di materiale cementizio del pozzo di spinta ha consentito di rilevare la presenza di Cromo, totale ed esavalente, nello stabilizzato di cava dell’area conci e nel cemento utilizzato per il pozzo di spinta. Assumendo ai fini esclusivamente qualitativi, come termine di confronto i valori delle CSC definiti per le acque sotterranee, i valori riscontrati di Cromo esavalente risultano essere più elevati della CSC medesima”.

  2. redazione ha detto:

    Sessantasette associazioni hanno preparato una diffida legale a Tap a proseguire il lavori:
    ““Il valore riscontrato risulterebbe pari a 11,3 parti per milione, quando invece la soglia massima prevista dal D.M. 10 maggio 2004 è di 2 parti per milione, considerato che la Direttiva europea 2003/53/CE, recepita in Italia attraverso il decreto ministeriale della salute D.M. 10 maggio 2004, proibisce la commercializzazione e l’impiego di cemento o di preparati contenenti cemento che, quando idrati, contengono più dello 0,0002% (2 ppm) di cromo idrosolubile esavalente, determinato come percentuale in massa sul cemento secco…”.

    Pertanto la diffida a Tap a “sospendere il prosieguo delle attività nell’area del pozzo di spinta in località San Basilio; ad attendere l’esito dei procedimenti penali pendenti a suo carico per l’accertamento definitivo dei fatti e delle responsabilità connesse all’evento ambientale accertato; a garantire la leale cooperazione con le Istituzioni preposte a controlli e verifiche, a partire dalla Provincia di Lecce in occasione della convocazione di cui al prot. 1597/2019 dell’11 gennaio 2019, privilegiando la tutela prioritaria del diritto alla salute”.

  3. Comitato No Tap - tramite Facebook ha detto:

    Se agli operai o alle forze dell’ordine non interessa nulla del Cromo esavalente superiore alla norma nel pozzo di spinta, ci abbiamo pensato noi attivisti a munirci di ‘tute e mascherine’ per dimostrare che in quel cantiere è stato usato un elemento altamente cancerogeno.

    Ieri intanto, il comune di Melendugno ha ‘diffidato’ Tap dal proseguire i lavori a San Basilio, informando anche di conseguenza la Procura, per non peggiorare la situazione e oggi i lavori al momento sono fermi.

  4. Tap Italia - tramite mail ha detto:

    Con l’obiettivo primario di rassicurare la popolazione sull’assenza di pericoli per la salute  legati alle attività in corso, TAP ribadisce che, come riportato dettagliatamente nella relazione di Arpa Puglia del 29 dicembre 2018, non c’è alcuna contaminazione nelle acque sotterranee e nei terreni in prossimità del cantiere di San Basilio, sia negli strati superficiali che in quelli più profondi, per tutti i parametri analizzati, inclusi quelli individuati nel protocollo operativo (arsenico, manganese, cromo totale, cromo esavalente e nichel).
    Relativamente alla diffida a TAP da parte del Comune di Melendugno dal proseguire i lavori in località San Basilio, TAP sottolinea inoltre che, come comunicato dalla stessa Arpa Puglia, il rilascio di cromo esavalente da un campione di cemento carotato dal manufatto in opera è di 11.3 microgrammi/litro, ovvero mille volte inferiore al valore di 11.3 milligrammi/litro riportato dal Comune. Non esistono in ogni caso, sempre secondo quanto evidenziato dalla stessa Arpa Puglia, parametri con i quali confrontare i risultati di questo test, perché il campione analizzato non proviene da rifiuti, ai quali di norma il test è applicato, ma da materie prime. TAP garantisce che le materie prime da essa utilizzate sono regolarmente certificate e utilizzate soltanto per gli scopi a cui sono destinate.

    La sicurezza e la salvaguardia dell’ambiente costituiscono da sempre una priorità assoluta per TAP, che continua ad offrire la massima collaborazione e trasparenza alle autorità e agli Enti interessati nel corso delle indagini e ribadisce la piena fiducia nelle autorità inquirenti.

  5. Marco Potì - tramite mail ha detto:

    Come emerge dai risultati delle indagini di Arpa, il superamento delle soglie di contaminazione di cromo esavalente registratosi in falda (e, seppur con ritardo, comunicato dalla stessa multinazionale) non è dovuto a condizioni sito-specifiche (cioè alle caratteristiche naturali) dei terreni di quella zona del territorio comunale, ma alle attività di Tap.
    È stato accertato infatti che il cromo esavalente è contenuto nei materiali “portati” in cantiere da Tap, ossia lo stabilizzato di cava e il cemento, ed è dagli stessi rilasciato.
    Si ricorda che Arpa, nella relazione di dicembre scorso, la stessa menzionata da Tap nel suo comunicato, ha rilevato che lo stabilizzato di cava, presente in tutto il cantiere, rilascia cromo esavalente; in particolare, quello prelevato nell’area denominata “deposito conci”, sottoposto a test di cessione, ha rilasciato cromo esavalente in quantità pari a 22 µg/l.
    Ancora, dalla medesima relazione dell’Agenzia emerge che le acque intrappolate nel pozzo di spinta durante la sua realizzazione contenevano concentrazioni di cromo esavalente pari a ben 350 µg/l. I risultati del test di cessione effettuato da ARPA UMBRIA sul cemento del pozzo di spinta, poi, hanno evidenziato una capacità di rilascio di cromo esavalente in quantità pari a 11,3 µg/l.

    Allo stato, dunque, gli unici dati certi sono questi; al contrario, non vi è alcuna certezza che attualmente non vi siano superi delle soglie di contaminazione in falda, in quanto – come risulta dalla stessa relazione di ARPA – le ultime analisi effettuate dall’Agenzia sulla falda risalgono al 28 agosto 2018, in piena stagione estiva e soprattutto a cantiere fermo.
    Quanto ai limiti di legge con cui confrontare i citati risultati delle indagini di ARPA, Tap dichiara che non esistono parametri normativi per i risultati del test di cessione, perché il campione analizzato non proviene da rifiuti. Ma a questo punto vien da chiedersi perché Tap abbia fatto essa stessa queste indagini e questi test di cessione e perché abbia tentato di rassicurare tutti sul fatto che non esisterebbero problemi proprio affermando che i risultati dei suoi laboratori rivelano una capacità di rilascio di cromo esavalente al di sotto delle soglie di rilevabilità dello strumento, precisamente inferiore a 2 µg/l…
    La verità è però che, come ovvio e risaputo, i risultati del test di cessione vanno letti in relazione alla componente ambientale della cui contaminazione si discute e con cui l’agente contaminate viene a contatto: se quella componente ambientale è costituita dalle acque sotterranee di falda – come accade nella specie – non si possono che prendere in considerazione le soglie di contaminazione stabilite dalla legge per le acque sotterranee, cioè 5 µg/l.

    L’accertata presenza dei suddetti materiali contaminanti (stabilizzato di cava e cemento) nel cantiere di Tap rende pertanto evidente il rischio concreto che la prosecuzione delle lavorazioni di cantiere (ivi inclusi l’ingresso della talpa nel pozzo di spinta e le operazioni sullo stesso per lo scavo del microtunnel) possa nuovamente compromettere il suolo, il sottosuolo e la falda e pregiudicare la salute pubblica.
    Chiedo solo che prevalga il buonsenso e il rispetto della legge a cui nessuno può sottrarsi.

    Fanno sorridere le restanti dichiarazioni di Tap. Dopo aver comunicato con estremo ritardo la presenza di superi, dopo aver detto che le cause dei superi erano dovute ad altro e non ai propri materiali, dopo aver negato che quei materiali contengono e rilasciano cromo esavalente e aver dovuto prendere invece atto che è vero proprio il contrario, la multinazionale non ha altro argomento che attaccare la battitura di una “m” anziché di una mi greca (“µ”): errore evidentemente irrilevante visto che il riferimento di legge – così come il valore di 11,3 emerso dal test effettuato da ARPA UMBRIA e poi riportato dal Comune nella diffida – è espresso nella medesima unità di misura, ossia in µg/l.

    Le soglie di contaminazione per le acque sotterranee sono 5 µg/l, mentre le acque intrappolate nel pozzo di spinta durante la sua lavorazione (in assenza delle necessarie impermeabilizzazioni del cantiere, come pure accertato da ARPA) contenevano 350 µg/l di cromo esavalente, il cemento del pozzo di spinta rilascia 11,3 µg/l, lo stabilizzato di cava rilascia 22 µg/l.
    Queste sono le uniche certezze ed è a questo che Tap deve “rispondere”, cercando anche di spiegare come abbia potuto affermare che i suoi materiali rilasciano cromo VI in misura inferiori al limite di rilevabilità di 2 µg/l. Ma considerato il tenore delle dichiarazioni (come pure il rilievo dato a – macroscopici ed irrilevanti – errori di battitura) è evidente che la multinazionale non ha (seri) argomenti!

  6. Medici per L'Ambiente, ISDE Italia - tramite Facebook ha detto:

    Il rilascio di cromo esavalente da opere realizzate nel cantiere TAP impone la rapida adozione di misure finalizzate alla tutela di ambiente e salute.

    A seguito di superamenti delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) nelle acque sotterranee nel cantiere TAP, analisi effettuate da ARPA Umbria su campioni di materiale cementizio (calcestruzzo) prelevati da ARPA Puglia nel cantiere TAP in località San Basilio (Melendugno) hanno dimostrato con test di cessione rilascio di cromo esavalente (Cr(VI))
    sino a 11,3μg/L.
    Pur non esistendo limiti normativi di riferimento per il Cr(VI) per i campioni
    esaminati, ARPA osserva in un suo rapporto che i valori di concentrazione di cromo sono più alti dei valori delle CSC definiti per le acque sotterranee, utilizzati come termine di confronto.
    Secondo gli esiti analitici di ARPA, dunque, il cemento utilizzato nei cantieri TAP è in grado di rilasciare nell’ambiente Cr(VI), agente cancerogeno (gruppo 1 IARC) dotato anche di effetti tossici non cancerogeni per esposizioni croniche attraverso differenti vie (inalatoria, per ingestione, per contatto cutaneo). Questo configura l’esistenza di un rischio non trascurabile per la salubrità dell’ambiente e delle specie vegetali [1], per la tutela dei lavoratori impiegati nel cantiere TAP e per la tutela della salute pubblica.
    La concentrazione di Cr(VI) rilevata mediante le analisi ARPA potrebbe essere stata determinata in maniera inadeguata. La metodica utilizzata (UNI EN 12457-2) non è specifica per il cemento. È indicata come riferimento dalla legislazione che disciplina l’attività
    di recupero dei rifiuti non pericolosi ed è applicata a campioni di rifiuti granulari di dimensioni di 4mm.
    L’adattamento di questa metodica all’esame dei campioni di calcestruzzo
    prelevati nel cantiere TAP ha pertanto comportato che il test di cessione non sia stato eseguito su materiale nella condizione monolitica originale (quella prelevata) ed ha reso indispensabile ad ARPA la frantumazione del materiale per ridurlo a granulometria più fine, da sottoporre a prove di lisciviazione. Questo ha comportato inevitabilmente la formazione di
    quantità non trascurabili di frazioni di granulometria variabile, potenzialmente in grado di influenzare sensibilmente gli esiti analitici. La granulometria ”fine”, in particolare, non è valutabile mediante la UNI 12457-2, nella quale si afferma che “in nessun caso si deve
    macinare finemente il materiale”, perché “possono verificarsi importanti differenze nei risultati della prova di lisciviazione per un determinato materiale a seconda del procedimento di macinazione”.

    La lisciviazione del Cr(VI) da materiali cementizi può essere valutata attraverso metodi più specifici ed appropriati. Studi di comparazione tra le diverse tecniche disponibili hanno dimostrato che alcune di queste sottostimano fortemente la lisciviazione del Cr(VI), che
    questa è fortemente dipendente dalle condizioni ambientali (ad es. incremento della lisciviazione per contatto con acqua marina[2, 3]), che la lisciviazione è minima utilizzando acqua deionizzata (come nei test eseguiti da ARPA) in confronto ad altre soluzioni liscivianti (ad esempio Britton-Robinson Buffer, BRB, che simula un ambiente naturale), che la
    lisciviazione è fortemente dipendente dalla composizione del cemento[3].
    Associazione Medici Per l’Ambiente – ISDE Italia
    21 Gennaio 2019
    Test di lisciviazione con BRB hanno generato lisciviazione di concentrazioni di Cr(VI) da 1.05 a 14.3 volte più alte rispetto a test eseguiti con acqua deionizzata, dimostrando
    la inadeguatezza di questi ultimi per la valutazione della lisciviazione di Cr(VI) dal cemento in ambienti naturali [3]. Il cromo è altamente instabile[2, 4] soprattutto in ambienti naturali[2] e più di altri metalli tossici è soggetto a lisciviazione in maniera tempodipendente (9.6 mg/Kg di cemento in un arco temporale di 20 anni)[2].
    Ai fini di ridurre la lisciviazione del Cr(VI) dal cemento rispettando le normative EU, a questo materiale sono di solito addizionati agenti in grado di ridurre il Cr(VI) a Cr(III). Queste sostanze restano efficaci sino alla data di scadenza indicata sull’imballaggio delle materie prime e una perdita di efficacia (ad esempio in seguito a lunghi periodi di immagazzinamento
    prima dell’utilizzo) genera incremento della lisciviazione di Cr(VI)[3].
    Una quantità di Cr(VI) eccedente le concentrazioni concesse dalla normativa sarebbe in linea teorica possibile se nel processo di produzione del cemento fossero utilizzate ceneri da combustione inglobate nel prodotto finale. In tal caso potrebbe essere ipotizzabile una violazione del regolamento REACH, perché il cemento non sarebbe stato prodotto utilizzando sostanze presenti in natura ma avrebbe subito modificazioni chimiche in grado di
    alterarne il profilo tossicologico, di generare conseguenze ambientali e di incrementare il livello di rischio sanitario sia per esposizione professionale che per gli utilizzatori finali.
    In considerazione di quanto esposto e dell’elevata pericolosità ambientale e sanitaria del Cr(VI), sarebbe opportuno:
    – attuare tutte le misure possibili finalizzate sia a quantificare con precisione lo stato di contaminazione attuale, che a prevenire ulteriori contaminazioni delle matrici ambientali con Cr(VI) o altri metalli tossici per l’ambiente e la salute umana, se necessario verificando anche la presenza di eventuali profili di illiceità in quanto sino ad ora eseguito;
    – eseguire approfondimenti finalizzati a verificare la lisciviazione del Cr(VI) e di altri metalli tossici da opere già realizzate nel cantiere TAP, utilizzando tecnologie adeguate sia allo specifico materiale esaminato (materiale cementizio) che allo specifico contesto ambientale nel quale le opere sono collocate;
    – eseguire verifiche sul cemento utilizzato nell’ambito del cantiere TAP, finalizzate a identificarne la provenienza, a determinare lo stato di conservazione, il rispetto delle norme di immagazzinamento e utilizzo e la composizione chimica, con particolare riferimento al
    contenuto in metalli pesanti. Tali indagini potranno essere utili anche a verificare il rispetto del regolamento REACH per i materiali cementizi utilizzati per la realizzazione delle opere, a tutela della salubrità dell’ambiente, della salute dei lavoratori e della salute pubblica.
    Lecce, 21 Gennaio 2019
    Dr. Agostino Di Ciaula, Presidente Comitato Scientifico ISDE
    Dr. Sergio Mangia, ISDE Lecce
    Associazione Medici Per l’Ambiente – ISDE Italia
    21 Gennaio 2019
    Riferimenti bibliografici
    1 Shahid M, Shamshad S, Rafiq M, Khalid S, Bibi I, Niazi NK et al. Chromium speciation, bioavailability, uptake, toxicity and detoxification in soil-plant system: A review.
    Chemosphere 2017;178:513-33.
    2 Lu H, Wei F, Tang J and Giesy JP. Leaching of metals from cement under simulated environmental conditions. Journal of environmental management 2016;169:319-27.
    3 Estokova A, Palascakova L and Kanuchova M. Study on Cr(VI) Leaching from Cement and Cement Composites. International journal of environmental research and public health 2018;15.
    4 Aubert JE, Husson B and Sarramone N. Utilization of municipal solid waste incineration (MSWI) fly ash in blended cement Part 2. Mechanical strength of mortars and environmental impact. J.Hazard.Mater. 2007;146:12-9.

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