XYLELLA – MONOPOLI – SÌ AL PAESAGGIO, ALLA PRODUTTIVITÀ, ALLA SCIENZA. ERADICARE PER CREDERE

| 13 Gennaio 2019 | 2 Comments

di Eleonora Ciminiello_______Una manifestazione dal titolo “Sì Combatto Xylella – 3 Sì per il paesaggio, la produttività e la scienza” che si è svolta stamane, 13 gennaio 2019, a Monopoli necessita di una riflessione.

Ciò che si sa è che uno degli ispiratori della manifestazione è Fabiano Amati, consigliere regionale, e che vi partecipa il PD salentino e con ogni probabilità i gilet arancioni del basso Salento, ai quali si sono aggiunti il segretario regionale della Lega Nord, Andrea Caroppo, il capogruppo regionale e il coordinatore regionale di Direzione Italia, Ignazio Zullo e Francesco Ventola, oltre all’ex deputato di Forza Italia Rocco Palese . Si tratta di tutti coloro i quali, almeno sino ad oggi, hanno fatto proprio il verbo enunciato dai ricercatori baresi “gli ulivi disseccano a causa della xylella: unica soluzione eradicare la pianta infetta e quelle nel raggio di 100 metri”. Verbo, come dimostrano le personalità presenti, accolto dalla politica tutta.

Eradicare gli olivi, sostituirli con cultivar resistenti e depennare dalla Puglia la famigerata sputacchina, mediante l’uso indiscriminato e continuativo di fitofarmaci pericolosi per l’ambiente e l’uomo: questo l’obiettivo da raggiungere.

Il Sì, quindi, è a un nuovo paesaggio, una produttività che vede protagonista un sistema economico industrializzato, una scienza unidirezionale, ovvero una scienza che prende in considerazione solo chi condivide i suoi medesimi indirizzi. Chi sostiene che cure e convivenza con il batterio sono possibili, anzi indispensabili, mediante studi e ricerche accreditate, è oscurato, emarginato, zittito e deriso.

Questa è il quadro generale.

Ovviamente, nessuno dei presenti minimizzerà mai gli obiettivi proponendoli nei termini che vi abbiamo elencato: basta leggere le dichiarazioni rilasciate ad un quotidiano locale, dalla segreteria provinciale del PD nelle persone dell’ex deputato PD Federico Massa e della delegata all’agricoltura Anna Rita Picci, per comprendere quanto alti siano i valori che, invece, terranno banco.

“Plaudiamo all’iniziativa pro scienza e a salvaguardia del territorio e saremo presenti alla manifestazione a Monopoli per evitare che al resto della Puglia venga scippato il primato, per qualità e quantità, di olio d’oliva e si ripresenti il disastro avvenuto in Provincia di Lecce dove xylella, maghi del complotto, negazionisti e politici amanti del populismo di basso livello hanno contribuito a distruggere il sogno di produrre olii di altissimo pregio, che negli ultimi vent’anni era divenuto realtà”.

La novità è che questi signori si sentono vicini ad un’iniziativa pro scienza e soprattutto pro salvaguardia del territorio. Novità, sì, perché sino a ieri ci sembrava avessero gli occhi offuscati, incapaci di vedere i risultati ottenuti da tante ricerche scientifiche, vedi quella condotta dal batteriologo Scortichini o dal progetto SILECC, o ancora dal progetto Bicc, così come  incapaci di prefigurare altra via se non quella dell’eradicazione/innesto e della sostituzione degli ulivi con varietà resistenti (comunque ospiti del batterio).

Sostenere di essere pro salvaguardia e pro scienza, infatti, significa essere a favore della difesa del territorio e della sua conservazione, a favore di una ricerca scientifica aperta, collaborativa, inclusiva e partecipata. E questo di certo non è il caso.

Lo slogan scelto, più che come una convinzione, odora di propaganda, di uso manipolatorio delle parole, come una buona strategia di marketing adoperata da chi intende vendere la propria idea nel migliore dei modi.

Quello che intendiamo fare, ora, è solo un po’ di chiarezza, per far comprendere a chi ancora conosce poco la situazione chi sono i protagonisti e qual è il loro pensiero.

Il primo elemento da considerare è il batterio.

Sappiamo bene che i giornali e i media titolano: “La xylella avanza verso Bari” ma vorremmo porvi dinanzi ad una prima riflessione. Sino ad oggi nessuno ha mai eseguito un monitoraggio nel barese, quindi nessuno può sostenere con certezza che xylella non fosse già insediata da tempo nella piana di Bari. Secondo questo ragionamento, xylella è stata trovata nella piana di Bari solo perché, oggi e non prima, qualcuno ha eseguito il monitoraggio su alcune piante.  Partendo da questo assunto possiamo affermare che non è detto che xylella sia avanzata: poteva essere lì da tempo, da anni o decenni.

Chi sostiene che xylella avanza o non è in grado di eseguire il più semplice dei ragionamenti logici che la mente sia capace di produrre, oppure è in mala fede e possiede obiettivi “altri” rispetto alla salvaguardia del territorio e della produttività. Delle due una.

Questa brevissima considerazione ci spinge verso i tre grandi macro temi a cui a Monopoli si dice Sì oggi.

Paesaggio, produttività, scienza.

Chi non direbbe Sì alla conservazione di un paesaggio unico nel suo genere come quello pugliese, ad un’economia che non consente il ritorno del feudalesimo e a una scienza plurale, partecipata, collaborativa e volta a trovare le cause reali del Disseccamento degli Olivi e le soluzioni definitive? Io dico assolutamente Sì.

Ma quale paesaggio, quale produttività, quale scienza verranno promossi a Monopoli?

Le risposte sono presto dette e per comprenderle nel migliore dei modi evitando inutili confusioni, possiamo far parlare direttamente, i ricercatori dell’Università Aldo Moro di Bari, del CNR di Bari così come i politici salentini. La manifestazione di Monopoli è portavoce degli obiettivi auspicati da queste menti.

Il paesaggio del futuro pugliese, secondo un’intervista rilasciata da Donato Boscia, direttore dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR di Bari, è completamente diverso da quello di oggi. Boscia sostiene «Si può anche lasciare come museo 50 alberi e si dice “Questi sono i tronchi di quelli che erano gli alberi».

Secondo Boscia, quindi, la Puglia sarà puntellata da qualche museo alla memoria in cui conservare gli ulivi monumentali, il resto del territorio potrebbe essere coltivato con la « viticoltura che è immune a xylella» oppure «ci sono tutta una serie di coltivazioni orticole che possono essere promosse».

Secondo il parere del ricercatore, pertanto, dove viene evidenziata la presenza di xylella, c’è poco da fare, a parte eradicare e sostituire.

Sulla scia di Boscia ricordiamo anche le parole di Giulio Sparascio, allora presidente della Confederazione Italiana Agricoltori a Lecce, enunciate durante un convegno tenutosi all’Hilton Hotel di Lecce il 29 luglio 2016: «Non possiamo più come CIA – ha sostenuto Sparascio – fare analisi, oggi abbiamo delle certezze, e dobbiamo disegnare nuovi paesaggi. Saranno i giorni dello stare insieme». A Sparascio fa eco Marcello Seclì, Presidente Italia Nostra Sezione Sud Salento, il quale nello stesso convegno, parla di 9 milioni di piante infette e della necessità di «Individuare degli scenari, dei percorsi, pensando che il paesaggio di 10 anni fa non potrà tornare indietro».

Si continua a parlare di peste, di avanzata, di killer ma la percentuale di ulivi infetti si mantiene a poco più dell’1%: come si può parlare di epidemia con questi numeri? E per quale ragione, nel 2016 si gridava alla presenza di 9 milioni di piante infette dinanzi ad un pubblico di agricoltori spaventati del loro futuro? Forse per terrorizzarli? Forse per farli cadere nella rete del “Farò tutto ciò che dite pur di salvare il mio patrimonio?”

Ovviamente, ciò che si evince è che, secondo questi signori, il paesaggio non sarà salvaguardato nelle sue caratteristiche, ma a causa della patologia, sarà completamente ridisegnato: il paesaggio di 10 anni fa non potrà tornare indietro.

Quest’affermazione si lega al tema della produttività. Un assaggio del punto di vista dei sostenitori delle eradicazioni viene dal prof. Angelo Godini. Riprendiamo, per questa ragione, un vecchio articolo di leccecronaca.it, che è possibile leggere in versione integrale qui.

In un articolo del 2010 su “L’olivicoltura italiana tra valorizzazione e innovazione” Godini scrive:

“….visto che i diversi modelli italiani di olivicoltura tradizionale non sono ristrutturabili in modo tale da tornare ad essere competitivi, abbiamo di fronte tre scenari, che si armonizzano e completano a vicenda:
1. valorizzare l’esistente, attraverso l’applicazione del “Piano Olivicolo-Oleario”;
2. produrre olio extra vergine della migliore qualità possibile al più basso costo possibile;
3. decidere cosa fare della restante parte dell’olivicoltura nazionale, destinata ad irreversibile processo di marginalizzazione.
 …

Quanto al terzo scenario, la competenza chiama in causa le politiche nazionali e regionali d’indirizzo e mi rendo perfettamente conto che è anche il più difficile da affrontare e portare a soluzione. Per esso esistono due possibilità: quella di sottoporre a pacata e serena revisione le leggi del 1945, del 1951 e del 2004 di divieto di abbattimento e/o di tutela del paesaggio olivicolo, con conseguente assunzione di scelte anche dolorose oppure quella, che però ancora oggi mi rifiuto di prendere in considerazione e che posso chiamare “di decidere di ….non decidere”.

Per rendere il comparto agricolo più produttivo, quindi, Godini auspica già nel 2010, l’abolizione del divieto di abbattimento e tutela del paesaggio olivicolo, una richiesta che “grazie a xylella” si è potuta soddisfare.

Alla richiesta della scienza di un cambiamento radicale per consentire l’aumento della produttività olivicola, risponde la politica, nella persona di Paolo De Castro, coordinatore dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici alla Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo e, almeno fino al 2016, relatore permanente per il negoziato di libero scambio fra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, noto come TTIP. Per De Castro, l’affare del secolo è la terra.

Anche in questo caso riprendiamo parte di un articolo di leccecronaca.it, di cui è possibile leggere la versione integrale qui.

De Castro nel suo libro “Corsa alla terra: cibo e agricoltura nell’era della nuova scarsità” scrive: «Sono tanti quelli disposti a sborsare miliardi per garantirsi grandi superfici coltivabili, spesso solo nominalmente vergini, marginali o spopolate, e c’è chi è ben propenso a concederle.” Secondo l’europarlamentare, inoltre, il settore ricerca e agricoltura necessita di maggior protagonismo da parte delle strutture pubbliche, che dovrebbero portare avanti delle ricerche sugli OGM per motivi “etici”, evitando che i benefici ottenuti dai privati siano inaccessibili ai “poveri contadini”: è necessario produrre di più per consentire a tutti gli abitanti del globo di avere il cibo necessario alla sopravvivenza.

Ma la necessità di produrre di più non è la sola a farsi spazio in questa nuova “rivoluzione verde ingegnerizzata”: è necessario accaparrarsi la terra senza apparire degli speculatori.

Le terre del Salento, così come la maggior parte di quelle dell’intera Puglia, hanno una proprietà molto frammentata: esistono migliaia di piccoli proprietari che producono il loro olio per l’autoconsumo, tuttalpiù ne desinano una piccola percentuale alla vendita, della quale non si occupano, lasciandolo fare alla cooperativa di appartenenza.

Pensando ai proprietari terrieri non possono non balzarci alla mente i nostri nonni: il legame culturale che stringe questi uomini all’ulivo è talmente grande che in nessun caso hanno mai pensato di venderli, disfarsene, né tanto meno decidere di coltivare altro, nemmeno se più redditizio.

La terra è il sangue dei loro padri, dei loro nonni, dei loro avi: come convincerli a venderlo per pochi spicci? Una fortunata coincidenza quella della comparsa di xylella fastidiosa sul territorio salentino? Forse, di certo un evento che concorre ad aggiustare tanti “piani”.

Se il Disseccamento Rapido degli Ulivi fosse stato presentato dai media, dalle testate giornalistiche, dalla scienza, dai referenti delle associazioni di agricoltori, Coldiretti e Cia in testa, per ciò che è, un insieme di fattori che si sono innescati su terreni privi di materiale organico, gli agricoltori come avrebbero reagito? La risposta è immediata. Nutrendo il terreno, cercando le soluzioni possibili e facendo di tutto per riavere ciò che i propri avi hanno affidato loro.

Perché allora è stata presentata xylella, senza alcuna prova scientifica, come unica causa, come madre del disseccamento, come la “peste”, il “killer” degli ulivi? Forse per eliminare in ciascun piccolo proprietario terriero la speranza ed insieme la voglia di curarli?

Si apre anche in Salento quindi, la questione dell’accaparramento della terra, dell’acquisto di terre a bassissimo costo da parte di privati. L’alternativa? Costituire lobby che includono tante piccole e grandi aziende, spingere i piccoli agricoltori e le organizzazioni agricole a livello locale a partecipare dei processi innovativi, “aiutarli” ad apprezzare gli OGM e il superintensivo.

Oppure a vendere i loro terreni, disfarsene. Ovviamente. Il valore dei terreni agricoli in Salento è sceso quasi dell’80%: chi comprerà quei terreni, farà un’ottimo affare, come dire.

Giungiamo quindi al Sì degli organizzatori alla scienza.

La scienza è il punto focale di tutto l’impianto costruito in nome e per conto di xylella. Sebbene decantata, la scienza, nella sua accezione più puntuale, non è stata affatto rispettata. Il Sì non è rivolto alla scienza ma ad un gruppo di scienziati in linea con degli obiettivi da raggiungere.

Tale affermazione nasce da una costatazione oggettiva. Per studiare e risolvere la questione del Disseccamento Rapido degli Ulivi la scienza è stata da subito limitata, chiusa, circoscritta, controllata.

A farlo è lo stesso Decreto Martina del 19 giugno 2015, all’articolo 5:

“1.E’ fatto divieto a chiunque di detenere o movimentare materiale
vivo di Xylella fastidiosa o ogni materiale infetto da essa.

2. Il Servizio fitosanitario centrale autorizza la detenzione o il
trasferimento del materiale di cui al comma precedente in
applicazione del Titolo X del decreto legislativo 19 agosto 2005, n.
214.

3.Fatto salvo quanto previsto dai commi 1 e 2, le Istituzioni
scientifiche e gli altri soggetti che intendono avviare attivita’ di
indagini e sperimentazione sull’organismo specificato devono darne
preventivamente comunicazione al Servizio fitosanitario regionale
competente, per la trasmissione al comitato tecnico scientifico per
la valutazione, e devono tempestivamente comunicarne i risultati agli
stessi Servizi, prima di darne diffusione pubblica.”

Il comma 3 dell’articolo 5 del Decreto Martina, secondo il docente di Diritto Costituzionale presso l’UniSalento, Nicola Grasso, viola la libertà di ricerca, prevista dall’articolo 33 della Costituzione Italiana, che enuncia “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”.

Sostiene Grasso: «La ricerca scientifica non può, secondo le norme costituzionali, essere sottoposta né ad autorizzazione, né a nullaosta né a comunicazioni preventive. Non è possibile, che ci sia un soggetto che fa parte di una pubblica amministrazione  che deve dare un’autorizzazione a uno scienziato per consentirgli di compiere una ricerca o pubblicare i risultati ottenuti dalle sue sperimentazioni».

I limiti alla libertà di ricerca imposti nella vicenda xylella sono sempre stati così evidenti, che il primo ed unico grande Si all’apertura della ricerca si concretizza già nel 2014, come ricorda Giovanni Seclì, quando cittadini attivi, contadini e associazioni hanno chiesto chiarezza e verità in merito al Disseccamento. Qualche esempio? Siamo nel 2015, Governatore della Regione Puglia è Niki Vendola che accoglie, assieme al Generale Giuseppe Silletti, al Direttore di area all’assessorato all’Agricoltura Gabriele Papa Pagliardini, a Fabrizio Nardoni allora Assessore all’Agricoltura, il presidente dell’associazione Spazi Popolari Ivano Gioffreda, l’agronomo Giuseppe Vergari, il presidente Terzo Settore Lecce, all’epoca presidente del CSV Salento, Luigi Russo e il Coordinatore del Forum Ambiente e Salute, Giovanni Seclì.

Al tavolo, come riporta Ivano Gioffreda, viene richiesta, ad un Vendola nervoso e armato di sigaretta, l’apertura a 360 della ricerca scientifica, apertura che doveva coinvolgere  tutti gli attori scientifici nazionali ed internazionali, capaci di indagare sul Disseccamento, individuare con certezza le cause della patologia e proporre delle soluzioni. In particolare, Gioffreda chiese all’epoca di «trasformare il Salento in un laboratorio di patologia vegetale a cielo aperto, dal quale studiosi e ricercatori potessero attingere informazioni utili a fornire risposte, con l’unico obiettivo di salvare il patrimonio olivicolo pugliese».

Possibilità questa, più e più volte negata. Il Sì nei confronti della scienza, da parte di coloro che hanno partecipato alla manifestazione di Monopoli è mendace: sostiene chi da sempre ha avuto una sorta di monopolio sulla questione. All’Osservatorio Fitosanitario, infatti, dovevano essere indirizzate le richieste di autorizzazione alla ricerca e dovevano essere presentati, prima della pubblicazione, gli eventuali risultati. Inoltre, altro punto spinoso è che nessun campione poteva essere movimentato: un ricercatore di una qualsiasi università italiana, quindi, non poteva prelevare un campione di olivo per farlo analizzare all’interno dei laboratori della sua università, né tanto meno di laboratori diversi da quelli dell’Istituto Basile Caramia, laboratorio privato, controllato e gestito da personalità legate agli stessi ricercatori all’opera presso l’Università di Bari e l’ISPS – CNR.

Tale violazione della libertà di ricerca si è perpetrata per anni e, per certi versi, continua a imperversare. Nessuno può tuttora scegliere di far analizzare campioni di olivo per ottenere un risultato comparativo, in un laboratorio diverso da quello previsto dalla legge: è illegale.

Questo Sì alla scienza, da chi fino ad ora ha monopolizzato la ricerca, monopolizzato le analisi di laboratorio, monopolizzato i media, utilizzandoli per distorcere alcune importanti verità, sembra più un’azione di marketing studiata a tavolino, che una presa di coscienza. Gli attacchi continuativi verso coloro che stanno seguendo ricerche sperimentali sugli olivi e stanno ottenendo ottimi risultati lo dimostrano: hanno paura di non riuscire a completare quella “ristrutturazione economica e ambientale” perseguita in questi anni.

Un paesaggio da ridisegnare, una produttività latifondista e una scienza a senso unico: questo sarebbe stato un titolo onesto. L’onestà, almeno quella intellettuale, non è qualità diffusa: in questi anni ne abbiamo avuto le prove.

Alla domanda all’agronomo Giuseppe Vergari su cosa sia mancato in questi anni risponde: «La collaborazione fra politica, scienza e attori sociali, quindi i contadini. Ciascuna di queste categorie ha agito come fosse in un settore stagno. Con ogni probabilità, ciascuna di queste categorie ha pensato di agire per il meglio, ma è evidente che qualcosa non ha funzionato.»

A nostro avviso è mancato qualcosa che va oltre la collaborazione: è mancata la volontà di voler percorrere la strada della salvaguardia, preferendo puntare verso quella che aveva come unico obiettivo la trasformazione completa dell’economia, del paesaggio e dell’identità pugliese. La xylella è stato un buon cavallo di Troia.

Oggi si è manifestato contro i negazionisti della Scienza: la mia domanda è “Chi ha negato la Scienza e chi l’ha auspicata? Chi è il negazionista, l’oscurantista, chi è che ha zittito sperimentazioni incoraggianti a favore del mantra Eradicare per Credere?”

Risponde Luigi Russo: «Sono entrato in questa vicenda da giornalista e ciò che mi ha colpito è la riduzione della verità. Ciò che ho notato è che la scienza si è trasformata in uno strumento utile a coprire altri tipi di interessi, che pure potrebbero essere legittimi. Da cittadino attivo, non da esperto, ho cercato, mediante l’informazione di far emergere, assieme ad altri, alcune verità. Ciò che pare obiettivo è che in questa vicenda non c’è una scienza che scopre ma una lobby che stabilisce ciò che la scienza deve dire».

 

 

Category: Costume e società, Cronaca, Politica

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Comments (2)

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  1. Stefano semeraro ha detto:

    ok

  2. Abele Lomascolo ha detto:

    In quanto alla svalutazione dei terreni abbiamo un precedente nel Salento, a causa del vino al metanolo i piccoli proprietari furono messi in ginocchio e all’epoca ci furono contributi per eradicare i vigneti e contributi per fare nuove cantine. Il risultato sono arrivati i grandi del vino a comprare centinaia di ettari di terreno e destinarli a vigneti

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