TEATRO / ANTON CECHOV MESSO IN SCENA AD OSTUNI DA MICAELA SAPIENZA. L’ ATTRICE E REGISTA SI CONFIDA CON leccecronaca.it PARLANDO DELLA SUA ISPIRAZIONE. IL NOSTRO CRITICO NE RIMANE INCANTATO: QUESTO ‘Il giardino dei ciliegi’ E’ UNA MERAVIGLIA
di Eugenio Limburgo______
Spettacolo finale di laboratorio. Vabbè, uno pensa, andiamo e vediamo cosa succede.
Poi, si ritrova dentro un’atmosfera incantevole e poetica. E’ il bello della vita.
Lo spettacolo è “Il giardino dei ciliegi” da Anton Cechov, diretto da Micaela Sapienza (nelle prime foto, le altre sulla scena sono di Emilio Rossano), andato in scena l’otto e nove agosto all’Aia di Carlo Formigoni in agro di Ostuni (della sua Aia abbiamo raccontato nell’articolo del 27 luglio scorso, recensendo “Narciso” da Ovidio).
Micaela Sapienza è attrice e danzatrice di lunga e diversificata esperienza, coreografa, regista e formatrice. Divide la vita e il lavoro fra Milano, dove è nata e il Salento. Dal 2001 collabora con la compagnia “Armamaxa Teatro” di Ceglie Messapica.
Micaela è partita per questo progetto con un gruppo di attori professionisti e non, riuscendo con la tecnica e la passione a creare un amalgama compatto ma con forti personalità.
Nella piacevole conversazione che ci ha concesso, ci ha detto che sceglie i testi da rappresentare a seconda del momento della sua vita. Poi si chiede: che cosa voglio raccontare di questa storia? E sceglie un punto di vista fra i molteplici di un testo come “Il giardino dei ciliegi”, L’opera forse più universale e senza tempo di Cechov. E, anche, dare al pubblico la possibilità di mettere il suo, di vissuto, nella visione della narrazione.
Gli interpreti hanno tenuto la scena in un crescendo di tensione narrativa che ha tenuto avvinto il folto pubblico alla visione. In una indimenticabile notte stellata, Cechov era lì a mostrarci la Vita, il Passato, il Futuro, le cose che cambiano ma, in fondo, restano uguali; che ci dice di non disperare, di adeguarci ai cambiamenti, ma di non rinunciare, comunque, a noi stessi.
Di Micaela Sapienza si coglie subito l’Amore.
Per il suo lavoro e per questo lavoro, per questa Terra salentina e, non ultimo, per il pubblico, il faro finale di un artista. Se il pubblico non capisce, ci confida, la colpa è dell’artista che non si è fatto capire. Il pubblico, quindi, “ha sempre ragione”. Se io pensassi, continua, che siamo venuti qui a dimostrare qualcosa, sbaglierei; il mio approccio è: abbiamo fatto questo e ve lo proponiamo.
Si apprezza inoltre in questo “Giardino” la fedeltà al testo e alle atmosfere originali, sebbene caratterizzato da una forte cifra personale; lo spaziare fra diversi significati dell’opera e l’accessibilità di senso che è, appunto, una delle maggiori preoccupazioni della regista.
Quest’ opera rappresenta la sintesi della visione di Cechov del mondo e della vita. Anton “non accetta etichette, vuole essere solo libero di essere un artista; non sopporta la menzogna e la costrizione, in ogni forma…Il fariseismo, la stupidità, l’ingiustizia non regnano solo nelle case dei mercanti e nelle prigioni, li vedi negli ambienti delle scienze e delle lettere, tra i giovani”.
Per Cechov, lo scrittore deve dare un quadro obiettivo, il più possibile, della realtà, del personaggio, della vicenda presa in esame; prediche, messaggi, prospettive lontane, non fanno parte del suo mestiere. Quindi, nessuna missione pedagogica o moralizzatrice (sono affari dei maestri e dei preti), ma solo mostrare gli uomini e le cose come sono. Se le persone, mostrandoglielo, si rendono conto di come vivono male, inventeranno sicuramente una vita diversa e migliore.
Anton è un nostalgico della tradizione, o fautore del cambiamento, della riscossa degli oppressi?
E’ semplicemente un uomo di fine Ottocento in una Russia arretrata e misera, ma ha fiducia nelle novità della scienza (il vapore), e spera che possano migliorare le condizioni di vita degli uomini. Una vena di pessimismo pervade comunque il lavoro di Cechov. La realtà è dura, inflessibile, piega gli uomini con la sua forza. L’Uomo è solo nella sua disperazione.
“Il Giardino dei ciliegi” è il suo ultimo lavoro teatrale. Ormai è l’alba del nuovo secolo. E’ un grande successo. Forse l’unica opera con un anelito alla salvezza. Speranza nei giovani che si amano e che vedono nella distruzione del giardino, non la fine, ma l’inizio di una nuova vita.
Vuole forse dirci, il caro Anton Pavlovic, di darci da fare a rimediare, prima dell’irreparabile? Adeguarsi al cambiamento o schiantarsi contro i mulini a vento?
La messa in scena di Micaela Sapienza rende bene tutto questo. Anche gli inserti coreografici giocosi e musicali contemporanei danno brio all’insieme, coralità al gruppo.
Queste nostre impressioni da spettatori sono state poi confermate dal vivo apprezzamento di un Maestro del Teatro come Carlo Formigoni, ospite della serata e che auspicava, insieme a tutti noi, che questa Prova non si perda nei labirinti della vita e che si possa ancora godere di questa poesia nella prossima stagione (o magari anche prima).
Ci piace citare i bravissimi attori e mi perdoneranno se non conosco il grado di esperienza teatrale di ognuno. Sono: Dario Lacitignola (attore e regista), Grazia Anastasia, Antonella Annicchiarico, Teresa Annicchiarico, Selena Covello, Antonio D’Andria, Onofrio Fortunato, Carla Orlandini, Annarita Santomanco, Maria Semeraro. Grazie a tutti e arrivederci.______
LA DOCUMENTAZIONE
Colgo l’occasione per ricordare agli appassionati, attuali e futuri, del Teatro di Carlo Formigoni, le prossime date: 11 e 12 agosto “Il marito di Elena” di Philip Moeller, regia di Carlo Formigoni-Teatro dell’Altopiano; sabato 18 agosto “A casa” di Donatella Caprioglio, regia di Carlo Formigoni-Teatro dell’Altopiano; domenica 19 agosto (ore 18.00) “La Bella e il Drago” regia di Carlo Formigoni-Teatro dell’Altopiano; e…sorpresa, da mercoledì 22 a domenica 26 agosto “Narciso” di Ovidio (al chiaro di Luna) regia di Carlo Formigoni e Dario Lacitignola-Teatro dell’Altopiano…Non perdetelo!______
LA RICERCA nel nostro articolo del 27 luglio scorso
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