ECCO S’AVANZA UNO STRANO ‘PICCIOTTO’. SVIZZERO. IL BANCHIERE GINEVRINO HA MESSO UNA MANO SUL CUORE, DIVENTATO GIALLOROSSO, E UNA AL PORTAFOGLIO, ALLA CONQUISTA DEL LECCE. MA PURE DI LECCE
(g.p.)______Con una nota stampa diffusa oggi, l’ U.S. Lecce comunica che “il signor Renè De Picciotto ha incrementato la sua partecipazione nel club giallorosso, portandola al 30%. Ciò è stato possibile attraverso una condivisa e consensuale diluizione delle quote da parte di alcuni soci. Non ci saranno modifiche nei ruoli di vertice del club e nel consiglio di amministrazione”.
Fin qui il comunicato della società.
Entrato con poco, insomma, ora Renè De Picciotto (nella foto) si fa largo e sembra voler contare sempre di più nel Lecce di Saverio Sticchi Damiani. E a Lecce. Con soldi cash.
Ma chi è Renè De Picciotto, sconosciuto ai più dei Leccesi?
E’ un ex banchiere, di una banca privata di famiglia, nato a Il Cairo, di nazionalità svizzera, di 74 anni, poi messosi in proprio negli affari, sviluppando vari investimenti intrnazionali che spaziano dal turismo alla sanità, dagli immobili agli aereoporti.
Sono suoi, a vario titolo, con varie quote, tanto per fare qualche esempio, un enorme centro commerciale a San Pietroburgo, gli alberghi della catena Holiday Inn e le cliniche private di Ginevra.
E che ci fa Renè De Picciotto a Lecce?
Il suo primo amore fu agli inizi del nuovo millennio la zona del Brindisino. Ci venne in vacanza e si comprò un residence vicino Savelletri.
L’ amore poi dai luoghi passò ad una donna della zona, sposata e separata, in un rapporto di cui si occuparono negli anni scorsi le Novelle Tremila dei poveri, anzi, nella fattispecie dei richi.
Un rapposrto consolidatosi, a tal punto da richiamarlo qui più o meno stabilmente.
E’ dell’ anno scorso invece il suo primo interesse per il calcio, per il calcio salentino, e dunque per il Lecce, che, con la promozione in serie B, dunque nel calcio che conta, ha preso inevitabilmente nuovo vigore.
Non solo per il calcio, a dirla tutta. Il Picciotto svizzero ha messo gli occhi sul palazzo dell’ex Banco di Napoli, nel cuore del centro storico, il grandissimo edificio Novecentesco di fronte al Politeama, da tempo chiuso, per cui ha avviato le trattative per l’ acquisto.
Quando l’ avrà comprato, però sarà ancora a niente. Intende farne – e dagli – un residence turistico di lusso.
Ma per fare una roba del genere, bisognerà cambiare la destinazione d’ uso.
Occorrono i permessi. I prmessi che rilascia il Comune. L’ amministrazione comunale, i politici, a dirla tutta.
Appare così più chiaro ora tutto questo amore.
Il primo concepimento d’amore, l’ idea, presentata come “un regalo”, per fare un nuovo stadio, quelli piccoli e confortevoli di proprietà diretta della società, il modello degli ultimi anni in Europa, specie Inghilterra e Germania, estesosi poi in Italia, a Torino, Udine e a Sassuolo.
E probabilmente a Roma, vicende giudiziarie degli ultimi giorni permettendo.
Il primo a lanciare l’ idea di un nuovo stadio di calcio a Lecce fu un anno emezzo fa il candidato del centro – destra a sindaco Mauro Giliberti. La cosa però finì là, appariva più una trovata propagandistica, del resto legittima in campagna elettorale, che un’ ipotesi concreta. C’è però da aggiungere doverosamente che era una proposta di grande dignità, perché Giliberti avrebbe voluto farlo su terreni pubblici, e con un finanziamento pubblico, del Ministero del Tesoro, attraverso la Società di Gestione del Fondo Italiano di Investimento, partecipata dal Dipartimento del Tesoro.
Tutte cose di cui adesso, un anno e mezzo dopo, nella proposta di De Picciotto non c’è più traccia alcuna. C’è però l’ apprezamento operativo del vice sindaco Alessandro Delli Noci, che adesso ha preso a cuore l’ idea svizzera.
Che se ne fa Lecce di uno stadio nuovo, pure più piccolo, al posto del via del Mare, che, intanto, bisogna ristrutturare urgentemente prima dell’ avvio del torneo cadetto, cioè subito?
Non è chiaro.
Però nei salotti bene della città che conta se ne sussurra a tre quarti di voce da alcuni mesi.
Certo – absit iniuria verbis – Carlo Salvemini non è Virginia Raggi.
Ma chi saranno i nostri Luca Parnasi e Luca Lanzalone?
Calcio, politica e potere economico….mah….
Era meglio il calcio di altri tempi…no al calcio moderno!