MINI BIOGRAFIA NON AUTORIZZATA DI VINCENZO SPADAFORA, IL SOTTOSEGRETARIO ALLE PARI OPPORTUNITA’. PARI OPPORTUNITA’ NEGLI AFFARI POLITICI. SEMPRE, PER TUTTI, E ORA AL FIANCO DI LUIGI DI MAIO
di Giuseppe Puppo______
Dovevano farlo ministro, ma sarebbe stato troppo, a primo colpo, per varie ragioni di considerazioni nel ‘politico’ e di sensibilità nel ‘personale’.
Cacciato dal governo dalla porta, c’è ritornato subito, ieri, dalla finestra di sottegretario alle pari opportunità, una roba leggera leggera, di immagine, di facciata, in un esecutivo maschilista, che dà comunque prestigio e permette nell’ ombra di continuare a tessere reti, relazioni e appoggi, dal, nel e per il ‘cerchio magico’ di Luigi Di Maio.
Solo all’ apparenza, invece, il suo incarico sarà di occuparsi di donne e minori, oltre a fare da contraltare gay friendly al ministro leghista Carlo Fontana, in condirazione delle passate dichiarazioni a favore delle adozioni.
Se c’è una figura emblematica di cosa sia diventato in pochi mesi il Movimento che fu, dell’ uno vale uno, della militanza, dell’ attivismo, della coscienza dei cittadini, della lotta alla casta, dell’ avversione alle lobby, della trasparenza, trasformatosi nel partito totalitario e segreto del nuovo capo politico, certo questa è la sua.
Vincenzo Spadafora nasce ad Afragola il 12 marzo 1974. Siamo nell’ hinterland napoletano, Pomigliano d’ Arco è a dieci chilometri.
Fa il chirichetto, voleva farsi prete. Ma in seminario rimane poco.
Scopre un’ altra vocazione laica, per la politica.
Comincia la propria carriera sotto l’ egida del potentissimo boss Clemente Mastella. A 24 anni è segretario particolare del presidente della Regione Campania Andrea Losco, già sindaco di Cardito, dove egli aveva fatto il liceo, senza poi mai andare all’ Università.
Trasferitosi in pianta stabile a Roma, continua con i Verdi, all’ epoca protagonisti importanti dei governi di centro – sinistra. Fa parte della segreteria di Alfonso Pecoraro Scanio. Poi diventa capo della segreteria di Francesco Rutelli al ministero dei Beni culturali nel 2006.
Ha l’ incarico di dar vita a un movimento giovanile della Margherita, ma il progetto è un flop.
Però gli serve per acquisire credito e benemenze tali, da essere nominato nel 2008 presidente del Comitato Italiano per l’UNICEF, l’ organizzazione delle Nazioni Unite per l’Infanzia.
Viaggia molto all’ estero, stabilisce relazioni a più alti livelli.
Da presidente Unicef, nel 2009, tesse le lodi di Laura Boldrini: “La coerenza mostrata nei mesi scorsi da Laura Boldrini nel condannare i respingimenti degli immigrati nel Mediterraneo rappresenta per noi un modello cui trarre ispirazione e proseguire sulla strada maestra della tutela dei diritti dei più deboli, in particolar modo dei minori non accompagnati, oltre ad uno stimolo a difendere sempre e dovunque i diritti all’uguaglianza di tutti gli uomini laddove questi vengano messi a repentaglio o totalmente disconosciuti”.
Scivola, ma rimanendo in piedi e senza alcuna conseguenza, sui un paio di assumzioni eccellenti, di favore, fatte in quel periodo, anche se verranno conosciute solo in seguito, con quache imbarazzo.
Diventa garante per l’ infanzia, nel 2011, scelto su indicazione dei presidenti di Camera e Senato Fini e Schifani del Pdl berlusconiano.
Di smodate ambizioni, pensa già al dopo, a quando potrà candidarsi.
Nel 2010 era stato alla guida delle Terme di Agnano, omaggio primario per il disinvolto cambio di casacca fatto poco prima a favore del centro – destra, marina la campana mara Carfagna, poi concretizzato meglio con la nomina nazionale, come detto, a Garante per l’ Infanzia.
Troppo bravo, in questo trasformismo quale regola di vita e quale mezzo di gestione di affari e politica, nei confronti del quale quello stocio ottocentesco appare roba da dilettanti.
Lui, un professionista.
Con amici e contatti importanti, a cominciare da Luca Cordero di Montezemolo, per il quale pensa per un attimo di collaborare nella nascente Italia Futura.
O Matteo Renzi, per il quale organizza nel 2011 una specie di Leopolda ante litteram con i ‘volontari’ dell’ Unicef.
Ma ha già adocchiato, o gli hanno fatto adocchiare? Non si sa, questo! Luigi Di Maio. Fatto sta che nel 2013, podo dopo le lezioni politiche, comincia a ripetere ai suoi e ai suoi influencer: “Io devo diventare l’anti-Renzi”, poi ‘ripiega’ invece a fare il Gianni Letta dei poveri per l’ emergente leader dei Cinque Stelle.
L’ incontro fra i due non è databile con sicurezza, di certo è un colpo di fulmine: “Personaggio interessante, sembra me”, commento a caldo con i suoi amici.
Nel 2016, finito l’ incrico all’authority, entra a far parte dello staff di Luigi Di Maio, di cui diventa responsabile delle relazioni istituzionali.
Il sogno adesso è di fare il Gianni Letta vero, dei ricchi e potenti, quale e pure più quanto fu e fece l’ originale per Silvio Berlusconi.
Così Vincenzo Spadafora diventa l’uomo ombra di Luigi Di Maio: lo accompagna nelle Università americane; lo porta a Londra per un pranzo con i vertici della commissione Trilateral dell’ alta finanza internazionale; gli organizza altro viaggio strategico in Israele; un pranzo a Milano con i vertici dell’ Ispi, la succursale italiana, il cui direttore, Paolo Magri, è pure segretario del gruppo italiano della Trilateral. e, infine, gli apre il Portone di Bronzo e lo presenta a chi conta in Vaticano, nel quale egli già si muoveva a suo agio, soprattutto con il cardinale Crecenzio Sepe.
Da questo momento Luigi Di Maio, non fa un passo senza di lui, che gli ha fatto pure prendere casa di fronte al Colosseo.
Dopo aver avuto le mani in pasta nel M5S per le nomine negli enti locali, per la scelta delle candidature elettorali e per le ultime strategie governative, molte altre pizze usciranno da questo forno. La sua preferita, è la quattro stagioni. E’ stato sempre all’opera, non si è mai fatto mancare niente.
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