LECCE VISTA DAGLI SCRITTORI CONTEMPORANEI / 8 – LA QUINTESSENZA DELLA ‘LECCESITA’ DI RAFFAELE PROTOPAPA
di Raffaele Polo______
Attraversando completamente il Novecento (è nato nel 1907 e viene a mancare nel 1995) Raffaele Protopapa ‘inventa’ il teatro salentino. Anzi, il teatro prettamente leccese, visto che la sua è una formazione squisitamente cittadina, rispecchiando anche nella persone e nel suo pacato senso dell’ironia e della comicità, lo spirito ‘rusciaro’ più tradizionale.
Attraverso i suoi personaggi (la famiglia Cannetta, ma anche Salvatore lu rapinatore e le pettegole de ‘Le invitate’ ovvero gli avvinazzati de ‘La pizza margherita’, nonché ‘Filuppu e panaru’) scorre, come in un film, il compendio sapido di quella ineguagliabile arguzia popolare che rappresenta, da sola, la quintessenza della ‘leccesità’.
Protopapa sa inserire queste vere e proprie maschere (con caratteri e intercalari perpetuati da commedia a commedia) in un contesto che unisce due topoi evidenti e caratterizzanti: anzitutto la scenografia, costituita dall’interno della tipica casa leccese che, povera o ricca che sia, non può fare a meno di tutti gli orpelli e gli orribili quadri che caratterizzavano le abitazioni dei bravi leccesi negli anni Quaranta-Cinquanta prima e poi, con qualche aggiustamento, fino alla fine del secolo.
C’è il divano in primo piano, l’etager, il tavolo della cucina con la tovaglia a quadri bianca e rossa, c’è il telefono sulla consolle, c’è la pendola che è perennemente ferma…
E poi, c’è la vicenda, che si dipana nei tre atti (ancora resiste la scansione dei tre momenti, solo di recente si è optato per i ‘due tempi brillanti’ rendendo il lavoro più agile e le scenografie meno complicate). La storia è sempre semplice, si intravede da subito l’esito finale, è come le indagini di Topolino, con la definizione esplicita di ruoli e caratteristiche dei personaggi, a partire dai nomi.
E poi c’è la magia di quel dialetto spontaneo, avvincente, che coinvolge e serve a declinare umori, sentimenti, stati d’animo. Basta una frase, un motto, una esclamazione e siamo immersi nel linguaggio familiare che era dei nonni, degli amici anziani, di chi narrava ‘culacchi’ che servivano solo a far passare il tempo, ma riuscivano ad essere divertenti e sempre affascinanti…
Don Raffaele riesce a ricreare questa atmosfera, a riportarla sulla scena e, a distanza di anni, completamente mutate situazioni e aspirazioni, ad essere sempre attuale e moderno.
Ci accorgiamo di come sia passato il tempo solo perché i personaggi parlano di lire e ignorano l’euro oppure perché in scena si usa ancora il tradizionale telefono. Ma, per il resto, tutto è rilucente e muove ad un riso spontaneo, sincero, con la immediatezza di don Ciccillo Menamè (nella commedia ‘Lu Senatore’) che costruisce rime incensative a pagamento, con indubbia fantasia:
D.Cicc.-Quandu ‘ai allu Sena-tu/ camenandu fessià-tu/ statte ‘ttentu, Cenzi Pa-ti/ cu nu’ scrofuli, ca ca-ti
Pati-Cacati?
D.Cicc. -None !! CCe cacati?!Ca cati. È ccussì bella la rima: c acati, Cenzi Pati… Nu’ tte piace?
Oppure:
D.Cicc. -Beddhu è puru dhu mustaz-zu/ su dha facce tua te…cane
Pati – E lla rima?
D.Cicc. – Se l’ha fu….Se l’ha mangiata lu cane.
Battute che ricordiamo da sempre, e ci fanno ridere ancora. Grazie allo spirito semplice, genuino, signorile di Raffaele Protopapa, il papà del teatro dialettale leccese…
8 – Continua______
LA RICERCA nei nostri precedenti articoli della rassegna (stanno nel nostro archivio, accessibile dalla home page, digitando anche semplicemente nome e cognome che interessa nel riquadro ‘CERCA’ a destra sotto la testata)
1 – ERNESTO ALVINO, 13 aprile
2 – ENRICO BOZZI, 20 aprile
3 – RINA DURANTE, 27 aprile
4 – SALVATORE BRUNO, 4 maggio
5 – CLAUDIA RUGGERI, 11 maggio
6 – ANTONIO VERRI, 18 maggio
7 – SALVATORE TOMA, 25 maggio
Category: Cultura