LECCE VISTA DAGLI SCRITTORI CONTEMPORANEI / 2 – LA ‘malinconica allegrezza’ DI ENRICO BOZZI
di Raffaele Polo______
Una morte inconsueta e dolorosa quella di Enrico Bozzi. Come già avvenuto a Barcellona a Gaudì otto anni prima, il Conte di Luna, finisce sotto il tram, a Milano, nel 1934.
Terribile incidente, ma abbastanza usuale nella metropoli lombarda, soprattutto per chi, approdato da altre realtà dove i mezzi pubblici latitano o sono rarissimi, rimane confuso e sbalordito per lo sferragliare continuo e l’alternarsi dei mezzi che scorrono velocemente sui pericolosi binari.
Bozzi era a Milano, perseguitato dalla cronica povertà e dalla ricerca di possibilità editoriali e lavorative, nonostante la non più tenera età. È anziano, ha perso quella ironica verve tutta salentina che ha espresso così bene nella sua raccolta ‘Poesie in dialetto leccese…ed in pulito’ che la Editrice salentina di Galatina pubblica nel 1922, quasi a voler concentrare il meglio della produzione del poeta leccese (ma nato a Taranto che, sino al 1923 era in provincia di Lecce…)
In realtà, il ‘Conte di luna’ non può considerarsi propriamente un poeta ‘contemporaneo’: ma la sua ‘leccesità’ è veramente unica, permeata di quelle caratteristiche che non possono mancare nei salentini veraci: anzitutto ha un caratterino bizzoso e orgogliosissimo, non è disponibile a cedere a nessun compromesso e, soprattutto, non accetta imposizioni o correzioni. È cosciente di avere una dote che altri non hanno e che gli consente di satireggiare su qualsiasi argomento: riesce a pensare in versi dialettali. Pare impossibile, ma rime ed endecasillabi sgorgano fluentemente e spontaneamente dalla sua mente, trasformandosi nelle migliaia di poesie e componimenti che egli meticolosamente trascrive .
E, anzi, deve trattenersi. Perché la vita è difficile, i mezzi sono pochi e le difficoltà sono sempre in crescendo. Pure la fame, in agguato continuo, viene esorcizzata con l’amara ironia di chi, non potendo realizzare un proprio desiderio, ne sublima i contenuti e crea quell’indiscusso capolavoro che è ‘Lu megghiu piattu’.
E Lecce, la città che meglio sa ispirarlo, è sempre presente, con le sue minute caratteristiche, nei suoi bozzetti poetici, sovente in un dialetto frammischiato a quell’italiano approssimativo e certamente comico che esprime chi, abituato ad interloquire in vernacolo, vuole ‘pulizzarsi’ ovvero tenta di parlare in un raffinato idioma italico…. E’ sempre stato un modo per far ridere, quello di riportare le sgrammaticature dei popolani leccesi che vogliono gestire la grammatica…. Bozzi inserisce, da par suo, questo vezzo in componimenti indimenticabili, come ‘Lettera de na serva’, Lettera a lla zita, Na Qualera, Lettera anonima, Serva!’
Nascono così i versi descrittivi di una Lecce mai dimenticata, con i suoi divertimenti (Le marionette, Lu cinumatografu, A lle case noe, A llu veglione) i suoi personaggi e soprattutto quella malinconica allegrezza che travalica ogni problema, ogni cruccio, come è sempre stato per ogni leccese che si rispetti. Ma non mancano i versi tristi e malinconici di chi si accorge di come è amara e difficile l’esistenza, di come sia difficile realizzare le proprie aspirazioni, di quante difficoltà sia apportatore un amore non ricambiato….
E non manca la pubblicazione degli intrigantissimi libri sussidiario per le scuole elementari, pieni di indicazioni e testi per conoscere il dialetto leccese. Proprio quei testi, ormai introvabili, che l’ironia del destino vuole siano stampati con il cognome dell’autore storpiato in ‘Bossi’….
Ma Enrico Bozzi riesce, con uno sberleffo, con una improvvisa trovata, a rimettere tutto in discussione. E non per nulla, è passato alla storia con la sua indimenticabile presentazione:
Ieu su’ Conte cu tanta de curuna,
ma curuna però fatta de spine:
le palazze, li beni de fortuna,
tutti li fondi e tutte le casine
li tegnu sparpagghiati intra lla Luna.
Ci iti le paute mei su’ ssempre chine,
ma de scutulature e de cartine
de sigarette, e ci nu ttrei nisciuna
carta de mille lire, è naturale….
li sordi de la Luna su’ diversi.
Ci ogne ttantu me scade na cambiale
e, comu sempre, nu nde pau nisciuna,
cinca ha bire de mie la face a mmuersi
o me spropria li fondi de la Luna.______
2 – Continua______
LA RICERCA nel nostro precedente articolo della rassegna
LECCE VISTA DAGLI SCRITTORI CONTEMPORANEI / 1 – ERNESTO ALVINO E LA SUA “città inconsueta”
poiché mio padre recitava una parte della poesia: lu megghiu piattu” del poeta Bozzi, gradirei conoscerla, possibilmente, per intero. Un sentito ringraziamento anticipato a chi me la fa pervenire ginorizzo@alice.it. Saluti