“MENA”, DDISCITATIBU! UN FESTIVAL DEL CINEMA NO TAP, EMILIANO SE NE FACCIA UNA RAGIONE
di Annibale Gagliani______
Piccola premessa. Il sottoscritto è la prima volta che scrive sulla questione TAP, l’unico moto ideale espresso in merito ad essa è stato il “Sì” apposto sulla scheda referendaria due anni fa.
Michel Foucault sostiene che «l’uomo è il luogo del disconoscimento, di quel disconoscimento che espone sempre il suo pensiero a venir sopravanzato dal suo essere». Prendiamo un uomo politico, conformisticamente politicante e spoliticizzato. Egli difficilmente può comprendere l’odore della lacrime di tutti i contadini salentini ustionati da un arbitrio terzo e maledettamente assettico. Il caos xylella, per esempio. Non esisteva altra soluzione se non quella di espiantare gli ulivi infetti e gli altrettanti Sommi colleghi nel raggio circolare di venti-trenta metri. Zero rimedi, nessun ascolto nei confronti degli accademici dell’ambiente: il Salento doveva essere spogliato delle proprie radici e sbattuto in quarantena con una celerità mostruosa, che solitamente nella burocrazia italiana non è mai esistita.
Eppure migliaia di ulivi sono guariti e nessuno lo sa. O meglio, non è conveniente farlo sapere, poiché i metodi tradizionali di cura, fertilizzazione e aratura della pianta sono stranamente funzionanti. Ma non portano business alle lobby para-statali, che peccato. Solo chi detiene origini contadine può capire sensibilmente come il nonno, il papà e lo zio legati a doppio nodo a un albero – come sfida al sistema che voleva portarglielo via – non compiono un capriccio edonistico, ma difendono un parente sincero.
Ma i gruppi di potere che costeggiano il Parlamento e il Senato, creando una filiera di adepti industriali, commerciali e intellettuali, sguazzano perfettamente nelle grandi opere, se non enormi: prendi la TAV, un foro nella Val di Susa per creare altissima velocità tra Torino e Lione, con un dispendio di energie e denaro talmente bizzarro da non sembrare umano; prendi la TAP, perforazioni pornografiche nel mare più bello d’Europa per permettere a un tubo spaventoso di far arrivare gas naturale dal Mar Caspio all’Italia.
Michele Emiliano, governatore della Regione Puglia, storicamente contrario allo stupramento della nostra terra per fini economici ed elitari – come l’ex premier Matteo Renzi vangelizzava, andando in braccio al potere – ha cambiato registro. Ospite al Festival del Cinema Europeo di Lecce, poco prima della presentazione dell’unico documentario sanguinante dedicato agli attivisti No-TAP, Mena, di Maria Cristina Farrosio, si è espresso con testuali parole, ignorando che il consesso in cui conferiva si era apertamente schierato (con in testa il direttore artistico Alberto La Monica) contro le trivellazioni e il tubo a San Foca: «È indispensabile per decarbonizzare, serve a far funzionare l’Ilva. Noi non stiamo discutendo il ruolo del gas nel mondo, ma il nostro obiettivo è non farlo approdare a San Foca, stiamo discutendo di evitare che quel gasdotto approdi in un posto sbagliato. Coloro che pensano di poter del tutto fare a meno del gasdotto sono i principali alleati di quelli che vogliono realizzarlo. Se qualcuno pensa di riuscire a bloccare l’opera, prende in giro un intero territorio. Bisogna invece fare in modo che il prossimo governo collabori con la Puglia per evitare lo scempio che si sta verificando. Dopodiché, quel gas è indispensabile per la decarbonizzazione dell’Ilva e per salvare la vita dei nostri fratelli di Taranto.
Ne abbiamo bisogno per far funzionare con tecnologie diverse l’acciaieria. Nel resto del mondo il gas lo cercano e lo ottengono. La Regione Puglia desidera realizzare quel gasdotto. Se saremo in grado di spostarlo in una zona meno pericolosa, questo consentirà di ottenere un buon risultato. Si può realizzare un’unità di intenti, perché salvare San Foca e Melendugno è lo scopo primario per noi e soprattutto per consentire alle popolazioni residenti di decidere il destino del loro territorio. Su questo un’alleanza tra coloro che pensano che il gas sia inutile e coloro che pensano che sia utile è possibile. Viceversa la posizione estrema che viene sostenuta è un piacere per coloro che quel gasdotto non solo vogliono farlo, ma vogliono farlo nel posto più infame di tutti, su una delle più belle spiagge della nostra regione».
A parte il fatto che in Puglia ogni spiaggia è un colpo all’anima e nessun territorio è più stronzo dell’altro. La frase capolavoro che rimembra perfettamente le epopee d’ancienne regime degli Andreotti, dei Craxi e dei Cossiga è questa: «Coloro che pensano di poter del tutto fare a meno del gasdotto sono i principali alleati di quelli che vogliono realizzarlo». Un rompicapo per palati fini, che Leonardo Sciascia e Geroges Simenon spostatevi proprio. Eppure guardando il docu-film Mena, spaccato impetuoso di Cinema del Reale, risulta comicamente complicato accettare l’idea che decine di attivisti di ogni età e di ogni mestiere vadano a protestare pacificamente davanti i cancelli del cantiere di Melendugno, venendo malmenati sadicamente dal braccio armato della giustizia, perché “sono complici di chi vuole la TAP nel Salento”. Questa è la frase dell’anno. Neanche Matteo Renzi, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi sono stati capaci di produrre un pensiero harakiri così elaborato.
Si piange, si soffre, ci si incazza guardando Mena. Sia per la fotografia senza filtri del nostro sfottuto territorio. Sia per la capacità di ammorbare la felicità di chi sfugge alle logiche sciacalle del guadagno. Sia perché è struggente rendersi conto che la gente semplice, quella che non va nelle TV, che non esce sulle pagine scandalistiche o che non fa moine sui social – cioè quella fuori dalla storia -, è davvero quella che difende la nostra storia, con l’annesso barlume di valori arcaici rimasti di essa.
Hannu spaccatu la capu a nu sessantenne, hannu strascinatu an terra na carusa te vint’anni, hannu carciratu nu papà te trentanni e la piccinna soa sta chiange subbra lu piettu te la mamma. O’ beddrhi!
Questo è fare politica? Il volere del popolo non conta niente? Conta solo l’indirizzo untuoso di un’élite? E poi si pretende che in un evento così luminescente come il Festival del Cinema Europeo del Barocco, gli echi del dolore popolare non salgano piano dagli inferi. Poco importa se questi rovinano le papille di chi dovrebbe vestire i panni di un altro sapore: quello delle lacrime della propria gente.
Cito il nome di cinque figli di Finibus Terrae, dotati di attributi valorosi, solo cinque, come la mano di chi crede ancora nella giustizia umana e non in quella dei piedistalli: Saverioo Pellegrino, attivista; Maria Cristina Fraddosio, giornalista; Fernando Blasi, cantante; Eleonora Ciminiello, giornalista; Movimento No Tap, una comunità ormai corporea, esemplare.
Il mio encomio per essi è una solitaria lirica, amara da assaggiare, incandescente al tatto:
Rocce pensanti a Melendugno, sfere giganti nel regno
-Ma i salentini ce li hanno gli attributi
sotto il pasticciotto di Ascalone?
-A quanto pare, sì.
Culmina lento l’apotropaico moto
immolazione erudita del loto
Galileo divampa sull’inetto voto.
Non concede sogni la consorteria
se il Vangelo di Matteo batte la via
mille nonni lesi alla giugulare
tre linci con zirconi da indossare.
Da una parte l’essere umano
dall’altra la maschera impersonale.
Da una parte le sinapsi dilanianti del valore
dall’altra i codici galoppanti del plusvalore.
Da una parte brezza guttusiana
che avvolge la corteccia d’intonato ideale
dall’altra pioggia totalitaria
che annaffia striduli canti di sirene tumefatte.
È difficile non accorgersi, mio sire
che Insieme si possa morire
vivendo nei secoli da lenire.
Facile sorvolare sul veleno:
soli si può ingrassare status e intestino
vivendo il fetore da morente sileno:
come il sole a San Foca scuoiava sopraffino
la rosa irredenta del primo mattino.