di Crocifisso Aloisi * (consigliere comunale Galatone – per leccecronaca.it)______
Giusto prima di congedarsi da ministro dell’ agricoltura del governo dimissionario di Paolo Gentiloni, per occuparsi a tempo pieno del Partito democratico, Maurizio Martina ha approntato un altro decreto sulla xylella, con cui autorizza reimpianti e veleni.
Così, dopo aver abbandonato al loro destino migliaia di piccoli proprietari che hanno affrontato, senza alcun aiuto concreto dalle istituzioni preposte, il disseccamento dei loro olivi, ora potrebbero essere autorizzati ad eliminare definitivamente gli scheletri dei loro alberi martoriati non si capisce bene se, dal batterio(*), dal verticillium o altri patogeni, dagli incendi, dai diserbi, dagli avvoltoi umani, dalle cosiddette ‘buone pratiche consigliate’ (consigliate è un eufemismo, diciamo meglio ‘consigliate se non si vogliono pagare le multe’ e che consistono in amputazioni delle piante, anche in piena estate, e arature sotto gli alberi così da distruggere l’apparato radicale delle stesse aumentando il rischio disseccamento) oppure da tutti questi fattori insieme (l’insieme si chiama CO.DI.R.O. ALLARGATO – COmplesso del DIsseccamento Rapido dell’Olivo ALLARGATO agli avvoltoi umani).
Fin dall’inizio di questa storia, sapevamo già che l’obiettivo erano le nostre tradizionali cultivar, che dovevano essere sostituite in ogni modo, anche e soprattutto con la forza della legge. E così sembra essere.
In questi anni sono arrivati diversi decreti regionali e nazionali, come il famigerato ‘decreto Martina del 19/06/2015’, che hanno prima provocato e alimentato, poi recepito, le varie decisioni di esecuzione della Commissione Europea. Aggiungendoci però, nella loro stesura, molta roba nostra, nazionale, senza che ce lo abbia chiesto l’Europa, come, per esempio :
-quella che confina la ricerca solo agli istituti e baroni accademici baresi inizialmente coinvolti;
-quella dell’unica rete di laboratori accreditati per effettuare analisi sui campioni, ma che nessuno però controlla durante questa attività.
Abbiamo poi visto i vertici di questa rete andare anche sotto inchiesta per la stessa faccenda (classico caso italico del controllore e controllato che coincidono in un unico soggetto).
Sapete quali sono state le motivazioni nel voler confinare per legge la ricerca e affidare l’esclusività della gestione problema disseccamento/xylella agli istituti di Bari ?
“Per evitare il rischio di diffusione del batterio oltre i confini in cui si trova attualmente”, ci hanno sempre raccontato. Quindi ricerca bloccata ai baresi e nessuna libera apertura della stessa a 360°, senza colli di bottiglia, come invece abbiamo sempre chiesto.
Ma come mai non si possono far uscire campioni, neanche per la ricerca, fuori dalla Puglia per “evitare il propagarsi del contagio”, quando poi per il famoso convegno dello IAM del 2010 il ministero (a proposito, sapete chi era ai vertici del Mipaf in quel periodo ? Un leghista, Giancarlo Galan e prima ancora Luca Zaia, quello che nell’accordo Italia-Canada ha inserito solo olii veneti da tutelare..ahhh maledetto ‘complottismo’) autorizzò l’ingresso in Puglia di campioni infetti per quel famoso workshop ?
Ricordate la vicenda, vero ? Il Cnr comunicò all’ UE ad ottobre 2013 di aver finalmente trovato il batterio a Gallipoli; l’Europa rispose, più o meno, che “era la prima volta che veniva segnalata la presenza del batterio nel continente europeo” , e gli scienziati di Valenzano organizzarono 3 anni prima un workshop su xylella e olivicoltura. Altro che santoni, qui siamo nel campo della stregoneria purissima ! (come pure stregoni sono coloro che vedono un albero con sintomi di disseccamento e certificano visivamente la positività al batterio, ma solo in Salento, perché nel territorio barese invece la chiamano verticillosi).
Scusate signori, ma anche in questo, siete caduti in una gigantesca ed imbarazzante contraddizione: non si vogliono far uscire campioni dalla Puglia, ma è possibile poi spostare a Bari i campioni, prelevati dalla zona infetta e dalla zona di contenimento, per analizzarli e studiarli: cioè DALLA zona infetta ALLA zona vergine della terra di Bari, quella della piana da preservare ?? Qui non vale più la regola “non spostiamo i campioni per non diffondere il contagio”? E se un
domani il batterio venisse riscontrato a Bari, la colpa è sempre degli ambientalisti/complottisti/negazionisti o di questo viavai di materiale ‘infetto’ ??
A proposito, qualcuno ha evocato la class action contro chi si è opposto alle eradicazioni. State parlando di chi non ha provveduto ad eliminare il primo focolaio di Gallipoli (ed invece lo ha lasciato lì sembra quasi per incutere terrore mediatico e sui quali sono stati scritti tanti servizietti giornalistici in questi anni) o degli ultimi ritrovamenti di Cisternino dove alcuni alberi sarebbero stati dichiarati ‘positivi’ (sempre dalla stessa rete di laboratori però) a settembre 2017, ma i decreti di eradicazione sono stati notificati dopo oltre 4 mesi ! E chi ci dice che il vettore non sia già andato oltre Cisternino nel frattempo, fosse tutto vero quello che ci avete raccontato fino ad ora ?
Per non parlare poi del problema Procura/indagini/IAM/extraterritorialità, dei terreni vicino a Gallipoli usati per testare nuovi diserbanti ecc.ecc.
In questo gigantesco caos, di cui vi risparmio tantissima altra roba, si inserisce quest’ultimo decreto di Martina, che autorizza REIMPIANTI e VELENI.
Così si sono create le condizioni per lo stravolgimento della nostra olivicoltura con conseguente cambio di paesaggio. Chi ha visto distruggere la propria attività ed è stato spettatore passivo in questo grande caos, vede con favore la misura dei reimpianti, ed è comprensibile.
Ma chi in malafede ha contribuito al concretizzarsi di questa tragedia sarà sempre ricordato per questo scempio: gli rimarrà una macchia indelebile sulla coscienza.
Sui reimpianti i dubbi sono ancora tanti, e suggerirei di essere molto cauti nel prendere eventuali decisioni di sostituzione delle piante.
Primo perché ci sono in campo robuste ricerche volte a salvare gli olivi, piuttosto che sradicarli, alcune delle quali sono giunte finalmente a conclusione, come quella del CREA di ROMA/CASERTA e UNIVERSITÀ DEL SALENTO dei ricercatori Scortichini, Fanizzi ed altri 20, che ha avuto una validazione scientifica con regolare peer-review indipendente. In attesa di altre, alcune delle quali sono indirizzate alla cura dei terreni (e magari il combinato cura dei terreni – interventi sulle piante potrebbe essere molto efficace).
Le varietà di olivi che prima dicono essere resistenti e poi invece le chiamano tolleranti (chiamarle tolleranti mette al riparo da possibili future richieste di risarcimento danni perché resistere significa reagire e sconfiggere i patogeni, mentre tollerare significa tutto, dalla convivenza al prendersi il disseccamento, anche se in misura minore, quindi nessuno potrà avanzare in futuro alcuna pretesa) , sarebbero tolleranti a cosa di preciso?
Al batterio o al CO.DI.R.O. ? E qualcuno inserirà nella scheda tecnica della pianta questa caratteristica di tolleranza ?
Il costo di realizzazione dei nuovi oliveti bisogna valutarlo bene: hanno necessità di irrigazione ? Quanta acqua verrà prelevata dalla falda (che in Salento non se la passa proprio bene) ? Quanto dureranno queste nuove piante prima che che producano poco o non producano più è devono poi essere nuovamente rimpiazzate ??
Prima di dare fiducia incondizionata a chi va in giro nel nostro Salento e vi consiglia i reimpianti (dopo avervi invitato a sradicare i vostri olivi), pensateci bene e valutate sempre chi avete di fronte.
Passiamo alla parte più calda del decreto, quello delle “ULTERIORI MISURE FITOSANITARIE” : 《nei mesi tra maggio e settembre diventa OBBLIGATORIO il trattamento con INSETTICIDI per controllare la popolazione dell’insetto vettore》, interventi prima FACOLTATIVI ma che con questo decreto diventano OBBLIGATORI. È questa l’imposizione velenosa che ci ritroveremo, prima o poi, sui nostri terreni.
Così dopo i veleni ritrovati e pubblicati qualche giorno fa dal Progetto Geneo 《Su 32 comuni salentini controllati, 30 sono positivi ai metalli pesanti e i risultati sono davvero preoccupanti, con presenza di arsenico, berillio e vanadio》 (dati di cui l’ASL minimizza in parte la portata negativa, ma allora sarebbe opportuno che questa istituzione sanitaria spiegasse finalmente quali sono le cause di tante patologie nel nostro territorio), nei prossimi anni i veleni riversati sulla nostra terra e che ci ritroveremo prima o poi in falda, SARANNO IMPOSTI PER LEGGE per sostenere una inutile lotta contro l’insetto cosiddetto ‘vettore’ del batterio X.F.
Anche sull’efficacia della lotta al vettore ci sarebbe tanto da dire, perché è praticamente impossibile fare interventi veramente risolutivi. Infatti non sfugge anche in questo caso un’altra contraddizione dovuta al fatto che, mentre alcuni proprietari sono obbligati per legge a diserbare ed usare insetticidi per la lotta al vettore, altri ancora, invece, non faranno proprio nulla perché i loro terreni, e saranno molti ettari di terreno in Salento, sono coltivati a grano, orzo o altro frumento e non possono essere obbligati a trattare con insetticidi i loro raccolti destinati all’alimentazione umana, a meno che non si vuole vietare anche la coltivazione dei cereali in Salento. Sapete quante migliaia di esemplari del vettore sono presenti in questo terreni e che sfuggono alla inutile, perché ine
fficace, guerra chimica ? Per non parlare di tutti quei terreni sperduti e in aperta campagna che è difficile controllare. Quindi si insiste con una guerra chimica inutile (perché inefficace) che avrà come effetto certo quello di far aumentare i veleni ed anche le conseguenze. Per questo ultimo motivo aumenteremo anche il nostro impegno per limitare i danni e fermare l’ulteriore massacro chimico del territorio.
Intanto sarebbe auspicabile che i politici vicini al movimento del Popolo degli olivi, soprattutto gli amici del Movimento 5 Stelle, cerchino di far modificare alcuni dei decreti menzionati, soprattutto per la parte che è possibile modificare perché non rientrerebbe tra le prescrizioni volute dalla Commissione europea: ricerca aperta a 360°e non più esclusività della gestione al club barese; controanalisi immediata degli alberi ritenuti infetti con altri laboratori, indipendenti dalla rete che ha gestito fino a oggi le analisi dei campionamenti; controllo random preventivo dei campioni inviati alla rete di laboratori per verificare se gli stessi campioni rimarranno negativi (o positivi) anche dopo le analisi dei laboratori accreditati. Forse così si potrebbe iniziare a ricucire uno strappo grave e profondo ancora in essere tra cittadini e istituzioni a vari livelli.
L’agricoltura pugliese vive un dramma epocale. Dall’assessore Di Gioia continuiamo a sentire tante belle parole, ma è necessario rispondere con i fatti al grido di dolore sollevato dall’intero settore.
L’impasse che sta interessando il Psr pugliese che vale 1,6 miliardi di euro ha praticamente immobilizzato gli investimenti di centinaia di aziende, molte delle quali costrette a ricorrere ai Tar. A ciò si aggiunge la disperazione del comparto olivicolo che, in provincia di Lecce, ha visto un crollo vertiginoso delle produzioni e un abbandono sempre più consistente delle campagne. Un’intera filiera olivicola compromessa che ha comportato la chiusura di diversi frantoi e la perdita di migliaia di posti di lavoro. Una situazione diventata ormai insostenibile, ma che Emiliano e la sua giunta continuano a sottovalutare, guardando dalla finestra il susseguirsi degli eventi.
Per risollevare il settore olivicolo non sono sufficienti le ultime misure 4.1c e 5.2 del PSR a sostegno delle aziende olivicole in zona infetta, che interesseranno numero esiguo di aziende.
Oggi quello che serve è avere le idee chiare per il futuro partendo dall’analisi di uno scenario utile a contestualizzare gli interventi proposti. La portata di questa malattia che sta causando il disseccamento dei nostri ulivi purtroppo coinvolgerà un territorio sempre più ampio. Lo avevamo annunciato da tempo. E se da una parte le strategie di contenimento serviranno solo a rallentarne la progressione più a nord, nelle zone compromesse occorre far ripartire urgentemente la nostra olivicoltura.
I tempi sono maturi: dopo la modifica della decisione di esecuzione è oggi compito del Governo nazionale e della Regione Puglia far in modo che, a stretto giro e senza alcun appesantimento burocratico, si possa procedere al reimpianto delle cultivar ritenute idonee nel pieno rispetto delle esigenze pedoclimatiche del Salento. Se partiamo per tempo potremo affinare le tecniche di coltivazione in asciutto, viste le crisi idriche degli ultimi anni, la scarsità d’acqua e la salinizzazione delle nostre falde. Affinare le tecniche di aridocoltura, è la “conditio sine qua non” per garantire un futuro ai nostri agricoltori.
Una programmazione, quella a cui deve dar vita il governo, che deve tener conto delle aree marginali con roccia affiorante dove è possibile intervenire solo con interventi di rimboschimento. Partire per tempo vuol dire anche studiare il germoplasma locale e riprodurre fra qualche anno piante autoctone in grado di rispondere alla sfida dei cambiamenti climatici in atto. Nel frattempo la ricerca farà il suo corso e i risultati che ci fornirà ci permetteranno di fare maggiore profilassi nelle aree indenni salvaguardando il nostro patrimonio olivicolo. Bisogna intervenire subito e dare risposte concrete ai nostri agricoltori.
“Finalmente, dopo una lunga e incomprensibile odissea, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale per il contrasto a Xylella fastidiosa che autorizza l’impianto di ulivi nella zona infetta. Adesso la Regione proceda celermente con le indicazioni operative circa le varietà ammesse”.
Coldiretti Lecce tira un respiro di sollievo ed incalza ora affinché l’ente regionale completi l’iter in modo che gli olivicoltori possano tornare a piantare ulivi.
“Sono state accolte le nostre richieste – dicono il presidente di Coldiretti Lecce, Pantaleo Piccinno e il direttore Giuseppe Brillante – Ci battiamo da anni perché venga restituita al Salento la libertà imprenditoriale ed una speranza di futuro. Con queste motivazioni, siamo scesi in strada con i trattori il 10 agosto del 2015 ed il 18 marzo 2017, abbiamo fatto in modo che parlamentari europei di diverso orientamento politico, come Paolo De Castro e Raffaele Fitto, sposassero la stessa battaglia, e dopo aver pressato in tutti i modi le istituzioni con incontri e manifestazioni vediamo finalmente accolta la nostra istanza principale. Adesso ci aspettiamo la pubblicazione celere dei bandi del Psr che possano contribuire alla rigenerazione agricola”.
“La pubblicazione del decreto proprio nella Settimana Santa ci fa pensare alla metafora della morte e della resurrezione – aggiunge il presidente Piccinno – La possibilità di impiantare nuovamente ulivi nel Salento consegna nelle mani di noi agricoltori la possibilità di restituire bellezza a questo territorio. È una facoltà ma anche un obbligo che perseguiremo con la sensibilità, l’accortezza e la lungimiranza che ci hanno trasferito i nostri padri.”
Dopo a pubblicazione del decreto, fa sapere Coldiretti, ci si aspetta la pubblicazione dei bandi destinati alla rigenerazione agricola: quello relativo alla misura 4.1C del PSR (investimenti in agricoltura) che, come è stato assicurato, prevede finanziamenti per 32 milioni di euro, ed ancora quello relativo alla misura 5.2 per il ripristino del capitale produttivo, nonché il bando per la rinegoziazione dei mutui e l’abbattimento degli interessi.
Le strutture meridionali delle associazioni di categoria, dovrebbero farsi un serio esame di coscienza su ciò che sta accadendo oggi in tutto il comparto agricolo meridionale, per non parlare di ciò che riguarda il nostro Salento. Gli accordi commerciali tra UE e paesi extra europei hanno distrutto moltissime aziende agricole meridionali e ridotto al lastrico o costretto a cambiare mestiere, migliaia e migliaia di famiglie: dalle vicende degli agrumi siciliani, calabresi, campani e pugliesi, alle migliaia di ettari di vigneto estirpati negli ultimi due decenni, le cui quote sono state trasferite al Nord, fenomeno quest’ultimo che ha riguardato molto il Salento; alle quote di produzione del tabacco e gli accordi ultimi col Canada (dove si prevede, tra l’altro, che vengano tutelati solo olii veneti); alla mancata nascita e valorizzazione di una robusta filiera che avrebbe direttamente potuto consentire l’apertura dei prodotti meridionali (che sono il fulcro della famosa e universalmente conosciuta ‘dieta mediterranea’) ai mercati mondiali; alla scarsa valorizzazione (non di facciata, ma con atti concreti che avessero prodotto effetti concreti) della nostra olivicoltura, prima che si abbattesse il disseccamento (forse il disseccamento è la conseguenza proprio della mancanza di una precedente risposta in termini di profitti, che l’olivicoltura autoctona avrebbe potuto offrire se la politica nazionale avesse destinato politiche e risorse adeguate negli anni precedenti, soprattutto se stimolata a dovere dalle associazioni di categoria, così come ha fatto in altre aree del paese , e non le solite misure che hanno favorito a macchia di leopardo solo alcuni operatori del settore). Il risultato di ciò che dico è sotto gli occhi di tutti: invece di battere i pugni sui tavoli giusti e nei momenti appropriati, più di qualcuno sembra abbia svolto battaglie di facciata e di retroguardia. Lasciate stare la Regione Puglia che, lo sapete benissimo, non ha particolari colpe al riguardo e non createvi alibi politici: questo processo di decadimento va avanti da decenni e l’ultimo governo regionale è l’ultimo anello di una lunghissima catena. Sul tema reimpianti, tra l’altro, la Regione Puglia ha sempre chiesto la possibilità dei reimpianti (quello che dico è verificabile da tutti perché in rete si trovavano le informazioni), ma da quello che leggo Coldiretti fa finta di non saperlo e non lo menziona (sui reimpianti ho già scritto altre volte il mio pensiero, anche in questo articolo pubblicato su leccecronaca.it). Inoltre non si registra dall’intervento sopra alcuna particolare preoccupazione sulle conseguenze in termini di salute pubblica per i trattamenti fitosanitari obbligatori.
Intanto notiamo anche che non si fa alcun accenno alla sperimentazione del team di Scortichini e Francesco Paolo Fanizzi del CREA di Roma e Caserta e dell’università del Salento volta alla cura delle nostre cultivar: a Coldiretti e alle altre associazioni non interessa salvare gli alberi e l’indotto conseguente (turistico, tutela del paesaggio e dell’immagine del Salento, da sempre visto come patria degli olivi secolari) ?
Da anni seguo le vicende dell’olivicoltura salentina, quando ancora non non c’era motivo di parlare di pericolo per l’olivicoltura pugliese;l’idea che non sia stato un problema naturale ma voluto non mi è mai passata dalla mente,ma ora mi sorgono delle domande che potrebbero sembrare puerili:è possibile che la scienza nel 2018 non può dare una risposta concreta al problema? Perché se qualcuno avanza delle ipotesi di cura viene subito combattuto?ancora che futuro avranno i piccoli agricoltori ( che sono una miriade)? I nuovi impianti hanno bisogno di trattamenti continui ed impianti irrigui,da dove prenderanno l’acqua,veramente dalle acque reflue come diceva una specie di scienziato tempo fa?Ma quando si dicono certe cose, chi le dice pensa di parlare con degli ignoranti?siate onesti una volta tanto,non vendetevi al miglior offerente poiché c’e’in gioco il nostro futuro e quello dei nostri figli
Finalmente una raccolta di testi con corredo di quelli scientifici inerenti allo scenario DEL GRAVISSIMO RUOLO DI NOTISSIMA SPECIE XILELLA, maleficamente resistente da quasi due secoli alle contromisure ricercate in ampie regioni del pianeta per una remissione delle infezioni apportate a centinaia di crop, patrimonio della TERRA da proteggere…
Ho seguito personalmente lo scenario specifico in questi ultimi 5 anni, che in Europa ha scatenato una violenza satanica nel tallone pugliese, aggredendo la multivarietà centenaria di cultivar di ulivi autoctoni e seguenti, toccando e stimolando ogni direzione di contromisure, dalla genetica alla velenosa, in contrapposizione alla complessità di ogni tipo e qualità di relazione di natura e scienza.
La maledetta abitudine di una popolazione stimolata più a esprimersi contro che a favore delle candidature non slo politiche ma anche scientificamente caratterizzate in scale di valori per lo più internazionalmente condivisi nel pianeta, si confronta con una società pubblicamente offesa e stimolata con malizia dalla carenza di competenze e rispetto dei ruoli.
Ritengo necessario e positivo procedere ALLA INFORMAZIONE martellante dello stato di solitudine che la società scientifica ha affrontato in questi ultimi 5 anni che hanno accolto le più stravaganti teorie promosse da furbi ma ignoranti accusatori per colpe immaginate/inventate, attribuite a “untori” di manzoniana memoria… avvelenati dalla droga di un incosciente desiderio di caos.
Il dossier che sorregge questo dossier alla ricerca di verità, nascoste ma di parte, merita di essere sciorinatoe comunicato per stimolare la costruzione di una scale di valori e probabilità di successo di iniziative di contromisure che oggi scienza e coscenza di merito sostiene, ma che silenzi puniscono tanto quanto le maldicenze.
L’ITALIA ha un tesoro nelle redazioni di RAI TV per stimolare interesse alla comunicazione a livello culturale di scuola media superiore di trasmissioni del tipo di RAI 5, RAI Storia, RAI Scuola e giochi culturalmente d’informazione molto positiva come le scienze naturali e le radici contadine della società mondiale, con l’intelligenza del divertimento culturalmente valido, con mezzi oggi eccellenti.
La Regione Puglia con iniziative tematiche di dibattito non di conflitto, ma di crescita e di piacere attraverso lo stimolo di curiosità collegate con la natura, i suoi generi, il mistero della sensibilità ai messaggi attraverso favole reali memorie di ricambio di amore nel rapporto con l’uomo, ha mezzi e potenziale di mettere in atto. Anche con RAI tre e collaborazioni con enti e NOTIZIE BUONE.
Cosa mancherebbe? Dare i microfoni a chi sa raccontare, commentare, divertire affiancati da comunicatori simpatici e ricchi di empatia, artisti, esperti di turismo e di cibo, un pizzico di curiosità per le generazioni e la simpatia per il lavoro per il piacere di essere liberi, indipendenti, arricchiti da progetti motivanti. Un piano almeno quinquennale.
La Puglia ne ha non solo il potenziale, ma anche il desiderio! Fata xilella, ci sono anche quelle benigne, da impiegare in una immaginaria operazione di essicamento di crops a fine del ciclo di vita di prodotto, per estrarne la parte più preziosa per una destinazione a nobilitarne la lignina a materia prima per volare con i materiali più avanzati, le fibre di carbonio e grafene… PER COSA FARNE?
Un pianeta più umano, come piacerebbe agli AMICI DI AGORA’ AMBROSIANA e ai SOGNATORI DI MOON VILLAGE, profumati alla Vaniglia, avvelenata per la “ciccadella”! Un gruppo internazionale di amici dello spazio, ci sta pensando, senza scopo di lucro!
Io provo. Buona lettura