IL GIORNO DEL RICORDO / MA COSA SONO LE FOIBE? BOH? IL 50% DEGLI INSEGNANTI NON LO SA

| 9 Febbraio 2018 | 2 Comments

mv_________ L’eliminazione di 20-30 mila italiani a guerra finita e i 250-300 mila che terrorizzati fuggirono abbandonando le loro case ai partigiani comunisti di Tito, è stato negato per 60 anni. E’ possibile oggi ricordare ciò che è stato ignorato per tanto tempo?
Solitamente non mi occupo delle commemorazioni, solitamente ci pensano le istituzioni, la scuola, le associazioni più o meno finanziate dallo Stato, la retorica condita delle solite frasi, come chi dimentica la propria storia e destinato a riviverla”, oppure “perché i giovani devono sapere”: quasi sempre manifestazioni, che servono ai politici a darsi visibilità, a qualche scolaresca a fare bella figura, a qualche associazione a giustificare i finanziati che lo stato elargisce.
Se oggi lo faccio è perché il 10 FEBBRAIO: GIORNO DEL RICORDO perché nonostante sia stati istituita recentemente questa data, passa quasi inosservato, non certo perché è a ridosso del GIORNO DELLA MEMORIA, ma perché abbiamo ancora difficoltà a fare i conti con la nostra storia.
Per decenni ci siamo raccontati  e abbiamo raccontato, non la storia ma storielle,  come diceva il grande storico di sinistra Renzo De Felice, in Italia la storia viene strumentalizzata a fini politici, ed ecco perché ancora oggi non abbiamo una storia condivisa.
Persino gli insegnanti non sanno cosa siano le Foibe. Da un’inchiesta condotta due anni fa su un campione di insegnanti delle scuole elementari e medie, si è rilevato che il 50% non sapeva proprio di cosa si trattasse oppure veniva confusa con le persecuzioni agli ebrei.
Ci sono poi ancora coloro che accecati dall’ideologia continuano a negare la Storia.
Per conoscere sommariamente questa nostra storia, una storia tutta italiana, abbiamo preso a prestito i 12 punti che qualche tempo fa Focus pubblicò sull’argomento. Giusto per farsi quantomeno un’idea sommaria. A proposito, quel manifesto che vedete a firma dell’Amministrazione Comunale, è un manifesto virtuale, un manifestato che ci si aspetterebbe che le Amministrazioni comunali ogni anno in prossimità del 10 febbraio facessero affiggere, invece nelle nostre città, o la Giornata del ricordo non viene per nulla ricordata, e ci si limita a foraggiere qualche anonimo ed insignificante manifesto, che nulla dice e nulla ricorda.

CHE COSA SONO LE FOIBE
Le foibe tecnicamente sono le cavità naturali presenti sul Carso. Il nome (foiba) è un termine dialettale giuliano che deriva dal latino fovea (fossa, cava).
In due riprese, durante la Seconda guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra furono il palcoscenico di sommarie esecuzioni quando i partigiani comunisti del maresciallo Tito vi gettarono migliaia di persone colpevoli di essere italiane, fasciste o contrarie al regime comunista. Da questi massacri deriva il termine infoibare.
COME AVVENIVANO LE ESECUZIONI
Le uccisioni avvenivano in maniera spaventosamente crudele. I condannati venivano legati l’un l’altro con un lungo fil di ferro stretto ai polsi, e schierati sugli argini delle foibe. Quindi si apriva il fuoco trapassando, a raffiche di mitra, non tutto il gruppo, ma soltanto i primi tre o quattro della catena, i quali, precipitando nell’abisso, morti o gravemente feriti, trascinavano con sé gli altri sventurati, condannati così a sopravvivere per giorni sui fondali delle voragini, sui cadaveri dei loro compagni, tra sofferenze inimmaginabili.LE “DUE” FOIBE
Il fenomeno “foibe” è riferito fondamentalmente a due eventi distinti, con dinamiche e modalità diverse: il primo è successivo alla dissoluzione dell’autorità italiana con l’armistizio dell’8 settembre ’43 e riguardò principalmente l’Istria, il secondo è conseguenza della presa di potere da parte dei partigiani e dell’Esercito Popolare Jugoslavo nel maggio del ’45.

LE “DUE” FOIBE
Il fenomeno “foibe” è riferito fondamentalmente a due eventi distinti, con dinamiche e modalità diverse: il primo è successivo alla dissoluzione dell’autorità italiana con l’armistizio dell’8 settembre ’43 e riguardò principalmente l’Istria, il secondo è conseguenza della presa di potere da parte dei partigiani e dell’Esercito Popolare Jugoslavo nel maggio del ’45.LE FOIBE ISTRIANE DEL ‘43
La prima ondata di violenza esplose dopo la firma dell’armistizio, l’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani jugoslavi di Tito si vendicarono contro i fascisti che, nell’intervallo tra le due guerre, avevano amministrato questi territori con durezza, imponendo un’italianizzazione forzata e reprimendo e osteggiando le popolazioni slave locali.
Con il crollo del regime i fascisti e tutti gli italiani non comunisti vennero considerati nemici del popolo, prima torturati e poi gettati nelle foibe. Morirono, si stima, circa un migliaio di persone.
LE FOIBE GIULIANE DEL ‘45
La violenza aumentò nella primavera del 1945: alla fine della seconda guerra mondiale l’esercito jugoslavo occupò Trieste (1 maggio ’45), riconquistando i territori che, alla fine della prima guerra mondiale, erano stati negati alla Jugoslavia. Tra maggio e giugno migliaia di italiani abitanti dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia furono obbligati a lasciare la loro terra. Altri furono uccisi dai partigiani di Tito, gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati. I primi a finire in foiba furono carabinieri, poliziotti e guardie di finanza, nonché i pochi militari fascisti della RSI e i collaborazionisti che non erano riusciti a scappare per tempo (in mancanza di questi, si prendevano le mogli, i figli o i genitori). Ma vennero giustiziati anche i partigiani che non accettavano l’invasione jugoslava e normali cittadini (per regolamenti di conti personali o per la volontà di attuare una rivoluzione comunista).
QUANTE PERSONE MORIRONO NELLE FOIBE?
Secondo alcune fonti le vittime delle foibe furono tra le quattromila e le seimila, per altre diecimila: soprattutto ex fascisti, collaborazionisti e repubblichini, ma anche partigiani che non accettavano l’invasione jugoslava e normali cittadini. Altre fonti ancora affermano che il numero degli infoibati e dei prigionieri di guerra morti nei lager di Tito fu molto superiore, raggiungendo il numero di 20mila persone. Si tratta di numeri difficili da confermare per il caos che regnò nel 1945 dopo la fine della guerra e sui quali manca ancora un giudizio storico obiettivo.

 

LE TERRE CONTESE
Dopo la I guerra mondiale, dal 1918 al 1943, la Venezia Giulia e la Dalmazia furono amministrativamente italiane, ma oltre la metà della loro popolazione era composta da sloveni e croati. Durante il fascismo l’italianizzazione venne perseguita seguendo, nelle intenzioni, il modello francese (attraverso una serie di provvedimenti come l’italianizzazione della toponomastica, dei nomi propri e la chiusura di scuole bilingui); nei fatti, il modello fascista. La repressione divenne più crudele durante la guerra, quando ai pestaggi dei fascisti si sostituirono le deportazioni nei campi di concentramento nazisti e le fucilazioni dei partigiani jugoslavi da parte dei nazisti.

I MOTIVI DELLA VIOLENZA
Alla base di tanta violenza ci sono stati soprattutto:
– una strategia mirata a colpire gli italiani e chiunque si opponesse all’annessione delle terre contese alla “nuova” Jugoslavia;
– la rivalsa per le passate atrocità nazifasciste;
– i regolamenti di conti personali (spesso anche legate alle differenti origini) e
– la volontà di attuare una rivoluzione comunista includendo Trieste nella Jugoslavia socialista.
«Nell’insurrezione i connotati etnici e politici erano uniti a quelli sociali: bersaglio delle retate divennero anche i possidenti italiani, vittime dell’antagonismo di classe che coloni e mezzadri croati avevano accumulato nei confronti dei proprietari italiani» spiega Gianni Oliva nel libro Foibe.

LA PACE
Il dramma delle terre italiane dell’Est si concluse con la firma del trattato di pace di Parigi il 10 febbraio 1947. A decidere la loro sorte furono i rappresentanti dei vincitori della seconda guerra mondiale che si riunirono (vedi foto) nel 1946 sempre a Parigi. Il trattato di pace consegnò alla Jugoslavia l’Istria, Fiume, Zara e le isole dalmate, con il diritto di Belgrado di confiscare tutti i beni dei cittadini italiani, che avrebbero dovuto essere indennizzati dal governo di Roma.

L’ESODO
I nuovi confini furono la causa dell’esodo forzato delle popolazioni italiane istriane e giuliane che fuggirono a decine di migliaia, abbandonando le loro case e ammassando sui carri trainati dai cavalli le poche masserizie che potevano portare con sé.
La stragrande maggioranza degli esuli emigrò in varie parti del mondo cercando una nuova patria: chi in Sud America, chi in Australia, chi in Canada, chi negli Stati Uniti. Ma tanti riuscirono a sistemarsi – faticosamente – in Italia.

TRIESTE ITALIANA
Solo nell’ottobre del 1954 l’Italia prese il pieno controllo di Trieste, lasciando l’Istria all’amministrazione jugoslava. Dopo la guerra, infatti, Trieste e il suo circondario erano diventati un Territorio Libero, amministrato dalla comunità internazionale e dalla Jugoslavia. Il 26 ottobre 1954 la città cessò di essere territorio internazionale e tornò a fare parte dell’Italia.
Nella foto, una casa nei pressi di Trieste nel 1948.

IL GIORNO DEL RICORDO
Nel 2004 il Parlamento italiano approvò la «legge Menia» (dal nome del deputato triestino Roberto Menia, che l’aveva proposta) che istituiva il «Giorno del Ricordo» da celebrarsi il 10 febbraio (anniversario del trattato di Parigi). Si tratta momento che vuole conservare e rinnovare «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».

Category: Costume e società, Cultura, Politica

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  1. Andare Oltre Lecce - tramite mail ha detto:

    “Celebrare il Giorno del Ricordo è un segno di civiltà umana e rispetto verso il passato che ha solcato la storia del nostro Paese- commenta Massimo Fragola, capogruppo di Andare Oltre nel consiglio comunale di Lecce. Foibe, campi di sterminio, fosse comuni e tombe senza nomi: donne e uomini dimenticati, cancellati dalla storia come se non fossero mai esistiti; non esistono giudizi e pregiudizi in grado di cancellare il dolore di morti ingiustificabili.”

    “Il 10 febbraio è il giorno dell’anno dedicato alla memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale – prosegue Giancarlo Erroi, responsabile provinciale del Movimento Andare Oltre – è un giorno di lutto e riflessione che rievoca una pagina della triste storia del nostro passato e che deve necessariamente essere vissuta come monito per il presente e futuro, tramandata alle nuove generazioni come incentivo al superamento di ogni forma di odio”.

    “E’ compito di ogni Amministrazione perpetrare il ricordo delle vittime delle Foibe e dare la giusta risonanza e  solennità alla loro Memoria – dichiara Ivan Sergi, segretario cittadino di Andare Oltre – e noi siamo orgogliosi e fieri dell’approvazione unanime in Consiglio Comunale della mozione presentata dal nostro Consigliere Massimo Fragola, con la quale si è chiesto al Comune di Lecce di aderire formalmente alle iniziative indette dal “Comitato 10 febbraio”, coinvolgendo gli studenti di ogni scuola leccese e prevedendo l’illuminazione tricolore del Sedile sito in Piazza Sant’Oronzo”.

  2. Blocco Studentesco - tramite mail ha detto:

    “Onore ai martiri delle foibe” è il testo degli striscioni affissi nella notte in tutta Italia dai militanti del Blocco Studentesco, cui è seguito un volantinaggio informativo nei licei.

    Con le nostre azioni vogliamo rendere omaggio alle decine di migliaia di italiani infoibati e ai 350.000 esuli costretti a fuggire dalle terre di Istria, Fiume e Dalmazia, a causa di una vera e propria pulizia etnica messa in atto dall’esercito comunista di Tito. Come ogni anno, rendiamo omaggio a chi fu ucciso o costretto a fuggire solo perché italiano.

    Alla luce dei continui dinieghi sulle nostre proposte di tenere vivo il ricordo, la nostra generazione è obbligata a ricordare una tragedia nazionale per troppo tempo insabbiata o mistificata. L’imbarazzo dell’attuale classe politica deve spingerci ancora di più a riflettere sulla complicità di partigiani e antifascisti italiani nei massacri titini.

    Centinaia di eventi sono stati organizzati in tutta Italia dal Blocco Studentesco per questa giornata: dalle numerose conferenze nei licei di tutto il paese e nelle Università, come a Verona, dalla commemorazione a Napoli alla proiezione di film e, infine, la richiesta di osservare un minuto di silenzio accolta dall’Università di Udine.

    Il nostro obiettivo è far sì che gli infoibati e gli esuli, in quanto nostri connazionali, siano finalmente onorati in modo degno e dignitoso a livello istituzionale e politico. Il ricordo della tragedia delle Foibe, fin troppo spesso minimizzata, sottaciuta o addirittura negata, deve essere quindi un’occasione per stringere la Nazione intorno ad un’unica bandiera, il nostro tricolore.

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