NOVITA’ DISCOGRAFICHE / DIECI ANNI DOPO IL DISCO D’ ESORDIO, RITORNANO GLI ARSURA CON UN NUOVO SINGOLO, “Sempre più a Sud”, CANZONE – MANIFESTO DEL SALENTO NO TAP E CONTRO LA FRODE DELLA XYLELLA
di Roberto Molle______
A ridosso dei primi giorni del nuovo anno, a scaldare cuore e mente, arriva “Sempre più a sud” (ascoltabile su youtube), il nuovo singolo degli Arsura che anticipa quello che sarà il loro secondo album.
Gli Arsura sono: Rocco Giangreco: chitarra, armonica a bocca, voce; Giuseppe Reho: chitarra, voce; Luigi Panico: bouzouki, mandola, chitarra; Antonio Corsano: organetto diatonico, synth; Marco Nocita: tamburello, percussioni; Pietro Di Francesco: basso, contrabbasso; Francesco Romano: batteria.
Sfuggente e non facile da inquadrare, il gruppo etno-folk degli Arsura ha alle spalle una storia multiforme e un’attitudine borderline che rispetto a molti altri musicisti, li ha portati, negli anni, a ritagliarsi un ruolo di culto tra gli estimatori del genere.
Nato una ventina di anni fa, l’ensemble degli Arsura, pur avendo suonato un po’ in tutto il Salento e in giro per l’Italia (Nel 2000, Eugenio Bennato s’innamorò della loro musica e li volle con sé nel tour di “Taranta power”), hanno all’attivo un solo album: “Arsura”, pubblicato nel 2007, e da considerarsi tra i dischi – di area popolare – più interessanti e originali pubblicati negli ultimi dieci anni in Salento.
In quel periodo, laddove per molti dei gruppi di musica popolare era un continuo rimestare nelle origini, rivendicare appartenenze, cercare affannosamente un punto in cui riannodare il filo ombelicale con la tradizione e potersi dare un’identità posticcia, per gli Arsura, la necessità di prendere le distanze da quel mainstream era diventato inevitabile.
Anche per loro, ovviamente, valeva il discorso della ricerca, delle ragioni che avevano portato al fermento culturale in atto in quel periodo nel Salento, dell’innesto melodico di interessanti re-invenzioni vocali, e della possibilità di affondare le radici nel passato, permettendo che si sporcassero di ritmi e fraseggi popolari, tirandole fuori in tempo per confrontarle con la realtà, e con quello che, inevitabilmente, si era modificato.
Quel disco, per gli Arsura, rappresentò un punto d’arrivo e uno di partenza.
Di arrivo, perché andava a chiudere un periodo d’intenso rodaggio: numerosi concerti, tormentate serate di prove, e da ultime, le sessions in studio per la registrazione; e ancora d’arrivo perché, quell’esperienza andava a custodire (la custodisce ancora per la verità) l’essenza primigenia della loro musica assemblata su più livelli, dove suoni e timbriche di respiro world-music, facevano da sfondo a testi originali e intensi, permettendo l’elaborazione di composizioni che andavano a lambire i confini della canzone d’autore (per credere si vada ad ascoltare “La ballata di Antonio Verri”, “Pinzieri e speranze”, o la suggestiva e poetica “Mare”).
Tornando a “Sempre più a sud” (scritto e cantato da Giuseppe Reho), è una ballata che si apre su un tappeto di synth e chitarra acustica incalzati dal suono di un’armonica morriconiana che, di lì a poco, cede il passo alla poesia del testo e alla splendida voce di Giuseppe.
Una canzone sull’identità di una terra, che sempre più, sotto il peso di mille avvenimenti, tende a omologarsi e conformarsi verso il basso. E proprio nel finale, una fiammata riaccende gli animi e dà una scossa al torpore di una popolazione sottoposta – negli ultimi anni – ad un tiro incrociato di fatti e avvenimenti che ne stanno modificando l’essenza; stralci di registrazioni e slogan, estrapolati dai contesti di recenti manifestazioni No Tap e contro l’eradicazione degli ulivi “infetti” da Xilella, si mescolano alla base musicale in un surreale tracciato sonoro che potrebbe fare di “Sempre più a sud”, la canzone manifesto di un Salento che rivendica la sua identità e la sua bellezza.
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