IL CASO / TU MI CRITICHI? E IO TI QUERELO! CITTADINI DI LIZZANELLO DENUNCIATI DAL SINDACO FULVIO PEDONE
(g.p.)______Il paese è piccolo, la gente mormora. Su Facebook.
Commenta una una foto dell’ inaugurazione di una palestra con sindaco e assessori: “Cosa c’è in questo capannone di BEEP chiamato palestra? L’ennesimo invito a mangiare sulle nostre spalle: Viva Lizzanello e i suoi 40 ladroni!”
E altri le fanno ancora più scandalizzata eco con alcuni post al vetriolo, tipo:“Ladri è un aggettivo comodo, io li chiamo mafia legalizzata, solo squallore”.
Lui, il sindaco, non ci sta, e va dai Carabinieri, con tanto di denuncia – querela, e allegati tecnici, nei confronti degli autori dei post ritenuti ‘diffamatori’.
Poi spiega: “Oggi tutto sembra essere consentito e tutto sembra essere tollerato. Accettare questi comportamenti per un sindaco significherebbe non avere rispetto dell’istituzione che rappresenta, significherebbe legittimare gli insulti, le calunnie e le diffamazioni”.
Dunque, a processo, se il magistrato che valuterà gli esposti del primo cittadino deciderà in tal senso.
Fulvio Pedone (nella foto, sulla panchina), 45 anni, da una vita, anzi, per la precisione, (non si sa mai…) quasi mezza, ‘solo’ vent’anni e passa, in consiglio comunale di Lizzanello (che comunque abbraccia anche il sobborgo di Lecce città, Merine, con il quale esiste una netta differenza, burocrazia a parte) di mestiere fa l’ avvocato, e quindi sa tante cose.
In primis, che ‘Facebook’ è stato equiparato agli organi di stampa, con le stesse regole, ed è anche giusto che così sia.
Poi, che si può denunciare e sanzionare chi offende con ingiurie e volgarità, ciusto ciusto piùcchcciusto.
Detto ciò, rilevato poi come nella fattispecie ingiurie e volgarità non sembrano esserci, sfugge al sindaco la valutazione ‘politica’: che critiche anche accese, o magari alle soglie (dentro? fuori? lo stabiliranno i giudici ‘stavolta, se si arriverà a processo) della diffamazione non si combattono a colpi di querele giudiziarie, almeno da parte di un politico. Si replica con il dialogo, con il confronto. Si invita ad un pubblico dibattito, se si è forti delle proprie ragioni, in questo caso di non essere esponenti di un’ amministrazione ‘mafiosa’.
Altrimenti, si rischia di criminalizzare il dissenso. Si fa la figura del potente intoccabile, comunque. Si scoraggia, per tante ragioni, la libertà di espressione, che è un diritto costituzionale, dei cittadini, che, a differenza di lui, dovranno pagarsi gli avvocati, tralasciare il proprio lavoro e subire tutta una serie di disagi.
Un’ arroganza del potere, che almeno in questo caso Fulvio Pedone avrebbe potuto risparmiarsi.
E per finire ha pubblicato la denuncia sul sito istituzionale di Facebook del Comune, con tanto di nome e cognome dei cittadini.