IL DEGRADO DELLA DARSENA DI SAN CATALDO
Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Il presidente dell’ associazione Sportello dei Diritti Giovanni D’ Agata ci manda il seguente comunicato______
Se c’è un luogo, un’infrastruttura pubblica a Lecce che rappresenta meglio delle altre il degrado e l’incuria di vent’anni di amministrazione, questa è la Darsena di San Cataldo a Lecce. Uno specchio d’acqua che si affaccia su uno dei punti di mare più prossimi al centro urbano e che al di là di tutti i tentativi di recupero miseramente “naufragati” per totale assenza di programmazione e visione d’insieme, era da sempre il ritrovo degli appassionati del diporto e porto sicuro per la piccola pesca locale. Ed ora, a vedere il mesto, desolato lascito del governo Perrone, piange il cuore a vederlo così anche questa fine d’estate: completamente abbandonato a sé stesso, vuoto, con le strutture cadenti, impantanato da una coltre di alghe, fanghiglia e poseidonia morta, che rendono irrespirabile l’aria per decine, centinaia di metri di raggio e che rendono meno vivibile la zona per residenti e turisti costretti a convivere con quegli olezzi. Ma si dice che quando non si può arrivare più in basso di così, quando tutte le promesse nei confronti di ex lavoratori e custodi, dei diportisti e dei pescatori di professione sono state completamente disattese, allora dovrebbe nascere anche un’occasione di riscatto da parte dei nuovi governanti.
Ed è per questo che Giovanni mi rivolgo alla giunta Salvemini ed in particolare all’assessore all’urbanistica Rita Miglietta che da oggi avvia i primi incontri del percorso di generazione urbana delle marine leccesi lanciato attraverso il programma “Lecce è il suo mare”, ad affrontare prontamente tra i punti cardine la questione del porticciolo, per rilanciarlo una volta per tutte e per dargli una destinazione definitiva che salvaguardi quello che potrebbe diventare uno dei volani dello sviluppo economico e turistico del territorio comunale. Perché vedere un’altra estate la “Darsena” in queste condizioni è un pugno nell’occhio per un’ intera comunità che ha desiderio e voglia di riscatto.
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