TUTTO BENE? / LE INSTALLAZIONI E LE SCULTURE DI ALFRED MILOT MIRASHI A LIZZANELLO FINO AL 28 OTTOBRE
di Mariagrazia De Giorgi______Si è svolta ieri, domenica 25 giugno, a Lizanello, in piazza San Lorenzo, l’inaugurazione della prima edizione di }all right?{ Arte& Diritti Umani, rassegna aperta fino al prossimo 28 ottobre.
Le installazioni e le sculture dell’artista albanese Alfred Milot Mirashi si inseriscono nel progetto ideato e curato da Massimo Guastella, organizzato dal comune di Lizzanello e Merine in collaborazione con il Laboratorio TASC (Territorio Arti Visive e Storia dell’Arte Contemporanea), il dipartimento di Beni Culturali e di Scienze Giuridiche dell’Università del Salento.
L’obiettivo della rassegna è la sensibilizzazione dei cittadini alla tutela dei diritti umani purtroppo frequentemente ignorati e disattesi. Ecco allora che può essere chiarito il titolo di all right?{ Arte& Diritti Umani, con un significativo è’ tutto ok?
Rispondere tutto bene, in una società come la nostra, non lo si può dire, perché essa è caratterizzata da sfrenato individualismo, discriminazioni di genere, violenze di ogni tipo per cui i diritti umani vengono ad essere negati, viene meno il principio dell’uguaglianza tra tutti gli uomini e il valore stesso della vita viene ad essere offuscato e minacciato.
Il progetto }all right?{ Arte& Diritti Umani è fortemente innovativo, in quanto viene ad essere superato l’aspetto specificatamente estetico dell’opera d’arte e non vengono neppure considerati i dettami del mercato dell’arte per cui l’artista cerca con la sua opera di porsi in un rapporto dialettico con la società: si prendono così le distanze dal mainstream dell’arte contemporanea.
Installazioni, performance e dibattiti affiancheranno il laboratori pedagogici che si terranno nei prossimi mesi, in un progetto di didattica operativa tenuta da Alfred Milot Mirashi in una residenza d’artista. A tal proposito i lavori dell’autore raccontano un po’ del suo passato da profugo quando nel 1991 sbarcò a Brindisi con il suo bagaglio di incertezze e speranze.
Una scultura site specific “Passe-Partout” si inserisce in questo contesto, si tratta di una chiave contorta e distorta, metafora di apertura ed accoglienza, con la finalità di creare ma una coscienza comune che miri alla riflessione e al giudizio critico. Milot espone in varie location urbane le sue grandi “chiavi” realizzate in ferro, alluminio, vinavil, gesso, juta, schiuma e vetroresina. La chiave distorta dunque suscita riflessioni, emozioni, forse interrogativi o spaesamenti, certamente non lascia indifferenti.
Questo è solo uno dei tanti esempi in cui l’arte contemporanea, spesso bistrattata, prova ad avvicinarsi a temi difficili e mai come oggi così urgenti come quello dei diritti umani, e forse bisognerebbe avvertire questo cambiamento e cercare più risposte adeguate nell’arte e nella cultura in genere perché, probabilmente potrebbero fornire “chiavi” di lettura diverse, e aprire nuove porte. Sarebbe bello poter rispondere: sì, va tutto bene!
La scultura, la pittura, la grafica, sono forme di comunicazione, come la parola e la scrittura. Quando per farsi comprendere hanno bisogno di essere spiegate attraverso le parole o lo scritto, vuol dire che difettano nella comunicazione, vuol dire che non “trasmettono”.
Milot con le sue chiavi, non convincono, la sua Chiave sa tanto di furbata. Chiavi sotto forma di sculture giganti, chiavi dipinte, chiavi, chiavi e poi ancora chiavi.
In passato tanti artisti soprattutto scultori, quando erano a corto di idee ma dovevano partecipare ad una mostra, o magari ad un concorso tra artisti, qualche volta ricorrevano alla classica furbata che poi era quella di prendere a modello un’oggetto di uso quotidiano e realizzarlo ingigantendolo.
Quelli bravi lo riproducevano com’era nella realtà, cambiavano solo dimensioni, gli altri lo storpiavano.
Poi con le parole tutto si aggiusta tutto si spiega.
Le chiavi di Milot, stavolta vengono utilizzate per tirare in ballo il tema trito e ritrito dell’accoglienza, in altri posti le stesse chiavi sono state utilizzate per altri temi a seconda del contesto, tanto la chiave va bene per giustificare qualsiasi tema.
Pensate ci fu un regista, che titolò un suo film La Chiave, era il solito film a sfondo erotico, “la chiave” c’entrava come il cavolo a merenda, ma quel titolo fu utilizzato per presentare il film come un’opera dal valore fortemente introspettivo, dove c’entrava l’eros ma sopratutto la psicologia. Tanti fessi come me andarono la vedere dov’era il contenuto psicologico del film, non lo trovarono ma se non altro ammirarono quelle splendide opere d’arte di cui la natura aveva fornito la Sandrelli.
Solo che Tinto Brass, che pure di lavori ne ha fatti tanti, di Chiave ne ha fatta una sola.
A Milot una nuova idea la suggeriamo noi, vada a San Pietro in Lama o a Poggiardo, compri un po’ di piatti tipici salentini, di tutti i tipi e di tute le dimensioni, colorati decorati a fiori, ce ne sono per tutti i gusti, poi li rompa, li incolli, li associ e li dissoci, il piatto diventa allegoria della fame nel mondo, della fatica dell’uomo, della famiglia che si riuniva intorno ad un piatto, quello fatto con cocci diversi, alla società multirazziale, il piatto intero all’accoglienza, quello rotto in testa al marito dalla moglie che lo coglie in fragrante, insomma c’è da sbizzarriti.
Vai Milot, tanto per arricchire la biografia di critici a pagamento se ne trovano a bizzeffe, e di amministratori ignoranti pronti ad ospitare queste ” opere d’arte”, anche.