LECCE DI FRONTE AL BALLOTTAGGIO DI DOMENICA 25 / ANATRA ZOPPA, CANI SCIOLTI E PECORE MATTE
di Giuseppe Puppo_____
“Il sindaco di dx che ho votato, non Ballotta… Cioè non è andato al ballottaggio, ma forse viene risucchiato dal sindaco di sx che Ballotta cioè che va al ballottaggio e io per rimanere fedele al voto dovrei votare al ballottaggio quel sindaco di sx… che proprio per non votare lui da sx ero passata a dx. Cce fazzu…? Mintu la freccia e giro?”.
Bellissimo, il post di qualche giorno fa, sul suo diario ‘Facebook’, in quel misto di dialetto e lessico social, di una giovane insegnante leccese, emblematico del disorientamento e della confusione che accompagna l’ ultimo atto delle elezioni amministrative leccesi, in programma domenica 25.
Di chi come Vasco Rossi vorrebbe trovare un senso a questa situazione, “anche se questa situazione un senso non ce l’ha”.
Di chi non vorrebbe fare la pecora matta, che vaga all’ impazzata, ora qui, ora lì, insieme ad un gregge smarrito. E invece…
Oggi, l’ elettrice disorientata può levare il forse, perché questa mattina il suo incubo si è materializzato, con l’ annuncio dell’ accordo fra il ‘ballottante’ Carlo Salvemini e il ‘non ballottante’ Alessandro Delli Noci, insieme contro Mauro Giliberti: metterà la freccia, per girare a destra? Ritornerà a sinistra? O di frecce ne accenderà quattro, fermandosi, e scendendo, non partecipando proprio alla corsa?
Se lo chiedono in molti, in queste ore, che fare domenica prossima, a fronte di una situazione per tanti versi paradossale.
L’ ipotesi più plausibile è che in molti a votare non ci vadano proprio, stando così le cose, facendo ancora una volta e di più precipitare al ribasso l’ astensionismo registrato anche qui nelle ultime tornate amministrative.
Propongo qui di seguito in sintesi giornalistica una lettura personale della situazione
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Domenica scorsa, 11 giugno, i risultati elettorali avevano confermato sostanzialmente che non c’è voto di opinione, a Lecce città, almeno nelle amministrative, se non in termini residuali: c’è volto di apparati, e di sistema che si ridistribuisce, assecondando invenzioni estemporanee di figure di così detto rinnovamento, oppure discorsi di opportunismi così presentati.
Il centro-destra, che, per opera di Raffaele Fitto, si era inventato un’ operazione di pseudo rinnovamento, imponendo dall’ alto, su indicazione di uno solo, quale presunta figura della società civile, un candidato organico da sempre al suo apparato e ad esso legato finanche da rapporti famigliari e personali, è uscito ridimensionato, rispetto a cinque anni fa.
Mauro Giliberti dovrà rifare il tour porta a porta, amico per amico, amici degli amici, marina per marina: contrariamente a quanto pensava è stato costretto ad andare al ballottaggio. E dovrà ripetere, con sempre minore cedibilità, che farà lui, quello che i suoi non hanno fatto in dieci, o vent’ anni.
Si è fermato al 45,2 %, a fronte del 56,2 con cui fu riconfermato Paolo Perrone cinque anni prima; le liste di centro destra che lo sopportavano, pardon, supportavano, hanno preso il 52,1, mentre nel 2012 presero il 64,3. Chiarissimo.
Meno chiaro il perché il candidato abbia preso meno voti rispetto alla coalizione. Secondo taluni Henry Kissinger salentini, e Nicola Piepoli dei poveri, sarebbe un avvertimento degli apparati di partito al candidato, per dirgli in qualche modo che avrebbero continuato a tenere essi il vero potere, al di là del faccione di facciata; oppure l’ opera di qualche furbetto del quartierino che, per dirla in originalità lessicale, alla ‘scendere in campo’, ha remato contro.
Ne l’ uno, né l’ altro. Nessuno è tanto stupido da programmare un’ operazione suicida, e il fenomeno è numericamente troppo ampio per pensare all’ azione di qualcuno che si è creduto furbo.
Il voto disgiunto, del resto, non è inutile, anzi, è un’ opzione ben precisa, e utilissima, a usarla bene.
Rimane l’ ipotesi più semplice e più naturale: che, cioè, semplicemente, a 2 847 lettori di centro destra, lo scarto fra quelli che hanno votato le liste ma non lui, Mauro Giliberti non piace, e qualche motivo ci sarà.
Eh sì, i cani sciolti esistono, e quando mordono, ognuno di per sé, ma in branco inferocito, fanno male.
Specie se ci aggiungiamo i ‘biondati’, per usare il lessico di Giuseppe Ripa e del suo memorabile post che abbiamo analizzato ieri con tutta l’ attenzione che meritava.
Così, Balottelli ha segnato.
A sfidarlo sarà un altro figlio del sistema di potere dei salotti buoni, delle lobby, degli interessi forti, un figlio d’ arte che cerca di ripetere le orme paterne, dopo tanti anni e dopo tanti anni di sempre più svogliata rappresentanza: Carlo Salvemini incarna perfettamente, ne è la paradigmatica esemplificatore, il ruolo di falso oppositore, per di più scelto dagli interessi di governo altro che di lotta, degli apparati del Pd.
Aveva annunciato di non voler ritornar più a Palazzo Carafa, considerandola un’ esperienza conclusa, salvo poi cambiare idea pochi giorni dopo, quando dal cilindro della nomenklatura locale, con l’ apparente benedizione di facciata dello sceriffo di Bari, arresosi anch’ egli, dopo aver bussato invano a tante altre porte, era uscito il nome suo.
E’ riuscito a far peggio pure della Loredana Capone, la sfidante di cinque anni prima: ma almeno, e non certo per meriti suoi, ma per demerito dell’ avversario, è andato allo sballottolamento.
E ora?
E ora è un bel casino. Perché al ballottaggio si ricomincia da zero, e la presunta, del resto prevedibile, novità dell’ alleanza di oggi, il ticket Salvemini-Delli Noci, aggiunge un minimo di imprevedibilità in più.
Del resto, ribadendo che si ricomincia da zero, e sottolineando che il risultato sarà valido qualunque sia la percentuale dei votanti, o vince l’uno, o vince l’ altro.
Se vince Mauro Giliberti, non ci sono problemi di maggioranza: anzi, le liste a lui collegate avranno ancora più consiglieri rispetto ai voti presi al primo turno: dovrebbero essere 20 (su 32).
Usiamo il condizionale, perché in Italia le decine di leggi elettorali con cui andiamo a votare ogni volta in maniera diversa e ogni volta ognuna sempre con modifiche successive sono roba cervellotica. Sono così complicate, che non le capiscono nemmeno i legislatori che le hanno fatte. Spesso, nemmeno i giudici che dovrebbero sancirne l’ esito, e a volte ci sono stati giudici che hanno sconfessato in seconda battuta i loro colleghi, e questo è quanto.
Ma diamo per buona comunque sia la maggioranza netta a Giliberti nel caso prevalga al ballottaggio.
E se vince Salvemini? Un problema. Infatti, non potrà avvalersi del così detto premio di maggioranza, che nelle intenzioni del legislatore, assicura al sindaco eletto al ballottaggio la governabilità.
La legge, il testo unico sugli enti locali, al comma 10 dell’ articolo 73, dice che non scatta se al primo turno c’è stata una o più liste collegate che abbiano superato il 50% dei voti validi, insomma proprio quello che è successo domenica corsa a Lecce, tecnicamente chiamato ‘anatra zoppa’.
Quindi, pur prevalendo al ballottaggio, Salvemini avrà al massimo 8+5= 13 seggi; eviterebbe, sempre nella migliore delle ipotesi, di perderne 2, a favore di Giliberti, che comunque ne avrebbe sempre minimo 18, quindi maggioranza netta, fermo restando che in ogni caso il M5S ne ha 1.
I conti tornano, almeno quelli matematici (ma non sono affatto semplici, non basta fare due somme o due divisioni, c’è tutto un metodo a parte, che solo al nome che ha, Hondt, mette paura, ed è roba da tecnici specialisti).
Quelli politici, no: e nel caso prevalesse al ballottaggio, Carlo Salvemini dovrebbe andare a cercarsi volta per volta, ammesso e non concesso che con chissà che la possa trovare, una maggiorana ballerina in sede di voto di consiglio comunale.
Rimane da analizzare, in tutto questo contesto, la posizione di Alessandro Delli Noci. Non era credibile come nuovo che avanza, non ci stupiamo se è avanzato il vecchio: evanescente, come le app che promuoveva quando era assessore, e dimettersi da assessore, scoprirsi oppositore, tre mesi prima delle elezioni, era già di per sé una boutade.
Anzi, con l’ accozzaglia di partiti, semipartiti, pugliesi ed emiliani e liste sedicenti civiche e sedicenti rivoluzionarie che ha messo in piedi, il 16,9 % è già tanto, è già troppo, gli basta e avanza.
Oggi con l’ accordo con Carlo Salvemini, pretesto con la ratifica dell’ Udc, e i suoi interessi di poltrone baresi, alla faccia del movimentismo, ha scritto un’ altra bruttissima pagina di neo trasformismo politico. E’ andato oltre pure lui, come il suo docente Pippi Mellone di Nardò: si sono accorati con Michele Emiliano, e ne rappresentano tutto quello che il presidente della Regione Puglia ha dato in peggio di sé quale uomo di partito del Pd.
Ma non era Carlo Salvemini il candidato di Michele Emiliano?
No, era Alessandro Delli Noci, e mi risparmio la pena di spiegarlo e dimostrarlo.
Che fare?
Ognuno si regolerà secondo la propria valutazione, la propria sensibilità, la propria indole, ovvio.
Uno dei miei Maestri di giornalismo una volta scrisse che a votare bisogna andarci comunque, anche turandosi il naso.
Il problema, anzi il dramma, è che, stando così le cose, a Lecce, domenica 25, molti, pur di andare a votare, dovranno turarsi anche altro.
A Lecce la delusione dei cittadini che domenica scorsa hanno votato gli altri due candidati sindaco è tangibile e traspare sia in città sia sui social network.
In effetti non si può dar loro torto: strumentalizzati e beffati per regolare i posizionamenti delle poltrone a beneficio solo ed unicamente di interessi politici e a discapito della comunità intera.
La nostra politica ed i nostri obiettivi, trasparenti e limpidi sin dal primo giorno, ci hanno consentito di arrivare al ballottaggio senza inciuci, senza intrecci, senza commistione di interessi da dover poi regolare per il raggiungimento della vittoria ovvero a vittoria raggiunta.
Questo modo di fare politica, che rievoca i tempi più bui della politica italiana, è a noi lontano: è per questo che con Mauro Giliberti siamo convinti di poter degnamente proseguire il percorso naturale della buona politica amministrativa, dedicandoci a rendere la nostra città migliore, ad ascoltare e a rappresentare le istanze dei cittadini, lasciando ad altri le beghe politiche, gli interessi, gli affari. Non ne abbiamo il tempo né il coraggio: preferiamo poter guardare negli occhi i leccesi senza provare vergogna, come abbiamo sempre fatto.
Per Fratelli d’Italia la politica è al servizio dei cittadini, non viceversa. Ci auguriamo che, saggiamente, domenica 25 gli elettori notifichino il loro sdegno, la loro disapprovazione e il loro rifiuto nei confronti di chi si propone come “nuovo” e invece incarna vecchi metodi e condotta.
Non è così che deve andare. Era una questione di onestà intellettuale prima che si andasse al ballottaggio, di coerenza (fattore non trascurabile) ora. Chi ha votato (pur appartenendo al centro destra) Alessandro Delli Noci per protesta alla vecchia politica amministrativa del Comune di Lecce nella persona dell’ex sindaco Paolo Perrone e della sua giunta e negli anni ha sempre sentito il centro-destra come la sua casa, non può schierarsi con una coalizione di centro-sinistra. L’accordo Salvemini-Delli Noci non è il nuovo, perché fa parte di quella politica salottiera e radical-chic, che continua a usare categorie politiche oramai svuotate di senso, molto più intransigente anche rispetto alla prassi e teoria politica o marxista o fascista!
Chi ha il centro destra nel cuore non può non prendere atto che Mauro Giliberti non solo non è lo strumento politico in mano a nessun centro di potere, ma è una persona perbene, un professionista serio, che la realtà dei fatti la sa leggere e come se non la sa leggere.
Ora mi chiedo, se veramente per Lecce il suo bene comune si riduca a un mero interesse di convenienza, scambi di poltrone, volto ad aggiudicarsi un posto al sole, insomma Lecce ce la possiamo giocare tranquillamente per un piatto di lenticchie o a tre sette con il morto. Non mi interessa se ci sono progetti occulti o meno.
La mia campagna elettorale è stata fondata sul “io non sono come gli altri”, e continuerò su questa strada, perché la mia elezione è stata l’espressione di tanta brava gente che ha creduto in un giovane come me, che la politica la ama come il prodigarsi per la collettività e il non spendersi per gli inciuci.
Il mio appello a tutti i cittadini del centro destra è di farsi un attento esame di coscienza, senza se e senza ma. Lecce merita il meglio, merita chi la ama! Prima che sia troppo tardi.
Quello che il primo turno ci consegna è uno scenario insolito per Lecce, abituata ad affermazioni nette del centrodestra cittadino.
Domenica 11 giugno infatti, diversamente dal risultato di coalizione, il candidato sindaco Mauro Giliberti si è fermato sotto la soglia del 50% dei voti, accentuando il logoramento del blocco di potere storico che governa la città da 19 anni già iniziato con l’abbandono e la candidatura di Alessandro Delli Noci, ex assessore della giunta Perrone.
L’entità del voto disgiunto, che ha visto premiare le liste di centrodestra e il candidato sindaco Salvemini, è il dato rivelatore di questa lacerazione.
Resta da capire ora se questa lacerazione ha esaurito i propri effetti o si manifesterà nuovamente al secondo turno.
Ma torniamo allo scenario.
Da una parte, a sostegno di Mauro Giliberti, abbiamo la coalizione del “cumandamu nui”, quella che per decenni ha tenuto in ostaggio delle logiche della “cumparanza” le tantissime energie sane della città e che si è ritrovata spesso sotto la lente della magistratura, oggetto sia di indagini che di condanne. Questa compagine è quella che ha tenuto bloccato ogni possibile sviluppo sociale e lasciato che si aprisse la forbice delle diseguaglianze.
Dall’altra parte, contrapposto a Giliberti, troviamo Carlo Maria Salvemini, sostenuto dal Partito Democratico e da una componente civica collegata.
Ora, se non si considera Lecce un’isola nel nulla, è evidente che la drammatica situazione delle diseguaglianze evidenziata in precedenza non possa essere attribuita solo a genitori locali.
Quella situazione è figlia anche, se non soprattutto, di politiche che investono perimetri molto più ampi di quelli cittadini. Politiche che hanno tutte la chiara impronta del PD, sia a livello regionale, che nazionale, che europeo. Politiche, inoltre, che trovano proprio a Lecce alcuni dei protagonisti principali, nei governi e nelle rappresentanze sia nazionali che regionali. Le stesse personalità, per intenderci, che figurano tra i più convinti sponsor politici del gasdotto TAP, solo per citare un esempio. E già questo è un primo dato che non possiamo assolutamente ignorare.
Ma c’è di più.
L’evidenza dei numeri ci dice che il cosiddetto “centrosinistra” ha nettamente perso le elezioni, mantenendo a stento gli stessi voti di 5 anni fa, risultato che fu da tutti considerato come uno dei peggiori di sempre. In questo quadro, la scelta di fare l’apparentamento è un escamotage sì legittimo, sì perfettamente legale, ma politicamente inopportuno, non certo un “formalismo”, come lo si è fatto passare.
Si tratta di una precisa scelta politica, non certo ineluttabile, quindi, che cambia radicalmente la natura della coalizione e che potrebbe aprire, anche a Lecce, la triste stagione delle “larghe intese”. Ben avrebbe potuto Salvemini rivolgersi direttamente alla città, “aprire” la sua proposta, ma partendo dalla coalizione originaria. Così non è stato ed occorre che qualcuno se ne assuma la responsabilità politica
Se Salvemini ha superato il primo turno, lo deve tanto ad una spinta politica quanto ad una innegabile spinta civica, che adesso però, in virtù dell’apparentamento con Delli Noci e della nuova connotazione politica risultante, rischia di ritrovarsi in minoranza.
Come già accennato in precedenza, la candidatura di Delli Noci è sicuramente quella che ha scompaginato le fila del centrodestra locale. Ma questo non cancella di certo la storia e la collocazione politica dello stesso candidato e della coalizione che lo ha sostenuto al primo turno, essendo Delli Noci nato e cresciuto politicamente in casa di una protagonista indiscussa della politica cittadina (Adriana Poli Bortone) e avendo partecipato da lì al governo della città di Lecce.
La sua coalizione, accanto ad una componente personalistica che ha raccolto anche il supporto di personalità importanti del PD cittadino e regionale, presenta una variegata componente politica, che va dai transfrontalieri dell’UDC fino, addirittura, ad una formazione di dichiarata ispirazione fascista, la lista Andare Oltre, emblematica della attuale situazione politica locale: Andare Oltre è una lista creata dal sindaco di Nardò, che sceglie lo stesso nome della corrente politica di Pino Rauti, che onora pubblicamente il “camerata Ramelli” e che però sostiene apertamente, ovviamente ricambiata, il presidente di regione del PD, Michele Emiliano.
Alla luce degli apparentamenti, il quadro politico del ballottaggio che si va sempre più delineando è quello di uno scontro che è sempre meno civico e sempre più interno ai salotti bifronte del potere politico locale.
Come abbiamo già evidenziato più volte, si tratta di una semplice “alternanza” ben lontana da ogni possibilità di “alternativa”.
Di fronte allo scenario fin qui descritto, la campagna elettorale di Lecce Bene Comune è da considerarsi chiusa con il voto del 11 giugno.
Un voto che, per quanto ci riguarda, sicuramente non ci premia, ma che altrettanto sicuramente ci motiva ulteriormente a proseguire sulla via del radicamento, attraverso i progetti sociali già avviati e quelli in via di definizione, aprendoci sempre più a quelle forze di sinistra antiliberiste che mal digeriscono il voto utile. È del tutto evidente, tuttavia, che la nostra associazione non abbia alcuna possibilità di sentirsi direttamente coinvolta in alcuno dei progetti politici che si affronteranno domenica prossima.
L’associazione, così come il suo elettorato, a prescindere dalla sua numerosità, è composta da cittadine e cittadini che avvertono come comunque importante l’esercizio del diritto di voto. Per questo motivo, così come in occasione del referendum sulle trivellazioni abbiamo aspramente criticato chi, dai banchi del governo, rivolgeva appelli all’astensione, allo stesso modo oggi non abbiamo alcuna intenzione di invitare l’elettorato a disertare le urne e “andare al mare”.
Il 4 dicembre scorso, come già accaduto in passato, abbiamo combattuto con tutte le nostre energie e vinto una grande battaglia in difesa della Costituzione dagli attacchi spregiudicati di un governo arrogante. Come già affermato più volte, quella Carta rappresenta per noi molto più di una legge. La piena attuazione di quanto in essa contenuto rappresenta il programma politico fondamentale a cui tutte e tutti noi ispiriamo il nostro impegno. La nostra Costituzione, allo stesso articolo 48 che sancisce il dovere civico del voto, recita: “Il voto è personale ed eguale, libero e segreto”.
La libertà del voto è affermata e tutelata dalla Costituzione e non è, quindi, qualcosa che possa essere “lasciata”, come troppo spesso sentiamo dire in queste circostanze, per lo stesso motivo per cui, all’opposto, non può essere limitata, salvo i casi previsti dalla legge, o vincolata. A maggior ragione in un contesto, come quello leccese, in cui il voto continua ad essere scambiato o comprato.
Dunque, domenica 25 noi ci recheremo alle urne ad esercitare i nostri diritti costituzionali, e ognuna e ognuno di noi lo farà scegliendo – in totale libertà – fra tutti i comportamenti previsti per legge all’interno del seggio elettorale. Ognuna e ognuno di noi eserciterà i propri diritti e la propria libertà in maniera piena ed esclusiva, come sancito appunto dalla nostra Costituzione.
Domenica prossima, nella città capoluogo, di svolgerà il secondo turno delle elezioni amministrative. Al ballottaggio vanno Mauro Giliberti, sostenuto dalla compagine di centrodestra che amministra la città,
ininterrottamente, da oltre 20 anni – dopo la brevissima parentesi dell’unica giunta di centro sinistra,caduta per mano di una parte della sua stessa maggioranza – e Carlo Salvemini per una coalizione formata
dal PD e da liste civiche “gemmate” dallo stesso partito democratico.
Quest’ultimo, nella fase del ballottaggio ha stretto un apparentamento elettorale con la coalizione che sosteneva il candidato Alessandro Delli Noci, ex assessore della giunta uscente di centrodestra e che annoverava tra le liste a suo sostegno – ed oggi a sostegno di Salvemini, anche “Andare Oltre”, una lista il cui nome richiama la corrente missina di Pino Rauti e che ha nel sindaco di Nardò il suo esponente di punta, il quale non poche volte ha dimostrato la sua ispirazione fascista.
Come è noto, Rifondazione Comunista, da sempre all’interno dell’associazione Lecce Bene Comune insieme a Sinistra Italiana ed alla componente civica , ha appoggiato convintamente la candidatura di Luca Ruberti e contribuito alla campagna elettorale della lista che lo sosteneva, anche con candidati di area, oltre che con l’apporto fattivo dei nostri militanti.
Riteniamo che, sebbene il risultato di “Lecce Bene Comune” non abbia
premiato l’impegno di tante compagne e compagni che hanno lavorato alla campagna elettorale, le 850 preferenze raccolte incoraggino a proseguire sulla strada intrapresa dai compagni leccesi, che è la strada
della coerenza rispetto ad un ideale e della rappresentanza degli ultimi, di coloro che oggi non hanno rappresentanza ma sono, al più, voti da comprare in cambio di promesse elettorali.
Il compito non è facile, ma i primi passi sono stati mossi nella giusta direzione, che è quella delle “Città ribelli” che, in tutta Europa,
si oppongono alle politiche liberiste, praticate senza distinzione dalla destra e dal sedicente centrosinistra.
In questo quadro, non possiamo che concordare anche noi con il documento licenziato dall’assemblea di Lecce Bene Comune, che si è riunita per deliberare la posizione dell‘associazione e dei suoi membri,
simpatizzanti e candidati, rispetto al ballottaggio.
Concordiamo, in particolare, con l’analisi fatta dei due candidati in lizza, che seppure apparentemente e nominalmente collocati su posizioni contrapposte, sono in realtà le due facce della stessa medaglia: una
medaglia di destra liberista.
Ed infatti, se è improponibile votare per Mauro Giliberti, che rappresenta la peggiore destra, protagonista nei suoi esponenti più noti anche di inchieste giudiziarie e che ha governato questa città con una arroganza pari solo alla sua incompetenza, è altrettanto improponibile votare per il candidato Salvemini, sostenuto da
esponenti di quel partito democratico che ha massacrato i diritti dei lavoratori, distrutto la scuola pubblica e tagliato servizi essenziali in nome del pareggio di bilancio imposto dai tecnocrati europei.
Quel partito democratico che, qui nel Salento, è il principale sponsor della TAP. Un candidato che si dichiara di centrosinistra, ma che, tuttavia, non ha esitato ad apparentarsi con la coalizione che ha sostenuto Delli Noci che – fino a poche settimane fa – definiva il prodotto della politica del centrodestra leccese, per nulla
diverso da chi da oltre vent’anni governa la città.
Riteniamo che l’esito del primo turno abbia consegnato ai
leccesi la scelta tra il “male” ed il “peggio”, una scelta che ci sentiamo di respingere.
Da Comunisti pensiamo che il voto sia un diritto e anche un dovere civico, ma che lo stesso rappresenti la più alta forma di partecipazione dei cittadini alla vita politica e, dunque, vada dato solo a chi ci rappresenta.
Oggi, a Lecce, nessuno dei due contendenti rispecchia gli interessi dei compagni e delle compagne che si riconoscono nei principi di libertà, uguaglianza e solidarietà e nei valori dell’antifascismo.
Siamo altresì consapevoli del fatto che il voto è personale, libero e segreto e che dunque nessuno può disporne, tuttavia ci sentiamo di indicare ai nostri elettori e simpatizzanti quella che è la sola alternativa possibile per chi domenica a Lecce sarà chiamato a votare: uscire dall’urna con una scheda bianca o non entrarci.
Il ballottaggio del 25 giugno è l’ultima vera occasione che il popolo di centrodestra di Lecce ha per scongiurare inciuci e spartizioni di poltrone per i prossimi anni.
Fratelli d’Italia lancia l’appello affinché chiunque abbia alle spalle una storia, un ideale, un percorso di destra, voti compatto Mauro Giliberti, che si è fatto portavoce di cittadini e che mai lascerebbe la propria dittà nelle mani della sinistra.
Gli amministratori sono lo specchio dei cittadini, Fratelli d’Italia l’ha dimostrato crescendo ed acquisendo consensi ad ogni elezione, schierandosi sempre dalla parte degli italiani e in difesa dei suoi diritti.
Domenica sarà l’occasione giusta per dire a questo governo succube dei poteri forti e delle banche che la buona politica esiste ancora e chi ne identifica i valori è meritevole di fiducia e va premiato.