XYLELLA AL VETRIOLO. PAROLA D’ORDINE DEL BRANCO: SCREDITARE E MINACCIARE
di Eleonora Ciminiello__________”Finalmente un po’ di mazzate sulla testa di quei coglioni criminali, analfabeti, cazzari fasciogrillini di NOTAP e compagnia ragliante. Troppo poche (avrebbero dovuto passarci sopra con i cingoli, a quei decerebrati) e decisamente in ritardo. Ma meglio di niente. Una bella giornata per lo Stato di diritto, o anche solo per chi pensa che le scimmie abbiano diritto a esprimersi solo in una gabbia allo zoo. Poi, certo, c’è sempre la speranza irragionevole che, prima o poi, qualcuno degli olivicoltori rovinati dai deliri di quei vermi infami di Casili, Gioffreda, Blasi o simile feccia li vada a prendere a casa per appenderli, in preda a ira sacrosanta, a un gancio da macellaio.”
“Sto pensando se ci sarà anche Nadia Toffa a Bari…..- La di può invitare, e far salire su un albero…. ma cu se mina –Allora vai e te la mangi viva!!!“
Ad andare di moda sono la derisione e lo screditamento dell’individuo, nella sua professionalità ma anche nella sua immagine, ma è evidente come in molti casi dall’ingiuria si passa alla minaccia fisica, con modalità che non differiscono in nulla rispetto a quelle operate dal branco, o peggio, da quelle di “scagnozzi” al servizio di un qualche padrone.
Protagonisti di post e commenti sono tutti coloro che negli ultimi quattro anni hanno sollevato dubbi ed evidenziato perplessità sulle modalità di identificazione di xylella come patogeno degli ulivi, ma soprattutto sull’assenza di una ricerca plurale ed aperta a studi analitici, multidisciplinari e concreti sulle condizioni dei terreni su cui insistono gli ulivi colpiti da disseccamento, così come sulle condizioni della falda acquifera salentina ed infine sulla totale mancanza di analisi fisico chimiche degli ulivi stessi.
Chi è finito al centro delle attenzioni del branco?
Partiamo da Ivano Gioffreda, presidente di Spazi Popolari e agroecologo. Ivano Gioffreda è stato il primo a sollevare perplessità e dubbi sulla patogenicità di xylella, sostenendo la necessità di guardare il disseccamento nel suo complesso di fattori piuttosto che ravvisare nel batterio la causa madre. Gioffreda ha sempre sottolineato come la chiusura della ricerca ai soli centri di Bari, Università e CNR, e la limitazione delle analisi al centro privato Basile Caramia, fosse una mossa che si poneva nettamente contro la Costituzione Italiana, oltre ad essere probabilmente dettata da interessi più o meno evidenti. Gioffreda ha evidenziato la necessità di salvaguardare l’agricoltura salentina, intesa come ritorno alle buone pratiche ed abbandono della chimica, ed il patrimonio olivicolo autoctono, simbolo distintivo non solo dell’ecosistema Salento ma anche di una tipicità a livello alimentare, unica al mondo.
Il suo “modo” di guardare all’agricoltura non poteva che cozzare sia con le affermazioni della “scienza” che con il “credo” delle associazioni di categoria identificati entrambi come i veri protagonisti di un corri corri ai finanziamenti pubblici ai danni del territorio tutto.
Fernando Blasi, in arte Nandu Popu, cantante e front man dei Sud Sound System, è sempre stato l’unico musicista pugliese a porsi al fianco delle lotte ambientali che coinvolgono il territorio: da Cerano a xylella, da Tap all’Ilva, sino al Poseidon ha messo in luce le responsabilità della politica e gli interessi economici delle lobby ai danni del territorio.
Cristian Casili, agronomo e consigliere regionale del movimento 5 Stelle, nonché vicepresidente della V Commissione Ambiente della Regione Puglia, da quattro anni evidenzia le gravi carenze politiche nell’affrontare il disseccamento rapido degli ulivi e l’esigenza di affrontare il fenomeno con un respiro più ampio, capace di guardare all’ecosistema, all’economia agricola, ed alle loro rispettive problematiche, a 360°. Oltre a salvaguardare il territorio e la sua biodiversità, Casili è l’unico consigliere regionale che combatte per difendere gli interessi dei piccoli proprietari terrieri succubi di leggi che puniscono la loro condizione, anziché alleviarla, e tendono solo ad impinguare le casse delle aziende dei grandi produttori olivicoli.
Il tentativo di coprire di ridicolo chi si è interessato alla vicenda è andato a intaccare anche figure come Nicola Grasso, docente di Diritto Costituzionale presso l’Università del Salento di Lecce. L’attacco che gli si rivolge sui social viene dopo l’intervista da lui rilasciata a Luciano Mirone.
Luciano Mirone, le cui investigazioni antimafia sono riuscite a portare alla luce le evidenze dell’assassinio, e non del suicidio, di Attilio Manca, sarà certamente abituato alle minacce, ma leggere screditamenti e minacce ai danni di un professionista stimato in ambiente accademico, qual è Nicola Grasso, è abberrante. Grasso è da sempre impegnato nello studio di fatti ed eventi che possono intaccare l’ambiente e inficiarne la salvaguardia. Da costituzionalista e docente di “Legislazione e diritto dei beni ambientali e culturali”, Grasso non poteva non interessarsi al batterio e alle sue implicazioni sul territorio.
Proprio la tensione di Grasso a contrastare le illegalità, ha trovato nel suo Salento terreno fertile, tanto da spingerlo a divenire parte attiva, nello studio delle Leggi regionali, nazionali e comunitarie in materia di xylella: da subito, difatti, ha sostenuto lo studio legale che ha pianificato te portato avanti tutti i ricorsi che negli anni si sono succeduti.
Lo studio della legislazione per il contrasto “a xylella” e le sue falle, hanno condotto il docente a segnalare molti punti oscuri ed illegittimi dal punto di vista normativo e costituzionale. È un uomo di Legge, non un ambientalista, esattamente come uomo di legge è il Procuratore antimafia Cataldo Motta, il cui tentativo di screditamento non può che creare grosso sconcerto.
Motta agisce in quegli ambiti in cui le indagini evincono potenziali illegalità: se le illegalità sono commesse da ricercatori, piuttosto che da scienziati, medici, geologi ai danni del territorio e dei cittadini, è giusto o meno che la Legge intervenga? E’ giusto o meno che la Procura indaghi?
L’indignazione della scienza per l'”intromissione” della magistratura sul suo operato è fuori da ogni logica, non solo perché mossa contro un Procuratore Antimafia ma perché a muoverla è chi dovrebbe avere interessi a comprendere la verità e non nasconderla dietro un velo.
Il Procuratore non ha valutato in autonomia le azioni scientifiche condotte dagli indagati, che ricordiamo tuttora ricoprono i loro ruoli e continuano a stabilire cosa sia giusto o non giusto per l’agricoltura salentina, ma si è servito di autorevoli pareri scientifici.
La domanda che ricorre è quindi perché? Perché attaccare tutti coloro che cercano la risposta alla domanda: cosa succede davvero agli ulivi in Salento? Perché questo accanimento, questo livore, questo arrogante e tronfio modo d’agire?
Per capirlo forse sarebbe meglio comprendere da chi è composto il “branco”.
A mettere in atto derisioni, danni alla professionalità, all’immagine, minacce e screditamenti vari, sono, come hanno detto essi stessi in altri commenti, i sostenitori delle cultivar resistenti e i fedelissimi dei ricercatori indagati dalla Procura di Lecce, ruotanti nell’orbita delle associazioni di categoria, Coldiretti in primis. I dubbi sollevati negli anni sulle associazioni di categoria e su Coldiretti in modo particolare, nascono dai legami che essa ed altre associazioni di categoria hanno con i centri e le personalità interessati dalle indagini della magistratura, ovvero CNR di Bari, Basile Caramia ed Università di Bari. Coldiretti, infatti, è fra gli enti partecipanti del centro privato Basile Caramia, i CAF Coldiretti sono gli unici CAF convenzionati con l’Università di Bari e sempre Coldiretti partecipa alla coalizione #pattoperilterritorio di cui fanno parte, tra gli altri, Università di Bari, CNR di Bari e CRSA Basile Caramia. Coldiretti partecipa anche al progetto POnte, finanziato da Horizon 2020, assieme a CNR di Bari e Basile Caramia.
Quindi, tra finanziamenti europei per la ricerca condivisi, fondi regionali e nazionali da devolvere alla ricerca e alle aziende, e partecipazioni a progetti e coalizioni, è legittimo o no sollevare dubbi sulla condivisione di interessi ed obbiettivi di associazioni di categoria, frantoiani, CNR, Università di Bari e Basile Caramia? A questo si aggiunge che i tutti questi soggetti sono sostenitori accaniti delle cultivar resistenti, che dovrebbero sostituire gli ulivi salentini.
Queste cultivar dedicate all’olivicoltura industriale non possono in alcun modo divenire varietà idonee ad esser coltivate dai piccoli agricoltori, che finiranno con lasciare campo libero ai grandi proprietari terrieri e alle imprese edili.
Cosa spinge il “branco” all’odio e alle minacce?
Leggendo post e commenti le risposte possono essere molteplici: forse a muovere il “branco” è il tentativo di deridere, minacciare e isolare il singolo per sminuire la credibilità agli occhi dei cittadini, o forse il tentativo di eliminare con la violenza verbale ostacoli che persistono da anni.
Più semplicemente potrebbe essere solo la rabbia e la paura del “branco”: la prima si muove nei confronti di chi continua a scoperchiare vasi di Pandora e mettere in luce quelle verità scomode sconosciute ai più; la seconda, la paura, nasce dalle richieste, sempre più frequenti da parte dei contadini, di alternative che mirano a salvaguardare i loro oliveti.
In ultima analisi potrebbe anche essere una strategia del branco, ben precisa, che mira a infangare e screditare chi si oppone alla “voce maestra” per far in modo che i piccoli agricoltori, ormai in balia degli eventi, rientrino nell’ovile e non diano fiducia ad “altri”.
Screditare e minacciare, per isolare e lasciar cadere nel dimenticatoio un individuo è una tecnica messa a punto da tempo, funzionerà anche in Salento? I contadini si lasceranno convincere o continueranno a chiedere: cosa succede agli ulivi?
Noi speriamo che continuino ad informarsi e cercare di capire, che siano autori attivi del destino dei loro oliveti e non succubi di scelte di altri, che si ritorceranno, probabilmente in un futuro non troppo lontano, proprio contro di loro.
Category: Costume e società, Cronaca, Politica
Questo articolo contiene affermazioni infamanti e da denuncia. Questo non è giornalismo ma sciacallaggio.
Oltre ad essere di difficile comprensione, contiene errori logici, concettuali ed accuse molto gravi.
Il mio appoggio morale ai ricercatori coinvolti nel caso Xylella, bersagliati dall’ignoranza superba di contadini e giornalai.
Nel leggere l’articolo sono rimasto senza parole. Motta, il docente universitario.Ma chi sono questi delinquenti? Non seguo molto ciò che ruota intorno alla xylella ma un fatto è certamente evidente: non si è fatto nulla per salvare gli ulivi e lo vediamo ogni giorno. Pensavo si fossero limitati a chiacchiere ed illusioni da incontri, assistetti ad uno e mi diedero l’impressione di essere una sorta di setta, ed invece…Sconcertante. Grazie per aver fatto emergere quello che non tutti riescono a vedere perchè non sono sui social, come me.
SE, “Un sano di mente” è colui che parla di sciacallaggio, e offende la giornalista che sta dimostrando non solo di essere ferrata in materia ma sopratutto di avere coraggio da vendere, allora voglio annoverarmi pure io tra i malati di mente.
E per dirla con il poeta:
“SIATE FOLLI, PER ESSERE NORMALI, POICHE’ LA VOSTRA NORMALITÀ’, VI HA PORTATO ALLLA FOLLIA.
Secondo me “un sano di mente” non ha capito il senso dell articolo. Le prime righe in alto non sono della giornalista ma sono state copiate e incollate da commenti fatti su pagine fb e/o altri social…