“Ragazzi, leggete, stupitevi, e innamoratevi della scrittura, per liberarvi e per continuare a sognare”. DAVANTI AGLI STUDENTI DELL’ UNISALENTO ATTENTI E PARTECIPI, GLI ‘STATI GENERALI DELLA NARRATIVA SALENTINA’. ECCO CHI C’ ERA E CHE COSA HANNO DETTO
di Giuseppe Puppo______
Scrivere è sempre attività meritoria. E perché scrive lo scrittore? Per sé stesso, sì, in prima battuta, ma poi per condividere, scrive; e per farsi perdonare l’ egoismo, l’ ampio margine di autoreferenzialità, si mette a nudo, si tormenta, a volte, si dilania, pensando alle sue esperienze, e nel buio della coscienza, con le sue frasi, cerca una mano sconosciuta da poter stringere nell’ oscurità.
Ripensare al passato, e specie quello prossimo, come fa sempre lo scrittore, che lo faccia per passione, per mestiere, o per hhhobby fantozziano, non importa, è poi comunque un’ encomiabile occupazione.
A volte, serve a dare forma ad un rimpianto.
A volte, per dire le parole che non ti ho mai detto.
Spesso, a rivivere, e a far rivivere la vita, come un film che credevi di aver già visto, ma che si ripropone invece trepido e sapido come mai prima, specie quando ti accorgi che l’ avevi già visto sì, ma che non l’ avevi capito per niente.
Scrivono tanto i suoi ragazzi, ha raccontato, compiaciuto, il professor Marcello Aprile, docente di linguistica italiana dell’ UniSalento, che ha voluto gli “Stati Generali della Narrativa Salentina”, il seminario accademico tenutosi questa mattina presso il Rettorato di piazza Tancredi, e organizzato dal ‘nostro’ giornalista e scrittore laureando, Annibale Gagliani e la sua associazione ‘Cafe Barocco Revolution’, in collaborazione con leccecronaca.it e il Dipartimento di studi umanistici dell’Università del Salento, per gli studenti di Lingue, Lettere e Scienze della Comunicazione, presenti in numero consistente, circa duecento, e con attenzione partecipe.
I ‘crediti’ guadagnati con la partecipazione sono passati, infatti, attraverso la compilazione di schede e report, consegnati alla fine, e chissà cosa avranno portato dentro di sé, destinato a germogliare, magari a distanza di tempo, all’ improvviso, come spesso accade in occasioni come questa, quando si semina, la passione coltiva e il tempo fa germogliare.
Tecnologie assortite e collegamenti vari messi a punto, ‘si sente?’, ‘si sente!’, Pronti?, Via! e, con Annibale in qualità di presentatore, e Marcello di animatore-intervistatore, si comincia, proprio con me.
Ho cercato di collocare storicamente il mio “La notte il cielo e rosso”, ideato negli anni Novanta, finito ai primi del Duemila, il mio primo unico romanzo, uscito, ed allora era una impresa inedita, solo su internet, quando ancora a scaricare una foto ci volevano cinque minuti.
Dopo, libri di saggistica, collaborazioni giornalistiche, ma mai più narrativa.
Il saggista, il giornalista, scrive per gli altri; il narratore scrive per sé stesso: e da allora decisi di scrivere per gli altri, e per me stesso non ebbi mai più tempo.
Beh, un po’ sorpreso, un po’ lusingato, un po’ addirittura commosso, mi è già venuta voglia di scriverne un secondo, di romanzo, una specie di sequel.
Intanto, ho parlato ai ragazzi di Brasillach e dei suoi ‘sette colori’, del linguaggio radiofonico di Celine, ai quali mi ero ispirato, “il linguaggio che si fa suono, odore e forma delle cose, che suscita e trasmette l’emozione del mondo“, come mi ha scritto Teodoro Giuttari; e di Fruttero e Lucentini, autori del romanzo che in assoluto meglio di tutti a mio avviso rappresenta una città, ‘La donna della domenica’, lanciando ai relatori presenti la sfida a scriverne uno che ancora manca e che rappresenti Lecce, che ne colga l’ anima, ma qui mi sono fermato e autocensurato, e non ho voluto indulgere a nessuna polemica, perché la cultura bisogna in primo luogo amarla, e promuoverla in un certo modo, per non rimanere a ‘zero tituli’ nella corsa a capitale europea. Solo allora, potremo diventare ‘la capitale mondiale della cultura’, centro di creatività permanente, che non ci faccia più cambiare idea sulle cose, sulla gente, ma che sia, davvero, per dirla con Annibale, ‘Cafe Barocco Revolution’. Amen.
E veniamo ai certo più degni di me relatori presenti alla bella mattinata sulla narrativa salentina, ognuno dei quali ha parlato delle sue attività, dei suoi progetti, delle sue esperienze, in un quadro articolato, in una tavola rotonda che alla fine ha trovato in questo, proprio per questo, la sua quadra, ed è diventata una tavola quadrata e compiuta, un ‘convivium’, da cui ognuno potrà liberamente attingere.
Ed ecco subito Enrico Martina, ideatore/promotore del concorso letterario ‘Fuori dal cassetto’, che, sotto l’ egida del professor Aprile, piano piano, anno per anno, e siamo ormai al settimo, si è ritagliato una sua precisa autonomia, una vera e propria identità: quella di far uscire, appunto, dal sommerso, testi inediti, veri e propri patrimoni personali da valorizzare, e far conoscere con apposite pubblicazioni. Crisi del settimo anno? Macché, anzi: il premio si è triplicato, estendendosi anche alla poesia e alla fotografia, e attende i già tanti nuovi partecipanti, che desiderino mettersi alla prova, o per meglio dire mettersi in gioco, per sé e con gli altri, col termine fissato, per questa edizione, con tema del viaggio, al 5 maggio prossimo. Hai un inedito nascosto nel cassetto? Escilo! E mandalo ad Enrico!
A seguire, Stefano Donno, ‘editore coraggioso’, l’ ha definito il presentatore. Grande appassionato di poesia, poi, ed elevato poeta egli stesso. Già, in un Salento che vanta la più alta densità di case editrici rispetto al panorama nazionale, Donno ne ha fondata una nuova, un po’ lavata con il Perlana del ‘Bardo’ di Copertino, con copertine tutte nuove, formato studiato ad hoc, tre collane, nuove proposte e via alla ricerca di talenti nel territorio, con l’ ambizione di portarli all’ attenzione nazionale, facendoli uscire dal Sud del Sud dei santi.
Ecco la realtà, già consolidata, de ‘ i Quaderni del Bardo’, iQdB in acronimo, che sta articolando ‘progetti alternativi’, come li ha definiti il suo patron, in ‘contesti alternativi’, accettando anche la sfida di andare a trovarsi anche i lettori, in numeri e forme diverse, anzi lanciandola.
Poi, ecco Paolo La Peruta, fondatore e proprietario a Lecce città del ‘Caffè Letterario’ di via Paladini, centro di tante belle serate di presentazioni librarie e ritrovo abituale di appassionati, nonché ‘location’, come dicono quelli che parlano bene l’ italiano, dei suoi romanzi gialli, dove ci sono puntualmente morti ammazzati, e ‘speriamo che non succeda mai davvero’…Ha confessato il narratore/esercente, ma con l’ aria di chi volesse invece dire ‘speriamo che prima o poi succeda davvero’. Simpaticissimo, poi, La Peruta, ‘Per Giove’, come si chiama il suo noir d’ esordio.
Ha preso lo spunto dal titolo del suo ultimo thriller ‘Quante storie per un caffè’, titolo azzeccatissimo, che rimanda alle conoscenze virtuali, specie quelle nate e magari poi finite in un locale, e molte volte un titolo nel difficile mondo dell’ editoria fa non solo la differenza, ma sostanzia da solo tutto quanto.
Ha confessato proprio di voler piacere, con i suoi libri, in particolare al pubblico femminile, e ci siamo capiti, raccontando poi di quando gli scrivono invece i fidanzati, o i mariti, delle sue lettrici, che poco gradiscono i suoi meriti letterari, o di quando la conoscenza si concretizza, ma, in un senso o nell’ altro, si rivela una delusione, mai ‘na gioia.
Beh, che dirgli? Riprova sarai più fortunato. E se qualcuno sia in procinto di appuntamenti galanti, l’ effetto, il colpo, buono, è assicurato: dia pure questo strano appuntamento al Caffè Letterario nel centro storico di Lecce. Non sarà una follia, magari non sarà nemmeno un’ avventura.
A proposito di titoli azzeccatissimi… Che dire allora di “Un caffè in ghiaccio con latte di mandorla”, di Valentina Perrone? Il ‘caso’ editoriale tutto salentino degli ultimi mesi, delle Edizioni Esperidi di Claudio Martino? Il libro dell’ estate, ecco, e basta.
“Ho incrociato di nuovo occhi bellissimi con cui ho condiviso la parte migliore di me“, ha già scritto sul suo profilo ‘Facebook’ Valentina, a proposito di questo incontro all’ Unisalento, in cui invece ha raccontato la sua esperienza degli ultimi mesi, invitata da più parti, a ‘presentare’ la sua raccolta di racconti, ‘momenti preziosi di condivisione’, che sono poi tante ‘storie di donne salentine’, che si incrociano appunto davanti ad un caffè, magari con la variante nostra dei mesi caldi. E ora sta lavorando ad un romanzo, una bella sfida, perché passare dal racconto alla più variegata e certo più problematica dimensione del romanzo è già di per sé un’ impresa.
Coraggio, Valentina, attesa al varco della riconferma superiore…E che Claudio Martino le trovi subito un altro titolo bomba!
E’ stata poi la volta di Simona Toma, con la sua vis polemica, a proposito in primo luogo della gestione politica della cultura a Lecce, dove “non c’è amore per la cultura” da parte dei responsabili, e qui novantadue minuti di applausi, in standing ovation, avrei voluto farle, ma nelle vesti di umile cronista della mattinata, mi sono astenuto.
In ‘Mi chiamano Ada’, si è immedesimata nella parte di una casalinga leccese, coraggiosa, quanto insoddisfatta, ma che non dispera di poter cambiare il mondo, cominciando col cambiare, a cinquant’ anni, almeno la propria esistenza, tanto per cominciare.
Poi, un altro romanzo, ‘Da domani mi alzo presto’, e in mezzo docente di corsi di scrittura, e lavori di sceneggiatura, mentre è ora proiettata sulla narrativa per bambini.
Inventrice comunque, nella sua narrativa, di una lingua particolare, “l’ italiano che si parla nel Salento’, già oggetto di studi da parte del professor Marcello Aprile, che è poi una bella soddisfazione. Tutta da vedere, impossibile da raccontare in un resoconto giornalistico, la spiegazione che il docente ha dato del suo interessamento, arrivando a mimare l’ intercalare, il modo di porgere, le espressioni tipiche, del dialetto salentino, che la scrittrice ha reso nella sua lingua letteraria ad hoc.
Poi, è stata la volta di Massimiliano Cassone, scrittore di peso e di pancia, come egli stesso si è definito con compunta autoironia, protagonista del fortunato e anzi storico programma televisivo calcistico ‘Piazza Giallorossa’, ma anche autore di romanzi di ricostruzione della realtà salentina più scabrosa, più difficile, come “Quattro sbarre nell’ anima”
Anch’ egli ha già fatto una sintesi delle sue impressioni dopo l’ incontro di questa mattina sul suo profilo ‘Facebook’: “Quando ho visto tutti quei ragazzi, tantissimi che erano lì ad ascoltare noi, mi sono emozionato; la prima cosa che ho pensato è stata: “Vorrei avere la forza economica per regalare il mio libro a tutti”. Poi ho chiuso per un attimo gli occhi…, ho ascoltato; adoro ascoltare… ed ho capito, ribadendo con forza una mia convinzione, di essere diverso da come venivo presentato: “scrittore”. No, non mi sento uno scrittore… l’ho detto subito ai presenti: “Sono un umile artigiano delle parole”.
E ribadisco il mio invito (consiglio non mi piace) a tutti i ragazzi: “Scrivete, leggete, stupitevi, innamoratevi della scrittura e credeteci; non fatevi dire da nessuno che è difficile, che è impossibile… scrivete per liberarvi e per continuare a sognare”.
Grazie, perché oltre ad aiutarmi a finire questo pezzo, mi ha dato pure un ottimo titolo da metterci: e anche nel giornalismo, come nell’ editoria, i titoli sono fondamentali.
Ecco ancora Andrea Martina, che dice no, e “C’è chi dice no’ con licenza di Vasco, si chiama il suo romanzo che, al pari del primo, ‘Fratelli di strada’, ha trovato ampi riscontri di pubblico, richiamato prima, e tenuto avvinto poi, dal dipanarsi delle trame e delle atmosfere, sapientemente create e ricreate dall’ autore: c’è chi dice sì, a lui.
In più, ad appena 25 anni, egli ha già all’ attivo lavori di sceneggiatura e di adattamenti teatrali, con cui ha iniziato un proficuo percorso di rappresentazioni ed eventi culturali, complimenti.
Gran finale con Fernando Blasi, leader storico dei Sud Sound System, in arte Nandu Popu, ma da qualche anno anche scrittore, con lo splendido esordio di ‘Salento fuoco e fiamme’, cui seguirà presto un secondo romanzo che sta ultimando.
E’ stato l’ intervento meno ‘letterario’, il suo, ma il più appassionato, il più carico di impegno civile, con l’ eco chiarissima delle battaglie in difesa del territorio, della lotta alla mafia, del necessario recupero delle tradizioni, della cultura, della filosofia, della cultura popolare, che poi in questa terra sono profondamente radicate, come gli ulivi millenari, e da questa terra han dato splendidi esiti.
Tutte cose bellissime.
Occorre recuperarli e svilupparli, ora, rilanciarli e trasmetterli, vincendo la rassegnazione, l’ indifferenza, il menefreghismo, con l’ impegno, l’ informazione, la partecipazione: che se no facciamo vincere speculatori e mafiosi, se ‘li lasciamo fare’, con la nostra ignoranza più o meno voluta, con l’ alibi di comodo dell’ impossibilità a reagire.
E avrà poi continuate a dirle queste cose bellissime, ai tanti ragazzi che alla fine lo hanno attorniato, per l’ immancabile ‘selfie’ ma un ‘selfie’ con la cultura, quella vera, questa volta.
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