109 ANNI DI INDOMABILE PASSIONE, IN POCO PIU’ DI 600 PAROLE MARCHIATE COL SUDORE DEI NOSTRI ANTI-EROI: LO STEMMA BAGNATO DALLE LACRIME DEI “REALI” TIFOSI E ACCESO DALLA CONVINZIONE NEL “RINASCIMENTO”
di Annibale Gagliani______
‹‹Siamo, quel che ci manca. Da sempre›› .
E bravo Carmelo Bene, genio dannato tra diademi di cartapesta e fermenti in pietra leccese: con una frasetta ha racchiuso un micro-universo quasi mai compreso. Quanto era dura abitare a Lecce nel primo novecento, non bastavano pasticciotti e fiumi di negroamaro ad alleviare i tarli dolenti.
Se ci si affaccia dall’Anfiteatro greco-romano, riecheggiano ancora sogni microscopici di giovanotti ribelli. Acteurs coraugeux! Speravano di accarezzare le cosce suadenti della Belle Èpoque o perlomeno di inquinare i propri polmoni col fumo proletario.
E pensare che sotto una costellazione non tanto distante si parlava di Welfare State, nichilismo o positivismo. Beh, ci si perdeva anche nel football. Cade un specie di asteroide da Roma nel Salento: ecco il cosiddetto Coupe de Théậtre! In una cittadina dalle 33.000 anime assai affamate (di sapere, di fave e cicorie), fu la gioventù resistente a dipingere sprazzi di passione:
15 marzo 1908, nasce in via Brunetti lo Sporting Club Lecce.
Romance dall’incipit menato nel campetto della pista comunale di via Brindisi, gravido di fazioni politiche e arte permanente. I primattori di questa scena narravano un soccer veracemente romantico, dove i presidenti, bevitori di provvidenza, sputavano in faccia alle primedonne. E poi sentite che mass media! Agri giornaletti dall’ardore classicista, sporadici passaggi radio, nessun social network.
O forse si! Regnavano le agorà non on line, ma on walk: i Cafè: centro gravitazionale di tutte le emozioni impolverate nei campi terrosi. Qui le special guests erano anime semplici che sormontarono ben due cataclismi mondiali, ricostruendo a mani nude desideri al profumo di loto. Nel pieno di tali epoche la Società calcistica vide annoverare nel suo staff diverse figure esemplari: le president De Castris, Jarolsaw Schüller (cecoslovacco dal tocco leggiadro, direi carioca) e il giocatore-sindaco Carlo Pranzo (che cantava, amministrava e portava la croce come pochi).
Il brand subisce una metamorfosi: diventa Unione Sportiva Lecce. Ci si sveglia in un’alba ricordata come Boom economico, che vide l’Italia culturale aggrapparsi a figure-mito del calibro di Valentino Mazzola, Modugno, Fellini e Pasolini. Il neorealismo arrivò presto sulle rive di San Cataldo: partì un’escalation sentimentale che diede nuova linfa ai media, allo sport e alla concezione di individuo nell’emisfero.
Quanto fu bella l’inaugurazione del Via del Mare il 2 ottobre 1966 con la lussuosa passerella di O Rey Pelé in mezzo a bagliori di stupore. Un botto sensazionale! Tutt’attorno al prorompente barocco volteggiava una fiesta sfavillante di rock assuefatto, blue jeans e compromessi storici. Il Salento fremeva per l’incontrollabile voglia di sfidare e vincere i semidei pallonari, bastonati poeticamente dai Brera, i Viola e da quei cronisti underground del sottobosco sud-est.
Si puntava all’empireo con un innovativo modus operandi: sperimentare la prima cantera leccese, allevata a pane, olio e pomodori. Nascono campioncini da stappare come bottiglie di Primitivo. Si decolla! Il Cicerone verso l’ascesa ha le sembianze di Franco Jurlano, che fece assaporare ai palati dei lupetti crostini col caviale dopo decenni di ceci, fagioli e rustici riscaldati.
Stagione 1984/1985: è Serie A! Da qui partono scene dionisiache per chi ha sempre creduto nella rinascita dell’araba fenice amarillo y rojo. Da Renna a Fascetti, fino a passare al gladiatore Mazzone e planare sull’utopia imperfetta e appagante dell’irredentista Zeman. Da Di Mauro a Palmieri, accarezzando le imprese dei Pasculli e dei Barbas. Genio è sregolatezza! Assioma ricalcato da Chevanton e Vucinic, pittori scapigliati del green carpet.
Gonfiate il petto ripensando a tutte le scoperte cristoforiane o galileiane avvenute sotto le tre dita di Sant’Oronzo: Conte, Moriero, Causio e Pellè docet. Inestimabile poi è l’apporto pedagogico di cani da tartufo come Rizzo e Corvino.
E l’amore te li tifosi? È tarantolato come al primo morso! I tamburelli continuano a narrare in vernacolo, restando immuni a ogni peripezia. È un kolossal popolare questo micro-universo Lupiae: quai nun se scherza!
Tra sfumature d’oro e azzurro infuocato si fa spazio l’U.S. Lecce: Il romanzo sportivo mio, vostro e di tutti gli umili lottatori, che guidati da poesia rocciosa o prosa lineare riscrivono un’idea da difendere.