IL RENZISMO TENTA DI SOPRAVVIVERE A SE’ STESSO. L’ INCARICO A GENTILONI, IL TENTATIVO DI CONTINUARE A SPACCIARE FAVOLE: “E che, c’ho scritto Jo Condor?”
di Giuseppe Puppo______
L’ incipit, è memorabile. Roba da libro Cuore, senza offesa per De Amicis. “Torno a Pontassieve, come tutti i fine settimana. Entro in casa, dormono tutti. Il gesto dolce e automatico di rimboccare le coperte ai figli, un’occhiata alla posta cartacea arrivata in settimana tanto ormai con internet sono solo bollette, il silenzio della famiglia che riposa“. Comincia così, la dichiarazione affidata ai social da Matteo Renzi, che poi prosegue: “Tutto come sempre, insomma. Solo che stavolta è diverso. Con me arrivano scatoloni, libri, vestiti, appunti.
Ho chiuso l’alloggio del terzo piano di Palazzo Chigi. Torno a casa davvero. Sono stati mille giorni di governo fantastici…”.
Ahoh!?! Matteo, che all’ epoca non era ancora nato, se lo faccia raccontare, per favore, quel ‘Carosello’, con l’ uccello cattivo che, dopo ogni favola, cui assisteva allibito, alla fine reagiva, distruggendola, dicendo: “E che, c’ho scritto Jo Condor?”.
Hai voglia! Commovente. Roba da allievi della scuola Holden, del suo amico e ghostwriter Alessandro Baricco, si sente la mano.
La realtà è un’ altra: mille giorni di fallimenti: dall’ abolizioni delle Province, alla così detta ‘buona scuola’; dal così detto ‘Job act’, ai decreti salvabanche e salvaIlva; dalle trivelle, alla corruzione dilagante, e potremmo continuare a lungo.
Fa il paio con i servizi dei telegiornali di queste ultime ore, tutti tesi a imbalsamare, anzi, che dico imbalsamare? ad “armonizzare”, tanto per usare il più opportuno lessico famigliare caro a Sergio Mattarella, la sceneggiata napoletana andata in onda a reti unificate in questi giorni. Senza offesa a Mario Merola, naturalmente.
La realtà è un’ altra. Squallida, purtroppo.
In questi giorni è andata in onda il tentativo del renzismo di sopravvivere a sé stesso, in cerca di una impossibile, immediata rivincita. Complice, i presidenti della Repubblica vecchi e nuovi. Complice il Partito democratico, che come al solito è andato diviso, per colpire unito.
Regoleranno i conti interni nei prossimi mesi, a colpi di mozioni congressuali. Intanto, sono ancora tutti là. Saranno ancora tutti là.
Addirittura, persino la Maria Elena Boschi. Con gli Alfano, i Verdini e compagnia brutta. Con questa brutta copia, grigia e amorfa, del renzismo, interpretato da Paolo Gentiloni.
Almeno, l’ originale era divertente, faceva persino ridere, alla fine, nelle sue cazzate a getto continuo, riproposte con inossidabile faccia di bronzo, le sue slide e le terminologie inglesizzanti, meglio delle barzellette famose del berlusconismo.
Questo no. Una maschera funerea, in ossequio agli speculatori delle lobby, dei tecnocrati, dell’ alta finanza internazionale.
Il patto Gentiloni. edizione aggiornata, per arrivare alle elezioni, non del 1913, ma del 2017, magari alla scadenza naturale del 2018, il più tardi possibile, insomma.
In Italia niente è più stabile di quello che è provvisorio. Tiriamo a campare, con un altro governo di ‘nominati’. Tiriamo a campare, ché tengo famiglia. E devo maturare la pensioncina d’ oro della casta.
In tanto, il leader minimo in queste ore ha messo su un teatrino vergognoso, con i suoi Franceschini, del Rio e quant’ altri, che avrà fatto rivoltare nella tomba i loro predecessori democristiani. Li avrebbe fatti inorridire, e a far inorridire i vari ex presidenti del consiglio democristiani, ce ne vuole.
Ma mai, mai in settanta anni di storia repubblicana si era visto un presidente del consiglio uscente che fa lui, in prima persona, le consultazioni, e decide lui il suo successore, e i suoi nuovi ministri.
Altro che consultazioni al Quirinale! Le consultazioni, e le decisioni, sulla crisi, le ha fatte e le ha prese Matteo Renzi.
Una specie di colpo di Stato strisciante. Ha dettato finanche le parole, subito recepite dal burattinaio, diventato burattino a sua volta, il presidente della Repubblica, che, in tutto lo splendore delle sue cinquantamila sfumature di grigio, ha indicato l’ imperativo categorico, la parola d’ ordine, unica, impegnativa per tutti: armonizzare!
Già, hanno trovato il pretesto, per sopravvivere a sé stessi, per tirare a campare. devono ‘armonizzare’ (oh quanta ipocrisia, francamene insopportabile!) la legge elettorale.
Una legge elettorale che avevano fatto loro stessi, ci avevano messo la faccia e la fiducia, salutandola come la migliore del mondo. E ora diventata all’ improvviso pessima.
Una goffa finzione. Uno squallido pretesto.
Il mese prossimo la Corte Costituzionale si pronuncerà al riguardo. Tenendo conto delle osservazioni che verranno dalla Consulta, ci sarebbero volute poche ore a fare una legge elettorale unica, emendando l’ esistente.
Invece, essi dovranno armonizzare.
Della stragrande maggioranza degli Italiani che, appena una settimana fa, li avevano armonicamente mandati a quel paese, se ne fregano.
A Pontassieve, Matteo Renzi c’è tornato poche ore. Giusto il tempo di farsi scrivere una favoletta.
Uno che si fosse effettivamente dimesso, ci sarebbe rimasto, a tempo indeterminato. Del resto, l’ aveva detto egli stesso, che, in caso di sconfitta, avrebbe lasciato la politica. Ecco, avrebbe potuto portare i figli a sciare senza usare l’ aereo di Stato. Avrebbe potuto portare l’ Agnese a fare shopping, magari regalarle un maglioncino da venti euro alle bancarelle del mercato, di quelli indossati da tutte le sue colleghe insegnanti, non la griffe da settecento trenta euro.
E invece…
La situazione è grave, gravissima.
Guardiamo con ansia agli sviluppi.
Guardiamo agli unici che possono disarmonizzare.
Matteo Salvini ha ora l’ occasione giusta – e in ciò si gioca la sua credibilità – per rompere definitivamente con il suo eterno Silvio Berlusconi, pronto ad adagiarsi nelle trattative, quelle delle leggi elettorali, e poi tutte le altre che gli stano certo più a cuore.
Se sarà capace di farlo, chiamerà alla lotta di popolo, altro che partecipare alle trattative astruse sulle leggi elettorali!
I ragazzi, i cittadini del Movimento Cinque Stelle, quale principale partito e principale partito d’ opposizione, sono chiamati a gestire una protesta di piazza.
Se saranno capaci di farlo, in maniera decisa e autorevole, quanto pacifica e non violenta, sventeranno il tentativo in atto di metterli fuori gioco con chissà quale astrusa diavoleria proporzionale che uscirebbe (uscirà ?) dalle armoniche formulazioni. E, prima o poi andranno al potere.
Certo, i governi si sfiduciano in Parlamento, e si confutano con le elezioni.
Ma le elezioni, non vogliono farle fare. E questo nuovo governo di nominati, altro bel record, parte già sfiduciato, al concepimento, prima ancora di nascere.