SIGLATO UN IMPORTANTE PROTOCOLLO DI INTESA FRA PROCURA DELLA REPUBBLICA E ASL DI LECCE. MAGISTRATI E OPERATORI SANITARI INSIEME, PER CONTRASTARE MEGLIO LA VIOLENZA SULLE DONNE
di Antonella Elefante______
I casi di violenza sulle donne e, in particolar modo, di femminicidio sono sempre più frequenti e più numerosi.
A tal proposito è stato siglato oggi pomeriggio un Protocollo d’intesa dal direttore generale della ASL Lecce, Silvana Melli, dal procuratore della Repubblica, Cataldo Motta, dal procuratore aggiunto Valeria Mignone e dal medico legale Alberto Tortorella, responsabile dell’Unità Operativa Rischio Clinico.
Esso nasce dalla necessità, soprattutto per la procura, di essere supportata da procedure che siano ineccepibili. Dal canto loro, non essendo del mestiere, gli operatori sanitari hanno la necessità di un Protocollo che dia linee guida precise per rendere il percorso di reperimento dei referti più accessibile.
Il Protocollo è alla base di ulteriori situazioni di rete che devono combattere e cercare di debellare la violenza sulle donne, diventato uno dei fenomeni di violazione dei diritti umani.
”Ci sarà sicuramente un intervento all’interno della rete aziendale di maggiore coinvolgimento e integrazione con la neuropsichiatria infantile, con il dipartimento della tossicodipendenza o dipendenze patologiche in generale e con il Dipartimento Salute Mentale perché, molto spesso, l’accusante può essere anche un soggetto che necessita di essere preso in carico da queste strutture.
L’accordo con i Centri Antiviolenza è importante e deve essere sempre successivo, in quanto la Procura ha il compito di andare a fondo sulle responsabilità e trovare chi ha manifestato violenza ma, allo stesso modo, è importante mettere in sicurezza il soggetto”, ha dichiarato Silvana Melli.
Il Procuratore Cataldo Motta ha sottolinea che “in questo protocollo c’è una regolamentazione accurata, attenta e significativa, con una visione non disgiunta dalle esigenze di tipo giudiziario sottese alla materia della violenza sulle donne”.
“Ritengo questo Protocollo” – ha detto Valeria Mignone – “particolarmente significativo proprio per il valore che esso ha, ossia riuscire a descrivere l’approccio corretto, dal punto di vista scientifico ed investigativo, per obiettivizzare la violenza”.
Per rendere ancora più obiettive le prove e non modificabili dalla vittima, nel kit in dotazione è presente una macchina fotografica, che aiuterà chi porterà a termine le indagini a evitare false testimonianze. Saranno prove indelebili.
Il Protocollo, inoltre, ha accelerato l’attivazione del codice rosa.
Esso, per il momento, è presente al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Gallipoli ed è il primo percorso, con relativa stanza allestita con arredamento diverso, proprio per donne e bambini vittime di violenza. Le vittime, da Protocollo, saranno accompagnate da un’infermiera e un medico di sesso femminile.
Inoltre esso sarà applicato anche nelle Unità operative di Ostetricia-Ginecologia, nella Guardia Medica, negli Ambulatori Aziendali e sarà adottata da tutti i livelli di responsabilità degli stessi.
Tutte le vittime che racconteranno casi di violenza devono essere trattate in base alle norme previste dal Protocollo, che prevede l’utilizzo di guanti e, in caso di bambini, l’affiancamento dello psicologo e del pediatra. In seguito a tale accordo, ruolo fondamentale ricoprono i medici di base e i pediatri.
Alberto Tortorella ha infatti dichiarato: “La diagnosi del sospetto di violenza non può che nascere sul territorio, primo fra tutti il medico di base, perché ci possono essere vari segnali che sono difficili da cogliere e, pertanto, ci vuole tanta sensibilizzazione. Non sempre la vittima di violenza è disposta a raccontare e racconta con sincerità, per una serie di motivi”.
Insomma, si tratta di accordo molto importante, non solo per i principi su cui si basa, ma anche perché conferma che oggi vi è maggiore sensibilità riguardo l’ argomento.
Inoltre, a reprimerla, la violenza va fermata, e le vittime vanno tutelate e aiutate già al primo segnale, che può essere anche il silenzio o, peggio ancora, una bugia in presenza di segni evidenti sul corpo.
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