LA RIFLESSIONE / ILVA, CINQUANTA MILIONI DI SFUMATURE
di Crocifisso Aloisi * (attivista meridionalista – per leccecronaca.it)______
Renzi sta facendo una campagna referendaria usando anche il cavallo di battaglia della snellezza burocratica e semplificazione delle procedure, ma quando si tratta di faccende meridionali, tira sempre fuori i più incredibili tecnicismi per prolungare l’agonia degli interventi per il Sud, anche quelli sacrosanti come quello dei famosi 50 milioni per curare i Tarantini, che sono stati per ora negati, malgrado la richiesta provenisse anche da elementi dello stesso PD, come l’on. Francesco Boccia o il Governatore Michele Emiliano.
Probabilmente i soldi per questo intervento li troveranno, prima o poi, ma nel frattempo ci faranno sembrare i soliti meridionali che si piangono addosso, che chiedono sempre risorse pubbliche, facendo così pesare (anche mediaticamente, perché occorre sempre alimentare i luoghi comuni sul Sud) un intervento pubblico previsto anche dalla Costituzione (diritto alla Salute, specialmente se il Governo ha contribuito, con i suoi decreti ad hoc salva/Ilva, a peggiorare la salute dei residenti).
Praticamente quello che in altre parti d’Italia viene stanziato ‘normalmente’, qui da noi diventa sovente una gentile concessione governativa. È così che vanno praticamente avanti, da molto tempo e nei più svariati settori, per ciò che riguarda le faccende meridionali. E il governo Renzi è l’ultimo di una lunga serie di esecutivi che hanno agito in questo modo nell’arco dei centocinquanta anni di storia unitaria.
Il primo ministro si difende facendo passare la tesi che “il no della commissione Bilancio era giunto perché la misura veniva ritenuta troppo specifica e locale”.
Certo caro Matteo, troppo specifica e locale. Peccato che lo stesso criterio non sia stato adottato quando si è trattato di emanare decine di decreti legge per salvare l’Ilva: infatti queste misure non sono state ritenute affatto “specifiche e locali”.
Eppure sono state confezionate appositamente per l’Ilva che avrebbe (*) continuato ad inquinare, come ha ammesso la stessa azienda in un articolo del Giornale del 27/02/2016 dove c’è scritto << L’Ilva autodenuncia livelli allarmanti di diossina e il caso è destinato a iscriversi in un nuovo capitolo dello scontro in atto fra governo e Regione Puglia sui destini dello stabilimento siderurgico di Taranto. Non è una semplice coincidenza il fatto che sia stato proprio il governatore pugliese Michele Emiliano a trasmettere alla presidenza del Consiglio e alla procura della Repubblica di Taranto i dati con i rilevamenti dell’Agenzia regionale per l’Ambiente (Arpa) in cui si parla di superamento dei limiti di emissione di diossina dai camini del siderurgico – commissariato dallo Stato – per ben 40 volte nel periodo tra agosto 2013 e febbraio 2015. Le cifre sono state raccolte in una relazione di esperti del Politecnico di Torino e sarebbero state trasmesse già al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti>>.
A partire dal 2000, la vicenda Ilva/Taranto/Stato ha oltrepassato ormai tutti i livelli di guardia accettabili: dalla disparità di trattamento tra gli stabilimenti di Genova Cornigliano e quello di Taranto, fino a quest’ultima vicenda dei cinquanta milioni negati, passando per le inchieste, gli scandali, la corruzione dei sindacati e perfino di alcuni importanti prelati, gli articoli pilotati da parte dei soliti giornalisti/opinionisti mercenari e le minacce ai giornalisti non allineati, le scandalose intercettazioni telefoniche con i politici locali e nazionali. Per non parlare dei morti e dei feriti lasciati sul campo. Quando si discute di Ilva, è obbligatorio mettere su uno dei due piatti della bilancia tutte queste cose, oltre a tutto il resto:
la svalutazione degli immobili della Città dovuta all’attività industriale
le attività economiche che sono state chiuse per colpa dell’Ilva
le attività (turismo, agricoltura ecc.) economiche che hanno subìto conseguenze negative o che non sono mai nate per colpa del siderurgico
i costi per la collettività per le bonifiche del territorio
i costi per la collettività per gli interventi sanitari.
Questa vicenda è stata caratterizzata, solo negli ultimi anni, da altri particolari episodi, come la disparità di trattamento tra gli stabilimenti Ilva di Cornigliano e Taranto, sotto la supevisione del Ministero competente : a Genova, agli inizi degli anni 2000, ci fu la chiusura dell’area a caldo e successiva bonifica dello stabilimento (con il parere favorevole di Clini, perché inquinava). A Taranto invece si verificò l’aumento della produzione dell’area a caldo, cioè quella che più produce scarti inquinanti.
Le conseguenze, sia positive (a Cornigliano) che negative (a Taranto) si sono subito viste, come affermato dal dottor Federico Valerio, chimico ambientale che per anni ha lavorato presso l’Ist (Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova) in un articolo del 21/12/2012 «La chiusura della cokeria di Cornigliano ha permesso un abbattimento immediato di malattie e ricoveri, anche dei bambini del quartiere e ha reso gli abitanti di Cornigliano simili a quelli di altre parti della città che comunque hanno a che fare con l’inquinamento automobilistico, che è altra cosa da quello di una cokeria».
Per sapere cosa è accaduto a Taranto basta leggersi un articolo di Panorama del 05/07/2014 in cui è scritto che “A Taranto la mortalità infantile è maggiore del 21 per cento rispetto alla media regionale. Lo afferma uno studio dall’Istituto superiore di sanità, che ha evidenziato anche eccessi di mortalità per gli adulti nella città dove ha sede lo stabilimento Ilva da tempo al centro delle polemiche per il suo impatto ambientale..Si tratta, in pratica, dell’aggiornamento dello studio epidemiologico Sentieri pubblicato dall’Iss, che ha confermato anche gli eccessi di mortalità per gli adulti trovati dalle precedenti edizioni della ricerca. Secondo lo studio, nell’area sottoposta a rilevamenti c’è un eccesso di incidenza di tutti i tumori nella fascia 0-14 anni pari al 54 per cento, mentre nel primo anno di vita l’eccesso di mortalità per tutte le cause è del 20 per cento. Per alcune malattie di origine perinatale, iniziate cioè durante la gravidanza, l’aumento della mortalità è invece del 45 per cento”.
I livelli di emissioni di diossina raggiunti dopo pochi anni dall’operazione Ilva/Cornigliano/Taranto, sono stati riportati nel registro europeo delle emissioni inquinanti industriali, E.P.E.R. , e sono stati opportunamente resi pubblici grazie all’attività di Peacelink che, nel 2008, ha scritto ” i controlli dell’Arpa Puglia sono stati ripetuti nel 2008 e hanno fornito un quadro in peggioramento. Ilva emetteva nel 2008 172 grammi di diossina all’anno dal solo camino E312. TUTTI I CAMINI DELLE INDUSTRIE DI AUSTRIA, SPAGNA, SVEZIA E GRAN BRETAGNA IN UN ANNO EMETTEVANO 166 GRAMMI DI DIOSSINA” !
E che l’Ilva inquinerebbe (*) Taranto ormai, sembrano non negarlo neanche i legali della stessa azienda. Infatti in una delle ultime udienze, come riportato da Repubblica il 12/10/2016, gli avvocati dell’azienda hanno cercato di ricusare i giudici tarantini (con l’intento di diluire il processo ? Oppure con lo scopo di spostarlo da Taranto ?) con una motivazione incredibile e indicativa del livello di arroganza che probabilmente credono di avere. Infatti dire che “ il processo va fatto in altra sede perché non c’è altro caso giudiziario in Italia in cui la fabbrica è così vicina alla città. Ci sono dirimpettai e vicini di casa di alcuni magistrati che sono costituiti parte civile nel processo. Se loro sono da considerare parti danneggiate dall’Ilva, allora lo sono anche i magistrati proprietari di immobili“, equivale ad una ammissione del fatto che Ilva inquina. O sto sbagliando qualcosa ?
E vi chiedo anche una ulteriore riflessione sulla frase “non c’è altro caso giudiziario in Italia in cui la fabbrica è così vicina alla città” !
Dunque alla luce di tutti questi avvenimenti, la storia dei cinquanta milioni negati e forse elemosinati ai Tarantini, è non commentabile. E gli interventi per giustificare questa incredibile decisione governativa, da parte dei burattini locali, siano essi sottosegretari, onorevoli o giornalisti/opinionisti, sono semplicemente rivoltanti.
p.s.
(*) il condizionale è obbligatorio perché, visto che non c’è stata ancora alcuna sentenza definitiva che abbia condannato l’Ilva per inquinamento, il plotone di esecuzione dei legali dell’azienda è sempre pronto a colpire. Si sa come vanno le cose in questa specie di nazione: il garantismo, i tre gradi di giudizio e la prescrizione sempre incombente. Gli unici che sono stati già condannati, a morte o ad una vita infernale, sono stati tanti cittadini, tanti operai, ai quali non è stato concesso alcun ricorso. Condannati, punto e basta.