CAFE’ BAROCCO / LO “SCIROCCO DANZANTE DELLA MUSICA ITALIANA” CONTINUA A DIFENDERE I BAGLIORI DEL TACCO: SUD SOUND SYSTEM TRA AMOR PROPRIO E IMPEGNO SOCIALE
di Annibale Gagliani______
“La terra ha una pelle, e questa pelle ha delle malattie; una di queste malattie si chiama uomo…”. Non bisogna necessariamente essere pessimisti cosmici (come l’illustre mente citata, Friedrich Nietzsche) o intellettuali di chissà quale avanzata specie per afferrare brillantemente il concetto: parliamo di me, di voi, del genere umano nella sua essenza, giusto per intenderci.
No, perchè lo sport preferito de l’homme “medio” è nascondersi dietro a un dito: “si, è un grosso problema quello che sta accadendo oggigiorno, ma non è una situazione che mi interessa, io vivo a casa mia e sono lontano anni luce da queste dinamiche…”. Poi ci si ritrova a fare i conti con l’imponderabile e si cade dalle peggiori nubi: “ma come diavolo si permettono a dare fastidio in casa mia?! Chi vi ha invitato?! Che ho fatto di male per meritare tutto questo? Io mi son sempre preoccupato di pensare ai fatti miei, che c’entro io con loro?!
Ahia hiai… dovrebbero scriverlo sui pacchetti di sigarette che d’indifferenza si muore, anche perché una buona percentuale dei cittadini italiani legge soltanto le diabetiche scritte commerciali e utilizza i libri come abbellimento delle polverose mensole. Io sono sicuro che con questa strategia i probi messaggi verrebbero furbescamente criptati dalla mente, evitando di venire distrutti sulla fascia oraria del Grande Fratello. Ministra Lorenzin, prenda appunti.
Eppure un pò di coerenza alberga ancora nel cuor di poche persone. A casa nostra per esempio, nel Tacco, un sodalizio musicale che ha superato da poco il quarto di secolo d’onorata carriera crede ancora in ciò che esprimeva sui palchi del dopo Tangentopoli:
Il nome arde solo a pronunciarlo: Sud Sound System.
La SSS resiste, ama e difende il proprio deriso (e conteso) territorio con la stessa energia del primo lp nato in uno studio di pietra leccese e ghirigori d’animo. Nando Popu (Fernando Blasi), Don Rico (Federico Vaglio) e Terron Fabio (Fabio Miglietta), seppur non abbiano studiato Ingegneria Civile, sono comunque riusciuti a compiere un’impresa mica da ridere: costruire un ponte culturale sull’oceano Atlantico tra Kingston e Lecce.
Sulle sponde di questo viscerale sentiero musicale rimbalzano note pizzicate e tarantate che si fondono al sound giamaicano più cristallino, quello dell’immortale Zio Bob. Dall’incontro di due culture così diametralmente opposte, ma straordinariamente affini, nasce una vibrazione nuova, a cui l’artista si abbandona completamente: il raggamuffin e la dancehall raggae. I Sud Sound System sono i capostipiti degli innovativi generi musicali, in grado di miscelare con arguzia i ritmi caraibici a un cantato di imperioso dialetto salentino.
Sedici sono gli album pubblicati, tante le collaborazioni e le partecipazioni in programmi cult di insospettabile prestigio, innumerevoli le battaglie a cui il sodalizio indomito ha deciso di prender parte.
Tra gli album a cui l’ascoltatore salentino è più legato troviamo naturalmente il primo, Comu na petra (1996), ma non possiamo non citare un trittico di album determinanti per l’ascesa verso la ribalta nazionale: Lontano (2003), Acqua pe sta terra (2005) e Dammene ancora (2008). L’ultimissimo lavoro discografico è Sta tornu (2014), ma ma today tante vibrazioni al fumicotone sono racchiuse nel calderone SSS: ne vedrete delle belle nel futuro prossimo amigos!
Torniamo nei meandri dell’amarcord: non si possono dimenticare ospitate di grande spessore emotivo e valoriale in trasmissioni come Avanzi di Serena Dandini, del 1991, o la vorticosa Rockpolitik di Adriano Celentano, del 2005. Rimangono scolpite nell’anima del music team collaborazioni dall’intensissimo significato sociale come Artisti uniti per l’Abruzzo del 2009 e altri duetti dalla forma accattivante intrapresi con Neffa, Edoardo Bennato, Roy Paci e Caparezza.
Amor proprio e impegno sociale, tenetelo a mente: in molti sostengono di difendere questa splendente e dolorosissima terra, conosciuta come il Tacco dello Stivale, dove imperterrito domina lu sule, lu mare e lu ientu, ma in pochi (forse si contano sulle dita di una mano) hanno realmente messo in discussione il proprio status esponendosi oltremodo.
Banfield, storico statunitense senza remore nè costrizioni sulla penna accademica, credeva che il male reale del meridione d’Italia fosse il familismo am0rale, ovvero quella malsana convizione di curare solo il proprio orticello e i corrispettivi interessi familiari, piuttosto che mettersi in discussione offrendo impegno a favore della comunità.
Vero, discutibilmente vero.
Adesso leggete questo passaggio di Le radici ca tieni, e vediamo un pò se ne comprendete il messaggio obliquo:
“Ca la vera cultura è cu sai vivere, cu biessi tuesu, ma sempre sensibile. Quannu la vita ete dura è meiu cu sai amare, puru quannu te pare ca ete impossibile…”.
Un pezzettino di rara bellezza dialettale, dove si invoca il rispetto dei più deboli e si invita a cogliere la vera essere della vita, nella quale le cose più sensazionali sono indiscutibilmente quelle che non tocchiamo con mano, e proprio per questo ci scavano dentro l’inconscio.
La canzone citata è l’inno di quel Salento che lotta, ama e resiste. Parla della storia di tutti noi, che abbiamo bisogno toujours di una sveglia a decibel illimitati per ricordarci che il futuro della nostra sofferta terra non può essere regalato al tecnocrate avido di pecunia o all’esibizionista pronto a divorare anche millenarie conschiglie e minuscoli sassi per placare l’inesauribile fame.
I Sud Sound System è da anni che cantano in ogni parte dello Stivale di problemi lancinanti come l’Ilva, la Tap, la Triv e quello freschissimo della Xylella. Nei teatri del Mezzogiorno potrete ascoltare in questi giorni l’unplugged show Salento Fuoco e Fumo (regia di Nando Popu), giusto per capire di cosa vi sto narrando.
Sostengo fermamente che la SSS è l’unica che merita di dare una risposta chiara alle illazioni dei diversi imprenditori nordici, per il semplice fatto che sono “salentinisti” della prima ora e non gli ultimi cavalcatori del solito cavallone ignorante sui social.
Lo Scirocco danzante della musica italiana, ecco il vessillo letterario che mi sento di dare alla triade che cogita e riposa sotto il più lussureggiante calipso. Altri colleghi de il Quotidiano di Puglia, sicuramente più illustri per nomea, ma di certo giammai esemplari, hanno malamente etichettato questi eterni vagnuni alimentati da sentimenti autentici, come si suol dire “degustibus disputandum est”, però un concetto ci tengo rimanga lampante nei secoli a venire: chi si spende incondizionatamente a favore del proprio territorio merita rispetto, per tutti gli altri, indipendentemente della carica che possano ricoprire, l’unico gesto meritevole è una pernacchia stonata, ma di gusto.
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