CAFE’ BAROCCO / L’IMMORTALE RENZO ARBORE ABBRACCIA UNA VILLA PERIPATO LUCCICANTE COME NEW ORLEANS – video
di Annibale Gagliani______
Come risplende di armonia nuova il sorriso del tarantino. Le tenebre sono sempre a dieci minuti di macchina, poco più, però un sole fiero restituisce quel barlume di vita tanto desiderato. La squadra di calcio cittadina improvvisamente sbattuta in Lega Pro, un turismo da sempre appisolato che si alza in piedi cominciando a riscoprirsi attraente. Però, soprattutto, sono gli angoli storici del la ville a di inondare d’emozioni cuori, ciglia e polsi ghirlandati.
Piccoli luoghi al riparo dalla crudeltà del mondo, dove condividere un sguardo ammiccante o un soffio di leggerezza rappresenta quella necessità elettrizzante che sta facendo rinascere Taranto.
Villa Peripato, per tutti coloro che hanno il gruppo sanguigno rossoblu, è più di un polmone verde in grado di rilassare tutti i quartieri: si eleva come centro gravitazionale dell’orgoglio ionico. Al proprio interno da diversi anni scorrono i battiti de La Capannina Relax Cafè, tappa imperdibile in particolar modo i martedì estivi, nei quali le serate a tema regalano al pubblico la possibilità di sperimentare sapori nuovi in una green emotion urbana.
Di fronte “al bar dei bar” sorge il Teatro Villa Peripato, che ogni anno accoglie ospiti di elevato spessore artistico-culturale. Ultimo a passare dal lustro stage è uno dei pochi maestri del carrozzone mediatico italiano: Renzo Arbore.
Il primo Disc Jockey in Italia. Cantautore che porta sulle spalle ben ventuno album camaleontici e un secondo posto esilarante al Festival di Sanremo 1986 con Il Clarinetto (hit senza tempo). Conduttore radiofonico di altissima professionalità e competenza, le trasmissioni leggendarie presentate con Gianni Boncompagni, Bandiera Gialla e Alto Gradimento (tra gli anni ’60 e ’80), sono un must per il settore. Le ventuno imprese televisive a cui ha preso parte sono state quasi sempre analizzate, copiate e gustate dai critici del tubo catodico, come dimenticare L’Altra Domenica (tra il 1976 e il 1979) e l’irrinunciabile Quelli della Notte (del 1985). Ricordiamo altresì le sue interpretazioni cinematografiche in undici film, le primissime furono per Giù la testa… hombre di Demofilo Fidani (1971) e Per una bara piena di dollari sempre di Fidani nello stesso anno. Fu regista e sceneggiatore di due pellicole sfavillanti: Il pap’occhio (1980) e “FF.SS.”- Cioè: …che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene? (1983). Anche a livello organizzativo il suo apporto è stato notevole: fu illustre Presidente dell’Umbria Jazz nel 2002.
E pensare che doveva fare il dentista, continuando la premiata tradizione del padre. E la madre, donna d’altri tempi, casalinga tutta d’un pezzo, glielo diceva sempre “Renzo devi studiare per diventare qualcuno”, e lui ha seguito l’accorato diktat alla lettera, laureandosi in Giurisprudenza all’Università di Napoli.
E poi? Non ha fatto l’avvocato a Foggia, oppure il dipendente fresco di una banca nordica o di un istitito di credito romano?
Beh, frequentando l’epica Taverna del Gufo nel centro storico foggiano ha imboccato corsie alternative, tipo quella di suonare come clarinettista con i Parker’s Boys. Fu il primo a indossare i blues jeans per le sue antiche street, sventolando quella bandiera multi-culturale che ha ispirato un altro fuoriclasse della canzone napoletana: Tu Vuo Fa L’americano, Renato Carosone, you know?
Da lì in poi il percorso di Renzo è stato investito da un crescendo rivoluzionario che lo ha portato a diventare un piccolo scenziato della musica italiana: decide di intersecare il balck jazz, con polvere turchina di swing e gocce bionde e vulcaniche di popolare napoletana.
L’ingegno lo porterà a creare nel 1991 L’Orchestra Italiana: quindici strumentisti scalmanati che diffonderanno la tradizione partenopea (magistralmente restaurata) in tutto l’asse terrestre. In quegli anni il super concerto al Radio City Music Hall di New York rimarrà una delle più grandi soddisfazioni internazionali della musica leggera tricolore.
Uno showman dall’orecchio fino, dalla flemma e le movenze del penultimo jazzista che passeggia fumando Malboro sul Ponte di Brooklyn. Il fisico, signor sì, è quello dell’italiano del sud, uno chansonnier che fa poesia in napoletano e si incazza sulle frequenze del dialetto foggiano.
Per questo, e anche per molto altro (da ricercare sotto la voce “solidarietà”), Arbore Lorenzo Giovanni, con affetto Renzo, il 27 dicembre 1992 riceve dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro la prestigiosa onoreficenza di “Ufficiale dell’ordine al merito della Repubblica Italiana”.
Un onere esclusivo per il “tutto fare” dello spettacolo nostrano, indiscutibilmente meritato sulle onde di una carriera che lo traghetta verso gli ottantanni di esistenza, avvalorata dalla cifra culturale offerta in tutte le opere artistiche e mediatiche portate a termine.
Grazie Renzo per il tuo lavoro onesto e intellettualmente prezioso (se ben osservato e compreso dall’ascoltatore).
Grazie all’impareggiabile staff del Teatro Villa Peripato e all’Associazione Musicale Giovani Talenti, avete fatto accarezzare a una Taranto rinascente (e per questo più sognante di prima) un artista vero che ha saputo non scendere a compromessi, portando il suo mestiere a divenire una passione mai banale, e appassionando con le sue idee almeno cinque generazioni, sempre disposte ad abbandonarsi al “filù, filù, filù, filà…”.
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