DIARIO EURO2016 / TINGIAMO D’AZZURRO L’INFERNO ROSSO! A SAINT DENIS SARA’ RIVINCITA TRA ITALIA-SPAGNA
di Annibale Gagliani______
Primo luglio 2012, ore 20:45, sessanta milioni di cuori italici sognavano un cielo azzurro sopra Kiev. Primo luglio 2012, ore 22:45, uno tsunami rosso, che avanzava al ritmo tiki taka, aveva inghiottito gli uomini di Prandelli, disintegrando i sogni di gloria del tifo tricolore.
Quanto fa male ancora oggi quel sonante 4-0, firmato freddamente da Silva, Alba, Torres e Mata. Brucia molto di più come sale su una ferita aperta se pensiamo agli schiaffoni presi negli ultimi tempi dalle nostre squadre di club in terra spagnola, territorio egemonico per l’ultimo decennio con un Mondiale, due Campionati Europei e sei Champions League in gipsoteca.
Lunedì 27 giugno, Saint Denis, Stade de France, ore 18:00, la possibilità concreta per gli uomini di Conte di rovesciare l’inferno ispanico. L’armata di Vicente Del Bosque sembrava agevolmente impugnare il primato del gruppo D, ma gli spadini croati guidati da Kalinic e Perisic l’hanno fregata 2-1 sul gong finale. E se contiamo la vittoria della Turchia di Terim per 2-0 sulla Repubblica Ceca, e soprattutto i successi per una rete a zero della Germania campione del mondo sulla Nord Irlanda (qualificata agli ottavi con merito come terza) e della Polonia sui cugini Ucraini, capiamo di assistere a una competizione folle.
Nella prima griglia degli ottavi troviamo squadre underdog come la Svizzera, la Polonia, il Galles, la Croazia e probabilmente anche gli algidi islandesi. Dall’altra parte del tabellone possiamo osservare come si stia azionando la giostra della morte: l’ottavo più duro sarà Italia-Spagna, chi vince becca probabilmente la Germania, per poi proiettarsi in semifinale con una tra Francia, Inghilterra o perché no il Portogallo del sopito Cristiano Ronaldo.
Uno sbilanciamento pazzesco signori, ma è qui che la libido degli appassionati di questo imponderabile sport tocca il diapason.
Però spendiamo due parole per i mostruosi giocolieri iberici:
In porta De Gea, da Manchester con amore (forse criminale) ha spodestato dal trono la leggenda Iker Casillas;
sulle fasce due pendolini gracili ma tambureggianti: l’uomo decisivo della finale di Milano Juanfran e la spina barbuta Jordi Alba;
centrali arretrati il pop-defender Pique e il monumentale Segio Ramos (capitano in campo); centrocampo di sontuosa estetica: Don Andres Iniesta, il diez Fabregas e l’equilibrista Busquets;
terza linea d’attacco con il mago David Silva a sinistra, la sorpresa Nolito a destra e il capocannoniere dell’europeo Alvarito Morata in mezzo (i tifosi bianconeri lo rimpiangono già). E poi tantissime alternative in panca con un’altra formazione di pari livello a poter dar man forte, sempre agli ordini di quel gentiluomo stravincente chiamato Del Bosque.
Ricordare gli allori di tale generazione di fenomeni cannibali comporterebbe scrivere un intero almanacco dedicato.
Indubitabilmente lo stradone verso la finale del 10 luglio per la spedizione azzurra si complica tremendamente, poiché per alzare la coppa al cielo bleu di Paris bisognerà accoppare gli avversari più ardui del torneo.
Solo una volta abbiamo portato a compimento un’impresa così surreale da diventare autentica ed entrare nelle pagine epiche del football internazionale: mondiale 1982, gli eroi di Bearzot mandarono a casa il Brasile magno, l’Argentina di Maradona e la Germania campione d’Europa.
Impossible is nothing, ma non andiamo oltre con la fantasia, da domani pensiamo alle furie rosse. Come si battono gli esteti del flamenco?
Con le loro stesse identiche armi: pressing asfissiante, recupero palla alto e ripartenze per trafiggere una lacunosa fase difensiva. Non dimentichiamo poi un’attenzione totale dal primo al novantesimo e quel pizzico di culo, che fa sempre la differenza nelle rassegne iridate, sottolineando il piccolo dettaglio che non ci vede battere i rivali latini dal lontano Mondiale di Usa 1994.
Forza azzurri! Regalateci una rivincita coi fiocchi, servita ben gelata visti i quattro anni di ritardo.
Serviranno chili di pazienza, anima da Colosseo e un’intelligenza tattica rigorosamente italiana:
Si, Podemos!
Però sarà indispensabile la spinta di quei sessanta milioni di tifosi che nella maledetta notte del Primo luglio 2012 versarono tante cocenti lacrime. Ora è arrivato il momento di sciogliere il pianto in un urlo collettivo, che spinga i leoni di Conte verso un colpo da “chanson de geste”.
Crediamoci cuori azzurri, non costa nulla.
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