L’ ANALISI / LA LEGGE FORNERO NEL PUBBLICO IMPIEGO
di Stefania Isola * (avvocato – per leccecronaca.it)______
Recentemente, la Corte di Cassazione, intervenendo sulla legge Fornero, ha emesso una sentenza che contrasta altre precedenti della stessa Corte.
Nel 2012, con l’emanazione della legge citata, riguardo i licenziamenti si era intervenuti a modificare sia la procedura che “precede” il provvedimento, sia la giustificazione dello stesso.
La riforma del Lavoro targata Renzi-Poletti, poi, ha di nuovo modificato il celebre articolo 18, limitando di fatto il reintegro ai soli casi di licenziamento per motivi discriminatori e sostituendolo in tutti gli altri casi con un indennizzo in denaro.
La Corte, pur ricordando il contrasto di orientamenti che ha visto contrapposto chi afferma e chi nega l’applicabilità ai rapporti di pubblico impiego della legge Fornero, ha deciso che nessuno dei cambiamenti precedenti è da tenere in considerazione.
Non vi è alcun dubbio, per i giudici, che la legge Fornero tenga conto unicamente delle esigenze proprie dell’impresa privata, poiché introduce una sistematica correlazione fra flessibilità in uscita ed in entrata, di fatto aumentando la prima e riducendo nel contempo l’uso delle tipologie contrattuali diverse dal rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
La legge prevedeva, però, il rinvio ad un successivo intervento normativo, demandato al Ministro della funzione pubblica previa consultazione delle organizzazioni sindacali, che avesse lo scopo di armonizzare la disciplina del pubblico impiego con le nuove disposizioni.
Il principio fissato dalla Corte è che, fino a quando non ci sarà questo intervento, non si estendono ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni le modifiche apportate all’art. 18 dello Statuto, con la conseguenza che la tutela da riconoscere a detti dipendenti in caso di licenziamento illegittimo resta quella assicurata dalla previgente formulazione della norma.
Pur soddisfatti i sindacati, per i quali “i dipendenti pubblici hanno uno status diverso: sono assunti per concorso e sono garanti della cittadinanza e non del datore di lavoro”, presumibilmente, viste le sentenze contrastanti, verrà richiesto un intervento delle sezioni unite della stessa Corte di Cassazione.