IL PROCURATORE ANTIMAFIA CATALDO MOTTA E IL VICE QUESTORE MASSIMO GAMBINO OSPITI DELLA FACOLTA’ DI GIURISPRUDENZA LECCESE / LA RIVOLUZIONE DEVE GERMOGLIARE NEI CUORI DEGLI STUDENTI
di Annibale Gagliani______
Martedì 10 maggio 2016, ore 15:00, c’era una sole maestoso a ravvivare il giovane edificio della Facoltà di Giurisprudenza, accompagnato da un alquanto necessario vento di legalità. La nobile tempra di un attivo Consigliere di Facoltà, mescolato all’entusiasmo rigoroso di centinaia di studenti, hanno accolto il Procuratore Antimafia leccese Cataldo Motta e il Vice Questore della Procura di Perugia per una lectio magister sulla battaglia pacifica alla criminalità organizzata.
Alfredo Fortunato, il Consigliere di cui vi parlavo, ha voluto fortemente il ritorno tra i banchi Universitari del dottore Motta, poiché il bisogno di abbeverarsi col buon esempio da figure davvero inestimabili è più urgente di imbiancare stanzoni o protestare per ottenere la luna. Ieri l’Aula Magna del microcosmo Giurisprudenza ha potuto scoprire con tangibilità diretta i risultati faticosi (ma lodevoli) intrapresi nella lotta ai clan pugliesi e nazionali.
La sicula Cosa Nostra, la Scu del nord Salento e la calabrese ‘Ndrangheta sono state passate minuziosamente ai raggi x nel bel mezzo di uno scenario in cui non sono mancati sorprendenti aneddoti, provenienti dalle innumerevoli operazioni concluse. Motta ha ricordato come in Italia sia dannatamente difficile poter disporre di infiltrati per operazioni anti-droga o anti-racket di un certo spessore, senza dimenticare le difficoltà inspiegabili scaturite dalla mancanza di mezzi a disposizione nei blitz. Da questo punto di vista Francia e Stati Uniti sono di un altro pianeta rispetto al laconico Stivale.
Massimo Gambino altresì ha raccontato la sua intensissima esperienza nei rapporti coi collaboratori di giustizia, spesso trasportati dalla consapevolezza di poter avere qualcosa in cambio, più che forviati da un sentimento di umano pentimento. Sono mosche bianche “i veri pentiti”, ma indubitabilmente ci sono, e perlomeno loro rappresentato uno strumento quasi infallibile per la costruzione di tasselli che portino allo smantellamento della malavita.
Dal discorso complessivo è emersa l’importanza centrale delle intercettazioni nel modello d’indagine italiano, arma molto più lungimirante rispetto ai modus operandi anglosassoni, che ne fanno a meno. Il messaggio finale non poteva che essere incentrato sul cambio di mentalità culturale nei cittadini più maturi e un insegnamento strutturale per chi si sta formando come “essere legale”.
L’incontro promosso da Alfredo sembrerebbe un piccolo sasso nello stagno dell’indifferenza generale, però se sommiamo questa serie di seminari alla lezione straordinaria portata a termine nella Facoltà di Lettere e Filosofia nel maggio 2015, dove fu ospite l’esponente della Commissione Antimafia Giovanna Montanaro (autrice della storica intervista al pentito di Cosa Nostra Gaspare Spatuzza), possiamo ben capire come ci siano delle fondamenta solide tra gli studenti sulle quali edificare un futuro pulito. In conclusione soffermiamoci sui brividi inequivocabili, quelli che ogni volta regala (come fosse la prima circostanza) la lettura di un assioma costruito da chi la mafia l’ha affrontata incondizionatamente, mettendo a disposizione la propria vita per quel prossimo che viene toujours stritolato dall’illegalità.
Tre fratelli dai nomi soavemente potenti, che riechieggiano tutt’ora dalle cime del Monte Bianco fino ai segreti profumati delle conchiglie di Mondello: Paolo, Giovanni e Peppino.
PAOLO BORSELLINO
“È bello morire per ciò in cui si crede; chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola.”
GIOVANNI FALCONE
“Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni non le parole. Se dovessimo dar credito ai discorsi, saremmo tutti bravi e irreprensibili.”
PEPPINO IMPASTATO
“Un mare di gente
a flutti disordinati
s’è riversato nelle piazze,
nelle strade e nei sobborghi.
E’ tutto un gran vociare
che gela il sangue,
come uno scricchiolo di ossa rotte.
Non si può volere e pensare
nel frastuono assordante;
nell’odore di calca
c’è aria di festa.”