DIARIO DEL FESTIVAL DEL CINEMA EUROPEO DI LECCE / CHRISTIAN DE SICA, L’INESTIMABILE VALORE DI UN SALOTTO / video conferenza
di Annibale Gagliani______
Ma chi è veramente Christian De Sica? Uno showman della parolaccia? Un figlio d’arte che ha saputo guadagnare anche più del padre? O un romanaccio snob che crede di aver terminato il proprio percorso.
Ve lo dico io: nessuno di questi tre. Aprendo il vaso di Pandora del cinepanettone vi abbiamo trovato sul fondo della porcellana tutt’altro uomo. Un attore che vuole scrollarsi di dosso il peso di ruoli passati in cui proponeva un “rude italiano que ne doit pas demander jamais”.
Qualcosa in lui è cambiato e lo si può scorgere quando ci ha confessato di dedicare diversi minuti davanti lo specchio prima di andare in scena, cercando di attenuare le proprie fragilità, per poi sentirsi stretto nelle mani del pubblico e della moglie al calar del sipario. Già dal suo penultimo spettacolo teatrale, “Cinecittà”, qualcosa era cambiato, palesando una palpabile sensibilità che lo rendeva più vicino all’essere De Sica e non al suo quarantennale personaggio.
Nel freschissimo film di Caterina Carone, “Fräulen – Una fiaba d’inverno”, sperimenta un ruolo dolce e amorevolmente pacato, ben lontano dalla comicità imperante del passato. Non nasconde il desiderio di recitare affianco al dilagante Zalone e nemmeno il pensierino di creare una pellicola dall’humor alla Woody Allen chiamata “I cognati”, da confezionare assieme a Carlo Verdone.
Sogna un giorno di poter finalmente dedicare ai propri genitori un omaggio filmico (da lui scritto) intitolato “La porta del cielo”, che è per ora stipato nel cassetto coriaceo di una scrivania esigente di sceneggiature. Il suo spirito d’acteur jeune lo porta a mirare l’orrizzonte fino a un’indefinita data, giusto perchè tutto non abbia mai fine.
Noi di leccecronaca.it per il nostro adrenalinico Cafè Barocco gli abbiamo solleticato le sinapsi dei ricordi più cari, tralasciando i meri discorsi fatti di money e ultrà-criticità. La nostra domanda rimandava all’infanzia del Christian nazional-popolare, dove un fuoriclasse appellato Vittorio De Sica chiedeva a lui e al fratello piccole esibizioni nei salotti della loro dimora.
Era un momento di affettuosa condivisione denominato “Teatro lampo”: “Mio padre diceva, Bambini! Adesso facciamo il teatro lampo… faceva stampare i programmi, che si chiamavano Teatro Lampo con Christian ed Emanuele De Sica, mio fratello… poi scriveva degli sketch per noi, io avevo 5 anni e mio fratello 7… ci vestiva con dei frack e ci faceva recitare degli sketch da grandi con titoli come Cittadini che protestano, I suicidi… a noi non è che ce divertiva tanto… daje e daje non ho fatto altro che imparare battute, canzoncine… lui preparava le sedie, faceva venire un chitarrista, davanti a me c’era Gino Ceppi, Paolo Stoppa… il grande regista René Clair tirava il sipario… noi recitavamo in sala da pranzo e in salotto c’era il pubblico… quando gli dissi a ventitrè anni che volevo fare l’attore mi diede del pazzo… incominciai come doppiatore, e dopo un pò di tempo arrivo una serata in cui mi dovevo esibire a Montecarlo in un teatro davanti a Grace Kelly, il Principe Ranieri e altri grossi personaggi… lui alla fine dello spettacolo finalmente mi benedì e mi surrussò, bravo o’ sai fa… “.
Un pezzo di cuore di questo attore tanto discusso e per questo davvero amato dagli italiani. Un encomio doveroso a quel protagonista indiscusso di un immenso stile cinematografico, quello del Dopoguerra neorealista.
La famiglia De Sica continua a sfornare talenti on stage, il figlio di Christian, Brando, segue le orme del babbo con una scelta concettuale diversa. Di certo si sarebbe divertito ad applaudire uno scricciolo in frack che nel “Teatro lampo” casalingo si atteggiava da ragazzo maturo.
Altro che scuole di recitazione, istituti sperimentali ed esibizioni nei teatri più squattrinati della Costa Azzurra: la vera scossa all’anima per il De Sica (dai quasi cinquant’anni di carriera) la scatenò un salottino caldo. In mezzo a quei sofà anche il borbottio di un padre ingombrante profumava di miele.
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