DIARIO DI SANREMO / 3 / A VOLTE RITORNANO
Il carrozzone va avanti da sé, con le regine, i suoi fanti e i suoi re. Nani, saltimbanchi e ballerine comprese. E meno male che Beppe (Vessicchio) c’è. Un direttore, a Sanremo c’è solo un direttore.
Sempre peggio la formula, degenerata addirittura col meccanismo delle “sfide” stile “Amici” per le così dette “nuove proposte”, come se non bastasse e avanzasse il fatto che tutto l’ intero impianto del festival , inteso come gara canora, sui vari programmi televisivi del genere si regge e da essi deriva.
Poi, il meccanismo infausto del “televoto” è di una inconsistenza paurosa, del tutto inattendibile.
“Certo, non si può avere di più. Se l’Italia canora è quella di San Remo siamo messi male” – scriveva ieri il mio amico musicista Elio Giordano – “Elton John e Pausini a parte che hanno illuminato il grigio delle altre esecuzioni…Non mi aspetto niente dagli altri. Spero in Patty Pravo, almeno saprà distinguersi“.
Perfettamente d’ accordo. Certo, le canzoni sentite ieri necessitano tutte di un secondo ascolto. Ma l’ impressione resta quella, e difficilmente verrà smentita. Al secondo non solo, ma a decine di ascolti sono già molti brani nelle radio, che non devono più aspettare, come avveniva un tempo la fine della manifestazione, ma solo la fine della prima esibizione sanremese, per poter mandare in onda il pezzo.
E il mio amico Antonio Ligorio di “Idea radio” segnala che, fra i brani presentati dal palcoscenico dell’ Ariston nella prima sera, va già forte – “calza perfettamente all’ etere” – la canzone “Infinite volte” di Lorenzo Fragola.
In generale, la seconda serata ha confermato le impressioni della prima. Ad alzare il livello delle solite comparsate e delle logore formule, per la gara, la partecipazione di Patty Pravo.
E’ cresciuta, quella bambina che fra le calli di Venezia ebbe la fortuna di avere a casa sua, ospite abituale dei genitori, la compagnia di Ezra Pound, che le insegnò a credere nei propri sogni, e a perseguirli con impegno, recitandole ogni tanto qualcuno dei versi delle sue poesie. Ma la classe non è acqua, e la bellezza non ha età. A parte l’ interprete, poi, di per sé, proprio la canzone a me è parsa un punto di forza, anzi, al momento, l’ unica che mi è restata dentro. Bisognerà riascoltarla, certo, come per tutte; preferisco farlo qui da Sanremo, dal vivo, quando sarà, anziché in radio, però mi sembra di poter dire che è di solido impianto e di suggestivo riscontro.
Poi, l’ esibizione di Eros Ramazzotti, trent’ anni dopo, che, come la Pausini ieri, ha presentato un gradevolissimo medley di alcuni dei suoi successi, per tanti vera e propria colonna sonora degli ultimi tre decenni. Il destino delle canzoni migliori, legate al piano d’ ascolto melodico-romantico- e popolare della musica.
In questo senso, esattamente in ciò, il festival di Sanremo da troppo tempo ormai continua ad essere latitante.
Proprio Eros Ramazzotti ha pronunciato la prima frase da annotare. Niente di trascendentale, ma insomma, sempre meglio di quella della Ghenea di ieri a proposito del papà che in Romania si addormentava guardando il festival.
“I figli fanno famiglia e la famiglia è importante, qualsiasi essa sia“, ha detto Eros, in nome dell’ amore che si porta nel nome. Come dargli torto? Con le modificazioni epocali nel frattempo sopravvenute, che hanno completamente cambiato la famiglia. E tutte le unioni civili si somigliano, ogni unione civile infelice è infelice a modo suo.
A proposito, i bambini fanno sempre ooh, tranquilli, come hanno ricordato i due scolaretti della classe più piccola d’ Italia, portati sul palcoscenico da Carlo Conti, per quei siparietti da libro “Cuore” che tanto gli piacciono ( senza offesa per il libro “Cuore”, sia ben chiaro).
Il musicista Ezio Bosso, che ha coltivato il suo talento, fino ad affermarlo nel mondo, nonostante sia affetto da Sla, ha invece affermato, durante la sua suggestiva esibizione, che ‘”la musica è una fortuna che condividiamo”, consegnando ai taccuini la seconda frase da annotare di questa sessantaseiesima edizione.
Completamente da dimenticare, invece, tutto quello che ha detto Nicole Kindman, ché pure i baci Perugina avrebbero saputo fare meglio, quelli delle vecchie frasi, perché le nuove, appunto appena rinnovate, firmate da Fedez, sono squisite come i cioccolatini.
Con Nino Frassica – e non voglio pensare a quanto siano costate simili, inutili quanto stucchevoli, apparizioni alle nostre tasche, che ora saranno svuotate direttamente dalla bolletta della luce, così a chi non paga gliela tagliano: anche di questo sappiamo bene chi ringraziare – con Carlo Conti sacerdote laico stile don Matteo, abbiamo chiuso in bruttezza, al solito tardissimo. Si poteva chiudere prima, e sarebbe stato uguale, e anzi meglio per tutti.
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