MICHELE EMILIANO AL PRIMO TRAGICO FALLIMENTO
di Giuseppe Puppo______
“Sputatemi in un occhio se farò mai il presidente della Puglia. Prometto solennemente: non mi candiderò mai a quel posto”, aveva detto qualche anno fa, quando, in bilico fra le correnti del Pd, si preparava ad occupare la carica di segretario regionale del partito, mal celando le ambizioni personali.
Infatti.
I precedenti, insomma, non erano rassicuranti.
La campagna elettorale della scorsa primavera era stata poi un’ apoteosi di “solenni” promesse miracolistiche, per cui egli asseriva di avere in tasca la soluzione per i problemi dell’ universo mondo, non solo della nostra regione, e pazienza se non collimavano con le direttive, con le decisioni, o, per meglio dire, con gli interessi del suo partito a livello nazionale, dalle trivelle in mare, al gasdotto.
Codesto “me ne frego” di Renzi e di quant’ altro e quant’ altri, di una sinistra in palingenetica trasformazione, è stato talmente ostentato per mesi interi, da risultare falso lontano un miglio, da far pensare subito, nella migliore delle ipotesi, a un velleitario superomismo dei poveri, a un gioco delle parti cinicamente concordato, nella peggiore.
In entrambi i casi, una chiara spia che continuava ad accendersi, un campanello d’ allarme che continuava a risuonare, che hanno accompagnato la cronaca di una vittoria elettorale annunciata, dai mass media locali e nazionali, in cui nessuno si è accorto di nulla e nessuno ha avuto nulla da eccepire.
I Pugliesi gli hanno creduto, lo hanno premiato, lo hanno eletto.
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Ma adesso i nodi vengono al pettine, adesso il cerchio si stringe intorno ad Emiliano, adesso che deve risolvere i problemi con i fatti, non con le parole, pur contando sulle amnesie e il menefreghismo sostanziale degli elettori.
“Quella ordinanza non è attuabile. Non abbiamo l’ energia né tecnica, né finanziaria, né la capacità di dimostrare che ciascuna pianta sia effettivamente infetta. Non abbiamo la possibilità di dare attuazione a quell’ ordinanza. Quell’ ordinanza è un atto teorico. Rischiamo di abbattere ulivi secolari e di non fermare la progressione dell’infezione e se noi facciamo una stupidaggine di questo genere cioè di devastare il nostro paesaggio senza neanche avere la possibilità di fermare il contagio, rischiamo di compromettere definitivamente la fiducia dei nostri agricoltori.
Gli alberi sono importanti tanto quanto gli esseri umani”.
Così parlò Zarathustra, in campagna elettorale, assicurando di avere la soluzione e di essere pronto a tutto, per salvare i nostri ulivi, e fermare l’ ordinanza della Europa, mettendo d’ accordo i burocrati di Bruxelles con il suo amico e compagno di merende Maurizio Martina, ministro dell’ agricoltura, allineato, insieme a tutto quanto il Pd, sulle folli direttive dell’ eradicazione, che chissà quali interessi e quali speculazioni nascondono.
Avevo fatto una scommessa con me stesso, e non chiedevo altro che di perdere. “Vedrai” – mi ero detto – “Poi si dimenticherà di codeste parole, fra pochi mesi sarà tutto dimenticato, e non farà niente, dicendo che non è colpa sua, che lo vogliono gli altri e che non può opporsi, pur avendoci provato”.
Infatti.
Ieri, lunedì 19, in quel di Torchiarolo, è cominciata la mattanza in grande stile (nella foto), è partita la sistematica distruzione dei nostri ulivi, cioè quelli “importanti tanto quanto gli esseri umani”: ne hanno uccisi novecento, senza costrutto, senza senso apparente, nonostante le proteste degli ambientalisti e le “perplessità”, chiamiamole così, degli agricoltori, sani, e se minacciati da qualcosa, minacciati dalla vicina, distruttiva e devastante, centrale a carbone di Cerano.
“Io non posso farci niente”, ha detto in merito adesso Michele Emiliano. Una balla colossale. Gli uomini e i mezzi del massacro sono della Regione, di quell’ agenzia per entrare a libro paga della quale bisognava votare scrivendo sotto al simbolo (del Pd) la preferenza “S. Blasi”, oppure “Blasi S.”.
Ieri Michele Emiliano ha fatto registrare il suo primo, smisurato, e pur drammatico fallimento.
Diciamo primo in senso puramente numerale, augurandoci che non ce ne siano altri, in altri settori, altrettanto importanti, di quelli che aveva risolto a parole in campagna elettorale, ma che ora dovrà risolvere nei fatti, come invece temiamo che non riuscirà fare, e sia chiaro che vogliamo sbagliarci e aspettiamo di esse smentii: sull’ Ilva, come sulla Tap.
Ma intanto ieri è stato un tragico fallimento per Michele Emiliano.
Ieri è stato pure il massacro dell’ impegno civile, della partecipazione popolare, delle ragioni della ragione. Sto pensando al popolo degli ulivi, a quelli che in questi mesi sono stati insonni di notte a presidiare le campagne, contro l’ assalto delle truppe del generale Silletti e sono passati da un campo all’ altro, da un’ alba all’ altra; a quelli che hanno scritto, ricercato, documentato, sulla follia dell’ operazione abbattimento degli ulivi col pretesto della xylella; a quelli che sono andati ai raduni, alle adunanze, ai convegni.
Rimane la rabbia, lo sconforto, ma pure l’ orgoglio e il merito di tutti questi di stare combattendo una battaglia di civiltà.
Tutto inutile? Grazie a Michele Emiliano, grazie al Pd.
Sapremo ricordarcene?
Sappiamo oramai che il Pd “a prescindere è schierato con il business e i grandi patrimoni. Questa è l’unica cosa a prescindere che si vede“.
Non l’ ha scritto un giornalista avverso, non l’ ha detto un avversario politico. L’ ha dichiarato ieri, in polemica con il suo segretario, il deputato del Pd Alfredo D’ Attorre.
A Torchiarolo, sempre ieri, con il massacro degli ulivi salentini, voluto dagli affaristi, dai lobbisti, dagli speculatori dei grandi patrimoni, infatti, l’ abbiamo visto chiaramente.
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