QUANDO I BAMBINI NON AVEVANO TELEFONINI E TABLET…GIOCAVANO A TUDDHRI

| 11 Aprile 2015 | 0 Comments

(Rdl)______Domenica 12 aprile, alle ore 18.30 (iscrizioni dalle 17.30) , a Calimera, in piazza del Sole, l’ “Associazione di Promozione Sociale” organizza un torneo di Tuddhri, nell’ ambito di un’ intera giornata di solidarietà, finalizzata a finanziare la realizzazion di un accesso al mare per il malati di sla.

Fra le tante iniziative in programma, appunto il torneo di Tuddhri, occasione per scoprire, o riscoprire, il fascino di questo gioco antichissimo, che affonda le sue radici nella notte dei tempi, a Lecce in voga ancora fino a qualche decennio fa.

A dire il vero, per memoria personale di alcuni di noi, a Lecce città e dintorni le prove erano dieci, non cinque; e per altre letture, la radice va cercata addirittura nei popoli indoeuropei, che giocavano proprio con dei sassi, come ancora sopravvive nei bambini dell’ India. Questo rispetto a quanto leggiamo sull’ invito dell’ evento su “Facebook”, a sua volta ripreso dal sito http://cutrubbu.it/modi-di-dire/tuddhri/

che ne parla per il paese di Cutrofiano, come qui di seguito riportiamo.

“In un mondo senza televisione, telefonini e videogames i bambini di un tempo avevano l’oppurtinità ed il piacere di sperimentare giochi autentici, fatti di oggetti semplici, mezzi di fortuna, aria aperta e convivenza sociale. E’ in questo contesto che si colloca il gioco dei tuddhri.

Giocare a tuddhri richiedeva 5 piccoli sassi ma tanta destrezza e manualità. Bambini e bambine erano soliti giocare a tuddhri vicino alla soglia di casa con sassi raccolti per strada, in un’epoca in cui le strade asfaltate e le auto erano ancora un lusso.

Il gioco si articolava in 5 fasi successive. Nella prima fase il giocatore lanciava i cinque sassi lasciando che si distribuissero in maniera casuale per terra quindi sceglieva uno di questi, il sasso padre. Il sasso padre veniva quindi lanciato per aria e, nel frattempo, il giocatore si affrettava a recuperare uno dei sassi in terra tentando di afferrare il sasso padre al volo prima che esso raggiungesse il suolo. La prima fase continuava fino a che tutti i sassi per terra fossero stati raccolti dal giocatore con questa procedura. La seconda fase era del tutto simile alla prima. Questa volta, il giocatore tentava di recuperare i sassi sul suolo in gruppi di due. In maniera del tutto analoga, nella terza fase i sassi sul suolo erano recuperati in gruppi di tre. Nella quarta e penultima fase il giocatore cercava di recuperare tutti e quattro i sassi in terra dopo aver lanciato il sasso padre in aria. La quinta ed ultima fase era la più difficile e richiedeva doti di manualità e velocità che soli i giocatori più esperti possedevano. In questo fase il giocatore formava un arco poggiando a terra il pollice e l’indice della mano. Dopo aver lanciato il sasso padre in aria, il giocatore tentava di far passare uno dei sassi in terra attraverso l’arco per poi riprendere al volo il sasso padre. L’operazione veniva ripetuta per tutti i rimanenti sassi in terra.

Le origini del gioco sono antichissime. Il diretto antenato del gioco dei tuddhri è infatti l’antico gioco degli astragali, dal greco ἀστράγαλος, letteralmente vertebra. L’astragalo è un ossicino di forma cuboide che fa parte dell’articolazione del piede. In alcune specie animali, in particolare negli ovini, l’astragalo ha proporzioni e forma che ben si prestano al suo utilizzo come dado a quattro facce.

Il gioco degli astragoli era diffuso nell’antica Grecia sino dall’epoca omerica. La stessa Iliade riporta l’episodio del giovane Patroclo che, accecato dall’ira, uccide il suo compagno di gioco dopo una disputa sorta giocando agli astragali (Iliade XXIII, 112). Numerose pitture vascolari, affreschi, terracotte e gruppi marmorei dimostrano poi come il gioco degli astragoli fosse indubbio elemento dei costumi greci in età classica ed, a seguire, in età alessandrina ed ellenistica. Dalla Grecia antica il gioco degli astragoli si diffonde a Roma, passando per la Magna Grecia, dove diventa meglio noto come gioco degli aliossi, dal latino àlea (fortuna) ed ossum(osso). Gerhard Rohlfs, filologo tedesco noto per le sue ricerche sui dialetti in area calabro-lucana e salentina, ripercorre la storia degli astragali in un interessante saggio.

Il gioco si conserva sino alle scorse generazioni, passando pressoché intatto attraverso il medioevo e le epoche successive. Quei cinque semplici sassolini che sono stati compagni dell’infanzia dei nostri genitori e nonni percorrono, quindi, una affascinante storia millenaria. Una storia che verosimilmente le prossime generazioni potranno solo leggere sui libri di storia, nella migliore delle ipotesi”.

 

 

Category: Cultura

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